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Nessuno si senta migliore

Hanno il volto scavato dal tempo, gli occhi ti guardano come se stessero cercando un punto d’appoggio e poi quando ti avvicini stendono il braccio per stringere la mano. A volte un sorriso gli illumina il volto e qualcuno pronuncia a bassa voce qualche parolina e attende una risposta. Sono gli ospiti di due case per anziani, come ormai ce ne sono tante un po’ dovunque. Ogni venerdì attendono la liturgia e poi  l’eucaristia. Alcuni di loro non possono più camminare, altri hanno lo sguardo perso nel vuoto altri, invece, ti parlano della loro vita, di quando erano impegnati nel lavoro e dei sacrifici che hanno fatto per portare avanti la famiglia. Ora, però, la memoria di queste storie sta per essere cancellata come le orme scavate nella sabbia o come le onde del mare che si susseguono, una dopo l’altra, e che si spengono sulla riva sotto lo sguardo di qualche passante distratto o in piena solitudine guardate di giorno dal sole e di notte dalle stelle.

Forse sarebbe giusto, invece, che nessuno dei ricordi di queste piccole esistenze vada perduto e che, quindi, se ne conservi la memoria. Sarebbe bello, infatti, che il ricordo di queste vite continui ad essere vivo almeno  nelle persone che le hanno conosciute. Tutto questo perché ogni vita e ogni storia ha una  sua ragione. Nessuno, infatti, può e deve sentirsi migliore dell’altro. Nessuno creda che la propria esistenza sia superiore a quella degli altri. Nessuno è inutile. Ogni vita, ogni esistenza è unica, irripetibile e assolutamente necessaria.

Franca e Vincenzo osb-cam

Un tramonto visto dall’eremo

 

 

Il sole e quelle tre sedie

Chissà dove andrà a nascondersi il sole dopo il tramonto. Chissà se domani mattina tornerà più forte di prima. Chissà …
Ieri sera eravamo in riva al mare e una leggera brezza accarezzava la nostra pelle mentre la memoria ridava corpo a fatti e persone. Tutto intorno c’era un silenzio quasi irreale e i nostri sguardi s’incrociavano animando un dialogo di emozioni mentre le mani si stringevano con delicatezza e forza allo stesso tempo.
L’unica parola è stata l’ascolto della Parola che dava unità ai pensieri e delineava prospettive di futuro.
C’è sempre un futuro, c’è sempre un domani, c’è sempre un oltre che nessun umano può impedire.
Domani mattina una nuova alba ci donerà ancora un giorno da vivere, un giorno per dare corpo alle speranze, un’occasione per aggiungere particolari al capolavoro delle nostre vite che come semplici fiori di campo danno al prato una punta di colore in più.

Ma in questo scatto non c’è solo il tramonto ci sono anche tre sedie apparentemente vuote. L’occhio non percepisce, infatti, ciò che solo il cuore vede: tre persone che guardano con noi il sole che se ne va e contemplano questo mondo nel quale ancora oggi ci sono donne e uomini con il desiderio di imitare i tre “invisibili” la cui presenza però la senti nel cuore.

Quante cose in un semplice tramonto!!!

Franca e Vincenzo osb-cam

Va dove ti porta il primo autobus

Da qualche giorno alla fermata vedo un signore distinto che appare in attesa dell’autobus. Fin qui nulla di strano. Tutti coloro che devono prendere l’autobus fanno allo stesso modo. Qualche minuto prima vanno alla fermata, danno una sbirciata all’orologio e attendono. Si guardano intorno e, se c’è qualcun altro scambiano qualche parola.
L’argomento più gettonato è il tempo. Sono le conversazioni più gettonate quelle sul tempo metereologico. In fondo servono a rompere il ghiaccio e ad attendere qualcosa, qualcuno o ad intavolare una chiacchierata.
Quell’uomo però a me sembrava non interessato neanche a questo argomento. Infatti era tanto distratto che sono passati due autobus uno dopo l’altro ma non è salito su nessuno dei due. Che strano!!!
Mancava poco alle 18 e l’ho visto tornare a casa. Quel giorno, infatti, non è salito su nessun autobus. Ma quello che mi è parso ancora più strano è che la stessa scena si è ripetuta per vari giorni. Preso dalla curiosità ho decido di andare a conoscerlo e questa mattina l’ho atteso alla solita fermata ma con mia sorpresa non è venuto. È la prima volta che accade. Ho chiesto a qualcuno se lo conoscevano. Stranamente nessuno ne aveva mai sentito parlare e le stesse persone che tutte le mattine erano ferme a quella fermata mi hanno confermato di non averlo mai visto e nemmeno sentito parlare.

Limmaginazione, a volte, fa brutti scherzi … ti mostra anche ciò che non vedi con gli occhi. In questi casi è il cuore che sta costruendo storie e che anima desideri. Forse è davvero l’ora di prendere il prossimo autobus magari il primo che passa e andare dove ti porta il cuore.

Franca e Vincenzo osb-cam

Sognatori di speranza

Dall’altra parte del mondo in un paese (Bangladesh) che ha per simbolo la tigre del Bengala vive da alcuni decenni Padre Adolfo Limperio originario della nostra diocesi. Padre Adolfo che ha superato gli 80 anni è andato in missione spinto da un sogno e in tutti questi lunghi anni ha sempre sperato e sognato la vittoria del bene. Ed è così che questa mattina abbiamo pensato di condividere con voi (che siete sempre più numerosi a seguirci) la sua ultima lettera agli amici. A girarcela, come sempre, è Bruno Guizzi nostro carissimo amico. Anche in questa lettera padre Adolfo ci racconta, con tanti flash, scene di vita quotidiana, tanti piccoli segni di gioia e di speranza e alcune tristezze. Tutto ordinario, tutto semplice, tutto piccolo … la vita è davvero un grande mistero piena di sorprese e di sogni di speranza. Vivere è allora sognare speranze credendo che presto saranno realtà e quando questo accadrà, perché non può non accadere, sognare ancora spingendo i nostri passi sempre oltre ogni sogno. Se puoi immaginarlo può accadere. Vai allora, sogna.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Speranza –  12 Ottobre 2017

Miei carissimi amici,

Oggi sono giu’ di corda per diversi motivi,  ma risuona in testa  il detto del vecchio P.Sozzi che mi diceva , circa 47 anni fa’nel dopo guerra in…civile,  quando ero giu’ di corda : “ stupidoil domani e’ meglio di oggi”

Spontanea e’ sorta  alla mente una preghiera in alcuni momenti guardando questa mia  Chiesa di Dinajpur. Non e’ facile pregare, almeno per me, ma a volte la preghiera rispecchia o meglo illumina la realta’ o il momento che viviamo

Ora lascia, mio Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, perche’ i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata  da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e Gloria del tuo popolo  Israele.

E’ capitato guardando laici, sacerdoti, suore  con il vescovo Sebastiano riuniti nella annuale assemblea pastorale della diocese di Dinajpur. Lascia, mio Signore……i  miei occhi hanno visto….  Una persona mi fa’ notare che ho una bella pretesa di essere servo del Signore…….. Un altro mi dice che Gesu’ parla ad amici, fratelli, sorelle……

Mi ha dato motivo il pregare nel sentire il relatore:  un sacerdote che ho  conosciuto da ragazzo e poi in seminario parlare con una bella voce chiara, sonora e con competenza  che : siamochiamati ad annunziare il Vangelo alla societa’ di oggi.

Nel vangelo spesso Gesu’ parla della Chiesa come vigna, che il Signore cura e dove invia o invita a lavorare. (a parte il fatto di pagare tutti con lo stesso danaro…pattuito)   La vigna e’ un terreno particolare dove si coltiva  la vite; pianta  particolare per il suo frutto da cui l’uomo ricava il vino.  Gesu’ lo usa come segno per unire coloro che credono in Lui. La vigna del Signore e’ la proposta di amore all’umanita’, segno di  speranza per tutti,

Poi e’ capitato seguendo un gruppo di laici impegnati in diocesi nel servizio alle “credit union” (cassa di risparmio)  Ed ancora,  leggendo la relazione della “credit union delle donne” della cattedrale di Dinajpur  che domani 13 Ottobre  avranno il loro 23esimo  incontro annuale’. Ringrazio P.Giulio Berutti per il suo lavoro e costante presenza. Posso dire :  i  miei occhi hanno visto… un modo di dare speranzaalle famiglie a fare piccoli passi nell’aiuto reciproco.

Ho pregato cosi’ ascoltando il giovane Limon nel fare il suo resoconto sull’incontro nazionale dei giovani student cattolici ospiti della diocese del Sileth, per celebrare i 25 anni del loro movimento. Presenza di Cristo nel mondo giovanile di cui si e’ seme, luce, sostegno.’ La Chiesa luce alle nazioni.

Silenzio e solitudine non danno ma tolgono la speranza : giorni fa un giovane di 27 anni si e’ impiccato.  Viveva da solo;  la mamma vedova  lavora a Dhaka. Con lei  ha parlato tramite telefonino….per due giorni…….“Non e’ bene che l’uomo siua solo”, dice il Signore.

Due ragazzi sono stati bastonati e fatti morire per aver rubato un telefonino, ma poi erano solo sospettati del furto. Silenzio della societa’ davanti al lavoro dei minorenni che puliscono le strade o lavorano in nero….buio nelle tante officine. Solitudine per mezzo milione di rifugiati che scappano da ritorsioni nel vicino Myanamr  Ma la cronaca nera e’ piena di fatti di non speranza .

A me piace sognare e cercare speranza o dare speranza. Da oggi iniziano gli esami governativi per i nostri ragazzi della decima (secondo ginnasio se non erro). Ebbene sono 70 ragazze e 54 ragazzi della scuola di Dhanjuri, Di essi 36 ragazze e 18  ragazzi del boarding che voi aiutate con il “sostegno allo studio.’. Sembra che le ragazze sono piu’ interessate a studiare. Ragazzi molto spesso lasciano la scuola per lavoro prima del tempo.

Un caloroso augurio di ottimi risultati con tanta speranza.

Il nostro Roni, che continua a dare due giorni alla settimana ai ragazzi del boarding di Dhanjuri si e’ fidanzato con Mucti ed a Dicembre celebreranno le nozze, Tutti invitati.

A fine mese pellegrinaggio diocesano al santuario di Rajarampur dedicato alla Madonna del Rosario . Un’Ave.

In questi giorni abbiamo la visita Bangladesh P.Brambillasca, Superiore Generale del PIME. Benvenuto !!!!.   Poi, come avete saputo dalla stampa, a fine Novembre e primi di Dicambrepapa Francesco sara’ in Bangladesh.

Chiudo qui per chiedere a Maria speranza:

O Maria, la fede e la speranza vegliano dolorose nella tua anima ricevendo Gesu’ deposto dalla croce.

Tante volte nella nostra vita ricevere Gesu’ deposto dalla Croce e’ un segno della fine, della rovina completa senza appello. La croce senza Gesu’ e’ un peso….

O Maria nelle ore incomprensibili  della nostra vita quando tutto sembra finito e Gesu’ sembra morto, donaci la forza della tua speranza perche’ spesso, proprio allora la sorgente della vita e’ molto vicina.  Madre della speranza aiutaci.

La croce con Gesu’ e’ redenzione.

Dal vostro sempre piu’ anziano borbottone fr.Adolfo

Sotto la luna, la “carezza” di un bambino agli adulti

Ieri sera nel cielo c’era una luna così bianca che sembrava cercasse di scrutarci.  Dall’alto tutto è più chiaro e se sei attento, riesci a scorgere ogni piccolo movimento.  Un po’ come il Signore che è capace di “vedere” ogni più piccolo riflesso del cuore, ogni più piccolo sussulto dell’anima, ogni emozione, ogni gioia e ogni tristezza. Inutile nascondersi,  basta un piccolo spostamento e anche l’ombra può tradirti. Ma ieri è stata una sera speciale. Cinquantacinque anni fa, infatti, san Giovanni XXIII apriva quella pagina straordinaria di Chiesa che è stato il Concilio Vaticano II. Un evento ecclesiale che ci ha consegnato una Chiesa nuova e più attrezzata a camminare fianco a fianco ad ogni persona, anche se fosse stata non credente.  San Giovanni XXIII quasi al termine del suo discorso detto “alla luna” aveva invitato i presenti, tornando a casa, a portare la carezza del papa ai bambini. Rompeva, di fatto, un protocollo ingessato da secoli e apriva un nuovo orizzonte dove la vita buona del vangelo si faceva storia ordinaria, prassi dei semplici, quotidianità. Allo stesso modo, ieri sera, nell’assemblea pastorale diocesana di Gaeta abbiamo colto, con l’intera platea, un segno simile. Questa volta, però, è stato il vescovo monsignor Luigi Vari a mostrare un nuovo orizzonte e lo ha fatto con una sua meditazione e poi con la voce di un ragazzo che, con le sue poche e semplici parole, ha accarezzato tutti gli adulti donando, a sorpresa, un nuovo orizzonte verso il quale camminare insieme, uniti e in fraternità.

Bello!!!

Davvero bello aver avuto la possibilità di cogliere questa suggestione che, con semplicità e grande efficacia, sintetizza tutto un progetto da scrivere, però, con la vita, fuori dagli schemi e da rigide regole predefinite.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

https://www.youtube.com/watch?v=T8Y9EgY7ncg

 

 

 

 

“La coscienza e basta”

“Dio non ci giudicherà sulla religione o sul vangelo ma sulla coscienza. Colui che in coscienza fa il bene è accetto a Dio.

La coscienza e basta!!!
Padre Colombano, monaco camaldolese ed eremita

Ieri sera all’età di 103 anni e 90 di vita monastica padre Colombano, monaco camaldolese eremita di Montegiove è ritornato alla casa del Padre.
Padre Marino che nel monastero di Montegiove ha il compito speciale dell’accoglienza parlando di Colombano aveva detto: «È il nonno saggio, colonna portante dell’eremo. Nonostante viva nel suo raccoglimento e solitudine, è l’anima del luogo».

Padre Colombano Vuilleumier, Marius Renè (battesimo), nasce il 7 aprile 1914 – Holderbank (Basilea) – Svizzera. Ancora giovanissimo, a circa 12 anni entra nella Congregazione dei Redentoristi. Viene ordinato presbitero il 30 luglio 1939. Il 16 ottobre del 1940 entra nella Congregazione Camaldolese, presso l’Eremo di Camaldoli, dove emette la professione solenne il 7 febbraio 1943. Agli inizi degli anni ’60 si trasferisce all’Eremo di Monte Giove. La sua scelta di solitudine non gli ha impedito di poter annunciare il Vangelo tramite i suoi libri e gli incontri con le persone. Accanto alla sua integerrima personale disciplina, i suoi occhi chiari e profondi rivelano dei tratti di ironia e umanità che lo rendono capace di vivere in pienezza ogni istante della propria giornata.

Cara/o amica/o se vuoi dici una preghiera per Padre Colombano che nella sua vita ha molto amato.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Il mare, il vento, la bussola e i remi

L’immensità del mare evoca l’immagine del Dio infinito, aiuta la contemplazione e il perenne diffondersi delle onde sembra richiamare la continua agitazione dell’uomo. Si sa che “l’alta marea cancellerà le mie orme e il vento dissipera’ la schiuma delle onde, ma il mare per sempre rimarrà ” Gibran.

E a proposito di vento ricordiamo con Socrate che “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare. E, lo stesso mare appare una chiara metofora della vita nella quale per sapersi orientare occorre “la bussola” che, come dice un antico proverbio, “non ti dispensa dal remare”.

Cristo è la nostra bussola che ci invita a remare e se, con libertà, lo seguiamo non saremo mai sconfitti. Egli ha vinto il mondo (il male) grazie alla sua Potenza incomparabile.

E allora, apriamo gli occhi del nostro cuore per vedere  «qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi» (1,19). Più , quindi, riusciamo a contemplare, più rafforziamo «l’uomo interiore» (3,16), e, perciò, la nostra capacità  di fare scelte buone. Questo, infatti, qui all’eremo,  è il tempo di fare scelte importanti. Si tratta di scelte radicali per scrollandoci di dosso , ormai, persone, situazioni e ambienti che si sono fatti davvero pesanti e opprimenti. Tutte cose che impediscono alla vita in Cristo di potersi esprimersi con pienezza. La libertà che Cristo ci ha donato non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo tradire.

Franca e Vincenzo osb-cam

Efesini 3,14-19

Per questo, piego le mie ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni stirpe nei cieli e sulla terra prende nome, perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati per il suo Spirito nell’uomo interiore, e che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori, radicati e fondati nell’amore, perché siate in grado di cogliere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e di conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate colmati, in vista dell’intera pienezza di Dio.

 

Non cederemo

Condividiamo con voi questa bellissima lettera di professione di fede alla vita nata in un’assemblea di sole donne domenicane. Vi suggeriamo di leggerlo con calma e lentamente. A noi appare un vero programma per la vita e la gloria di Dio.

*****     

 «Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri» (1 Re 21,3)

 

Siamo un gruppo di donne di differenti età ed esperienze di vita. Apparteniamo come religiose all’Ordine domenicano che da secoli ci ha lasciato un’unica eredità: la passione per l’umanità e il cosmo, insieme ad alcuni strumenti per prendercene cura, cioè la contemplazione, la parola condivisa, la sete della verità e il bisogno di mendicarla sempre e ovunque.

Tante volte abbiamo tradito queste intuizioni, ma nelle nostre più diverse esperienze la passione non è mai venuta meno così come non si è mai interrotto il legame con ogni realtà che ci ospita.
Abbiamo coscienza di essere un gruppo molto piccolo rispetto a tutte le donne del mondo e al resto dell’umanità, ma comunque siamo donne con l’esperienza di una ricerca quotidiana fatta di attenzione a ogni palpito della vita interiore, della storia e delle storie degli altri.

La nostra esperienza riguarda la relazione con il Mistero contemplato, ricercato e pensato tra di noi, negli altri e nell’ambiente. Tante volte abbiamo constatato che la speranza non è passiva attesa ma immaginazione, desiderio di ricercare sempre e insieme. L’esperienza di fede ci ha aiutato a intuire che più si ha sete e fame del divino, più si ha sete e fame di giustizia e pace: due possibilità che la storia ha e che nello scorrere del tempo e con lo sforzo dell’umanità riusciranno ad abbracciarsi. (Cfr. Sal 85,11). Per questo professiamo pubblicamente che non vogliamo svendere la preziosa eredità che ci è stata data.

  • Non cederemo fratelli, sorelle e cosmo a nessun sistema politico, economico o religioso, che sia contro di essi, che sia escludente, che crei divisione, che sia rigidamente gerarchico.
  • Non cederemo i giovani al potere subdolo del denaro, all’ignoranza voluta da chi li preferisce inerti, disoccupati, a chi li compra con inganno e invece di istruzione mette loro in mano armi e droghe.
  • Non cederemo le donne all’arroganza degli uomini e al loro disprezzo in ogni ambito: familiare, sociale, culturale e religioso.
  • Non cederemo i popoli ai mercanti di armi e a chi li costringe a usarle in cambio di un falso sviluppo per una nuova colonizzazione che li rende profughi ed esiliati.
  • Non cederemo la terra e le sue risorse, insieme a tutta la sua bella biodiversità, alle multinazionali e a chi le gestisce sotto la veste di benefattori.
  • Non cederemo la bellezza delle diversità umane a chi le vuole uniformare o escludere, in nome di falsi principi morali.
  • Non cederemo “l’anima” di nessun essere vivente a chi la vuole soffocare o a chi se ne vuole appropriare.
  • Non cederemo la bellezza né il sogno né il desiderio infinito.

Molti popoli e molti individui conoscono che cosa significa soffrire e vivere in stato di esilio, sentirsi privati dei propri sogni oltre che dei propri beni.

Dice un testo della sapienza ebraico-cristiana: Presso i fiumi di Babilonia, là sedevamo e anche piangevamo, ricordandoci di Sion. Sui salici in quella terra, avevamo appeso le nostre cetre […] Come potevamo cantare un canto del Signore su suolo straniero? (Sl 137,1-4)

In qualche modo, oggi, tutti siamo un po’ esiliati, un po’ stranieri, in parte schiavi e in parte liberi. Il nostri destini sono profondamente legati, al di là dell’essere credenti o non credenti, appartenenti a questo o quell’altro popolo, a questa o quell’altra religione. Siamo parte dello stesso cosmo ed esso a tutti appartiene; tutti siamo un po’ terra, piante, aria, acqua, mari, fiumi.

Dunque, se ai salici vogliamo appendere qualcosa, non permetteremo che si appendano gli strumenti della gioia; non permetteremo che si appendano gli strumenti di lavoro, i titoli di studio, i quaderni, i libri, le foto dei nostri familiari. Lasceremo invece appesi, gli strumenti di morte: le divise da militari e guerrieri, gli stivali e gli scarponi sporchi di sangue e ogni strumento violento. Lasceremo lì vicino le testate nucleari e gli aerei da guerra, insieme agli scheletri degli edifici della finanza mondiale, trasformandoli in resti da museo a testimonianza della stupidità umana.

Ci rendiamo conto che il nostro piccolo gruppo non ha nessun particolare potere e nessuna soluzione per portare avanti da solo queste possibili trasformazioni. Ciò che possediamo infatti è solo l’autorità dell’immaginazione che ci è data dalla nostra fede e dalla passione per questa bella e allo stesso tempo fugace e complessa realtà umano-cosmica, che appartiene ai miti, cioè a quanti sulla terra prendono poco posto.
E noi sappiamo che sulla terra, ci sono ancora tanti miti. Con essi condividiamo questa professione di fedeltà alla vita e a Chi, prima di noi, l’ha immaginata.

Mail di riferimento:

Giacomina Tagliaferri (Torino):giacominatagliaferri@alice.it

Stefani Baldini (Prato):leda.stefania@gmail.com

Fabrizia Giacobbe (Firenze):fabrizia.giacobbe@gmail.com

Anmtonella Olivero (Pistoia):antonella.olivero@mail.com

Antonietta Potente (Torino):antopot1@hotmail.com

Copyright © 2016, Valmaconsult

Unione Suore Domenicane San Tommaso D’Aquino

Testo nato dall’Assemblea Capitolare tenutasi a Mondovì – Luglio 2015

Vivere l’insperato

«Ama coloro che ti odiano, prega per coloro che ti fanno del male». Se vivessi nell’odio, che cosa potresti riflettere del Cristo? «Ama il prossimo tuo come te stesso» scriveva frere Roger di Taize in una sua lettera del 30 agosto 1974, come introduzione al Concilio dei giovani.

Queste parole scritte più di 40 anni fa sono straordinariamente attuali e ci offrono, per davvero, una grande opportunità per riflettere e cambiare la nostra vita.

Senza l’amore anche la fede perde di significato e la vita finisce nel vuoto. La stessa preghiera si fa afona e priva di senso. Solo l’amore, cercato, difeso e vissuto è capace davvero di colorare la vita facendone un capolavoro.

Questa è la vita che “impregnata”  dalla speranza ci mostra come “casa” dove il Cristo è accolto; questa è la vita che si esprime toccando le ferite del Cristo nelle piaghe dei poveri e dei malati.

Tutto il resto, proprio tutto, è solo vanità, orgoglio e male.

Franca e Vincenzo osb-cam

Il crocifisso della Chiesetta nuova

Viaggiando nel buio di una notte senza luna ho incontrato un uomo che, ai più, appariva solo, stanco, sporco e smagrito. Tutti i passanti andavano di fretta e nessuno sembrava lo avesse notato seduto su un gradino di una delle strade principali della città. Erano lontani i tempi nei quali in molti si erano avvalsi di lui. Da poco quell’uomo aveva ricevuto notizia di essere stato sfrattato con tutta la sua famiglia. Non sapeva che fare e dove andare e continuava a far finta di pensare. In realtà non riusciva a capire perché gli stava capitando tutto questo.
Passavano le ore e lui continuava a restare li dov’era mentre attorno a se tutto continuava a muoversi come prima e sempre piu veloce. Lui con gli occhi persi nel vuoto pensava a cosa avrebbe potuto fare ma il cervello era come se fosse bloccato. Aveva tentato di chiamare qualche amico ma aveva capito che non era aria. Aveva ricevuto risposte molto vaghe e in qualche caso anche meravigliate. Tra l’altro non riusciva a comprendere neanche la ragione vera che aveva indotto il padrone della casa ad intimargli di lasciare libero l’appartamento.
Intanto passavano le ore e la notte era già alta. Il buio avvolgeva l’aria e lui non era riuscito a tornare a casa. … Ad un certo punto si accorse che era davvero tardi. Tentò di telefonare a casa ma o non riusciva a fare il numero oppure non c’era più campo.
Fu a quel punto che stanco, sfiduciato, avvilito si sedette su una vecchia panchina del metrò e Morfeo si impadroni di lui. La dov’era rischiava grosso. Si sa che la notte è il regno dei ladri e della gente di malaffare e lui rischiava grosso. Fu allora che decise di trovare un riparo. Non trovò nulla di meglio che il porticato di una Chiesa diroccata. Decise di restare li fino a quando non sarebbe passata la notte. Intanto pregava non tanto con le parole quanto contemplando un vecchio crocifisso che sembrava l’unica cosa rimasta in piedi di quella Chiesa distrutta dall’incuria. Eppure proprio fissando lo sguardo su quel vecchio crocifisso egli sembrava rianimarsi. Sotto il crocifisso c’era una scritta: “Crocifisso donato da Papà Giovanni XXIII alla Chiesetta nuova del Gesù misericordioso”. Fu in quel momento che un lampo di luce gli fece intravedere qualche brandello di verità sulla sua condizione ma era troppo tardi per tornare indietro. Tutto il passato era irrimediabilmente compromesso occorreva ripartire dall’inizio ma era un compito impari e lui non poteva far nulla. Rassegnato cercò di prendere sonno sperando che al risveglio i suoi occhi potessero vedere l’alba nuova.

Franca e Vincenzo osb-cam