La scaltrezza dell’amministratore disonesto

  1. Allora come oggi, sembra proprio che il maneggiare soldi sia una “professione ad alto rischio”: le cronache ci riportano troppo spesso di “amministratori disonesti” che hanno interpretato il loro lavoro più come un accaparramento personale di beni pubblici che non un servizio alla comunità. Troppo spesso si sentono parole come: corruzione, concussione, connivenza, omissione, evasione quando si parla di amministrazione della cosa pubblica a partire dai più alti livelli.

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Sembra inevitabile che, una volta raggiunta una posizione di potere, venga sfruttata non perché stiamo tutti un po’ meglio ma perché “io stia meglio: visto che così fan tutti, chi sono io? Il più scemo?”.
Gesù, come al solito, ci indica la strada: bisogna essere scaltri, astuti come serpenti, non per fare i “furbetti” (del cartellino, delle code saltate…) ma per non lasciarsi avvinghiare dai tentacoli della corruzione, per non ascoltare il canto delle sirene del tornaconto personale, perché chi cerca ogni giorno di fare onestamente il proprio lavoro lo faccia anche con scaltrezza, vigilando sempre su quanto la ricchezza lo stia ammaliando e perché, come Zaccheo, la ricchezza accumulata disonestamente vada a beneficio del povero, dell’indigente, dell’immigrato che ha perso tutto sul barcone finto in fondo al mare, del “vu cumprà” che è costretto a vendere roba contraffatta per sopravvivere, della ragazza rumena costretta a prostituirsi, del senegalese che raccoglie pomodori tutto il giorno per un pacchetto di sigarette.

 

Un preghiera di don Tonino Bello

Santa Maria, donna di parte, tienici lontani dalla tentazione di servire a due padroni.
Obbligaci a uscire allo scoperto.
Non farci essere così incauti da voler sperimentare impossibili conciliazioni degli opposti.
Preservaci dal sacrilegio di legittimare, per un malinteso senso dell’universalità cristiana,
le violenze consumate a danno degli oppressi.
Quando, per non dispiacere ai potenti o per paura di alienarcene i favori,
pratichiamo sconti sul prezzo della verità, coprici il volto di rossore.
Liberaci dall’indifferenza di fronte alle ingiustizie e a chi le compie.
Ma donaci la tolleranza. Che è un’attitudine sperimentabile
solo se si sta dalla parte dove ti sei messa tu.
Perché, in fondo, anche noi siamo di parte.
Ma i recinti che ci racchiudono trasudano scomuniche, sanno di setta,
sono privi di attese, e non hanno profumi di liberazioni imminenti.
(Don Tonino Bello, Maria, donna di parte)

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