Concilio e Chiesa diaconale

Con papa Francesco sta crescendo l’attenzione verso una più  autentica riscoperta del Concilio per dare concretezza a quella Chiesa “popolo di Dio” voluta da Gesù. Dove la Chiesa è più attenta e più allineata alle indicazioni di papa Francesco uno dei filoni più battuti è quello di dare spessore e consistenza al diaconato permanente: uomini sposati che da consacrati e con la grazia sacramentale testimoniano concretamente il Cristo servo.

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Ecco perché  questa mattina, ultimo giorno dell’anno, proponiamo una riflessione sul senso e sul valore di questo ministero per l’attuazione vera e reale del Concilio. Un’attenzione che non potrà nutrirsi di belle parole ma, come è giusto che sia, della grande bellezza che viene unicamente dalla concretezza delle opere e delle azioni quotidiane che si mettono in atto. Ebbene in un recente incontro dei diaconi siciliani, periferia e realtà di frontiera, la relazione su “Matrimonio e Diakonia” è stata sviluppata dall’Arcivescovo di Monreale mons. Michele Pennisi.

“L’amore tra due esseri con il matrimonio diventa sacramento, essi si santificano donandosi e nella misura in cui essi stessi si donano, si salvano. Con il matrimonio, intatti, gli sposi si assumono anche la responsabilità della salvezza dell’altro. E’ un fatto che i diaconi permanenti nella quasi totalità dei casi siano uomini sposati. Nel profondo del suo essere il diacono sposato è segnato-consacrato una prima volta nel sacramento del Matrimonio ed una seconda volta nel sacramento dell’Ordine. Il diacono assume una nuova condizione d’essere che non è quella del semplice coniugato né quella del semplice ordinato. Il diacono permanente vive, unico tra gli ordinati, la comunione speciale con la donna, la comunione speciale con i figli da lui generati ed educati. Per la natura stessa del sacramento che li unisce, anche la sposa del diacono è propriamente coinvolta nella condizione nuova che la coppia viene ad assumere. I due non possono infatti realizzare la propria vocazione singolarmente, ma comunionalmente, come coppia. Diaconato e matrimonio non devono essere uno più uno, ma uno per uno; allora salvo sia il matrimonio che il diaconato.Il primo servizio del diacono sposato è quello di offrire al mondo una chiara testimonianza del vangelo del matrimonio e della famiglia. E proprio in questa comune testimonianza sta il più significativo coinvolgimento della moglie del diacono nel ministero pubblico del proprio marito nella Chiesa. Essi, insieme, sono testimoni di un amore cioè che si fa dono, che è fedele e forte, delicato e rispettoso, che rifugge gli atteggiamenti possessivi. Il diacono sposato trova nella sua famiglia una preziosa risorsa da valorizzare per il suo ministero e non certamente un ostacolo o un impedimento. La sposa del diacono, che ha dato il suo consenso scritto alla scelta del marito, deve essere aiutata e sorretta perché viva il proprio ruolo con gioia e discrezione, ed apprezzi e, se possibile, condivida il servizio che la Chiesa chiede al marito. Ci deve essere un rapporto equilibrato e armonio fra la vita familiare e professionale del diacono e il suo ministero. Anche i figli siano invitati ad apprezzare e, se possibile, a condividere con il padre il servizio nella chiesa. In tal modo l’intera famiglia diventa famiglia diaconale”.

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