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Papa Francesco e i diaconi

“Il diaconato nel pensiero di Papa Francesco” scritto dal nostro amico Enzo Petrolino, “La profezia del don” (libro di don Andrea Gallo e Loris Mazzetti) e una teiera per le tisane che ci accompagneranno nelle letture accanto al caminetto sono i doni che abbiamo ricevuto in questo Natale 2017. Tre pensieri gentili per buoni momenti dell’anima; tre opportunità per riflettere e gustare buone atmosfere; tre strumenti per riflettere sul senso della vita e, quindi, del servizio.

A tal proposito condividiamo un pensiero di Papa Francesco sul servizio diaconale ripreso da San Giovanni Paolo II, che cita nella Prefazione creando così, tra loro, un ponte di unità profonda.

“Il servizio del ministero diaconale -scrive Papa Francesco-  trova nell’evangelizzazione la sua identità, come diceva San Giovanni Paolo II in un omelia del 1979 rivolgendosi ad un gruppo di neo diacono e ricordando la formula di consegna dell’Evangelario durante l’ordinazione: “Ricevi il Vangelo di Cristo di cui ora diventi araldo. Credi a ciò che leggi, insegna ciò in cui credi, pratica ciò che insegni”. In questo modo siete stati chiamati a prendervi a cuore le parole degli Atti degli Apostoli. Come diaconi siete stati associati a Pietro e Giovanni e a tutti gli Apostoli. Voi sostenete il ministero apostolico ed avete parte alla sua proclamazione. Come gli Apostoli voi pure dovete sentire l’urgenza di proclamare in parole ed opere la Risurrezione del Signore Gesù. Anche voi dovete portare la parola di Dio dentro la vita del suo popolo”.

Papa Francesco dopo aver ribadito la necessità di costruire “una Chiesa povera e per i poveri” indica in Francesco d’Assisi che, “la tradizione ci dice essere stato diacono” come “l’uomo al quale i diaconi devono ispirarsi” e conclude con una nuova citazione di San Giovanni Paolo II: “I diaconi possono a ragione essere definiti i pionieri della nuova civiltà dell’amore, come amava dire Giovanni Paolo II. Questo è il mio auspicio augurando a tutti una buona e fruttuosa lettura”.

Grazie Papa Francesco avevamo proprio bisogno di queste tue parole che ci incoraggiano e ci esortano a spingere i nostri fragili passi oltre gli ostacoli che gli uomini costruiscono nel quotidiano.

Franca e Vincenzo (diacono), oblati osb-cam

Il Vescovo e il diacono

Ci fu un tempo nel quale nella nostra Chiesa si raccomandava a Vescovo e diaconi (che sono a servizio del Vescovo) di essere mariti di una sola moglie.

Al Vescovo si chiedeva di essere  “sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio?”.

Allo stesso tempo i diaconi venivano chiamati a servire se in possesso di alcune caratteristiche.

I diaconi erano scelti tra “persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. … I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie”.

Queste sono le cose che si richiedevano a Vescovi e diaconi …. Ed oggi? Anche oggi è cosi con un’unica differenza relativa alla possibilità di avere una sposa. Su questo punto sia il cristianesimo d’Oriente (ortodossi) che il nostro concordano nel consentire l’ordinazione episcopale solo a sacerdoti non sposati. Tra gli ortodossi, infatti, ci sono anche sacerdoti sposati cosa che per molti secoli (fino a circa il 1000 d.C.) era possibile anche per i cattolici. Preti sposati cattolici, però, ci sono ancora oggi anche in Italia  in zone circoscritte e definite dalla presenza di cristiani di rito orientale ma rimasti fedeli al papa. E dove stanno? A Piana degli Albanesi in Sicilia e in Calabria a Lungro.

Franca   e Vinceno osb-cam

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo a Timòteo
1Tm 3,1-13

Figlio mio, questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, marito di una sola donna, sobrio, prudente, dignitoso, ospitale, capace di insegnare, non dedito al vino, non violento ma benevolo, non litigioso, non attaccato al denaro. Sappia guidare bene la propria famiglia e abbia figli sottomessi e rispettosi, perché, se uno non sa guidare la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? Inoltre non sia un convertito da poco tempo, perché, accecato dall’orgoglio, non cada nella stessa condanna del diavolo. È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio.
Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare, moderati nell’uso del vino e non avidi di guadagni disonesti, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio. Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto. I diaconi siano mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie. Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù.

Parola di Dio.

Educati all’accoglienza e al servizio dei malati

“Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”, su questo tema, dal 2 al 5 agosto scorso, si è svolto, a Cefalù, presso l’Hotel “Torre Normanna” di Altavilla Milicia, il XXVI  Convegno Nazionale dei Diaconi, organizzato dalla Comunità del Diaconato in Italia, in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per la Pastorale della salute e la diocesi di Cefalù.

La Comunità del diaconato in Italia, presieduta dal diacono Enzo Petrolino, che organizza il Convegno Nazionale ogni due anni, questa volta, per l’approfondimento e la riflessione, ha scelto una tematica in riferimento al servizio e all’accoglienza che i diaconi devono svolgere nel loro impegno ministeriale, perché l’accoglienza e il servizio ai malati rappresentano “due nuove sfide su cui i diaconi devono impegnarsi concretamente e fattivamente” ha dichiarato Petrolino, “per essere – come il Papa ha recentemente detto durante la sua visita a Milano – custodi nella Chiesa del servizio”.

Il Convegno aperto, oltre che ai diaconi e alle loro famiglie e ai delegati vescovili, anche agli aspiranti e ai candidati al diaconato e ai laici, ha avuto inizio il pomeriggio di giorno 2 agosto, con la celebrazione d’apertura presieduta da S.E. Mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano e Delegato per il Diaconato Commissione Episcopale Clero e Vita Consacrata e con il saluto del Vescovo di Cefalù, Mons. Vincenzo Manzella, il quale ha ricordato quanto la Sicilia oggi,  sia impegnata nell’accoglienza di “coloro che bussano alle porte delle nostre coste e nell’affrontare nuove forme di povertà”. “Voi qui siete segno di speranza”, ha aggiunto il Vescovo rivolgendosi ai diaconi giunti da tutta Italia, “voi che tendete la mano allo sfiduciato e rialzate chi non può più risollevarsi da terra”.

Di seguito i saluti ai convegnisti di don Calogero Cerami, Direttore del Centro “Madre del Buon Pastore” della Conferenza Episcopale Siciliana (CESI), componente del Consiglio Nazionale del Diaconato, di don Carmine Arice, Direttore Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI e di Enzo Petrolino, Presidente Comunità del diaconato in Italia e di Don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, l’isola che da diversi anni è il crocevia di migrazioni di popoli e, specie negli ultimi anni, l’approdo di molti fratelli fuggiti da guerre, persecuzioni e fame.

Don Carmelo ha ricordato, inoltre, che tra i migranti, molti di loro sono cristiani che, prima dei beni di prima necessità, quasi sempre, chiedono una Bibbia». Richiesta che i Convegnisti hanno accolto, tra i due impegni del Convegno, con la raccolta fondi per comprare Bibbie in varie lingue da mettere a disposizione dei rifugiati che sbarcano in Italia e di fare del prossimo 19 novembre – giornata che il Papa ha dedicato ai poveri – “un momento in cui i diaconi si impegnino a lasciare che gli ultimi siano i protagonisti in ogni liturgia eucaristica”.

E’ seguita poi, come da programma, la relazione introduttiva dal titolo: “Il servo del Signore. Il mistero della sofferenza nella storia della salvezza e l’atteggiamento di Gesù verso i malati” curata dal Prof. Padre Giulio Michelini ofm, Docente di teologia biblica, Responsabile nella diocesi di Perugia della formazione dei candidati al diaconato, il quale si è soffermato, tra l’altro, sull’importanza di “compiere alcuni gesti che Gesù ha compiuto: avvicinarsi ai malati, chinarsi su di loro, rivolgere loro parole di consolazione, farsi carico di alcune situazioni particolari, per le quali sarà possibile fare “di più”, “prendersi cura,  avvicinare, reinserire i poveri e gli ammalati, nel contesto sociale”.

Subito dopo la cena, alle ore 21,30, la proiezione del video “Dentro la diaconia: un viaggio tra le realtà diaconali del mondo”, ci ha fatto conoscere alcune iniziative e progetti del diaconato nel mondo.

Giorno 3 agosto, dopo la celebrazione delle lodi mattutine con la lectio del bravissimo biblista don Luca Bassetti, è stata la volta di Enzo Petrolino con la relazione: “Il servizio dei ha parlato della sua vita di moglie di diaconi ai malati e ai sofferenti nella tradizione della Chiesa”. Una relazione che ad iniziare dai primi secoli, ha ricordato l’impegno dei diaconi a favore dei malati. E’ stata poi, la volta, di Marie Françoise Maincent Hanquez, componente del Comitato Nazionale del diaconato francese, come rappresentante delle mogli dei diaconi ed autrice del volume “Les femmes dans le ministère de Jésus de l’ombre à la lumière?”, la quale, con molta chiarezza e concretezza, ha raccontato la sua esperienza di moglie di un diacono, delle difficoltà, ma anche e soprattutto dell’importanza dell’aiuto e della collaborazione che la sposa del diacono può dare.

Di seguito Giuseppe Colona, Ornella Di Simone e don Luca Garbinetto hanno introdotto i gruppi di lavoro, l’incontro con le spose e l’incontro con i delegati. Nel pomeriggio dopo gli adempimenti assembleari con la programmazione dell’attività associativa, la relazione di S.E. Mons. Gianluigi Ruzza, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Roma, Delegato per il diaconato, sul tema “Diaconi coraggiosi testimoni della buona notizia ai più deboli e ai poveri”, il quale si è soffermato sui diaconi “protagonisti del sogno di Papa Francesco”, che stanno “nella frontiera della società” per “portare misericordia”. Dopo la relazione, come da programma, tutti i partecipanti al Convegno si sono trasferiti a Monreale dove l’Arcivescovo S.E. Mons. Michele Pennisi, responsabile della pastorale della salute della CESI, ha presieduto una solenne concelebrazione Eucaristica e di seguito la visita guidata alla splendida Cattedrale di Monreale.

Il giorno dopo, venerdì 4 agosto, la giornata è iniziata con le Lodi mattutine e la lectio di Don Luca Bassetti. Di seguito la relazione di don Carmine Arice, dal titolo “Ero malato e mi avete visitato. I diaconi a servizio della cura dei malati in un contesto multietnico e multireligioso”.  Don Arice ha evidenziato come i diaconi “aiutano la comunità a rendere concreto il servizio della Parola, dell’evangelizzazione e della carità, specialmente con i poveri e gli ultimi”. Di seguito la continuazione dei lavori di gruppo, la relazione della Prof.ssa Cettina Militello, Direttrice della Cattedra “Donna e Cristianesimo”, della Pontificia Facoltà Marianum, sul tema “Donne a servizio dei malati e dei sofferenti.

Il pomeriggio altra trasferta nella Cattedrale di Cefalù dove si è svolta una “tavola rotonda”, introdotta e moderata dal diacono Tonino Cantelmi, Vice Presidente nazionale della Comunità del Diaconato sul tema “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”, con le testimonianze di don Massimo Angelelli, don Mario Torracca, del diac. Nazareno Iacopini, del diac. Guido Miccinesi, del diac. Michele Sardella e della Dott.ssa Rita Zafonte. Sempre nella Cattedrale è seguito un percorso iconografico tra storia e presente guidato da Mons. Crispino Valenziano, uno dei massimi esperti a livello mondiale in arte sacra, Presidente dell’Accademia Teologica “Via Pulchritudinis”, e sapiente guida nel comprendere e gustare la splendida arte della Cattedrale di Cefalù. Al termine la solenne celebrazione eucaristica presieduta da S.E. Mons. Vincenzo Manzella, Vescovo di Cefalù, il quale, dopo aver invitato, ancora una volta, i diaconi a “prendersi cura” dei malati, li ha invitati ad essere speranza per chi attende conforto e consolazione.  

L’ultima giornata, sabato 5 agosto, è iniziata sempre con la celebrazione delle lodi mattutine e della lectio. Di seguito l’intervento di Sua Eminenza il cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, Presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute e Presidente di Caritas Italiana, che, inoltre, ha concluso il Convegno, presiedendo la concelebrazione Eucaristica. Nel suo intervento sul tema “Per una diaconia dell’accoglienza”, il Cardinale Montenegro, con la semplicità, l’umiltà e la concretezza che lo contraddistingue, ha ricordato ai diaconi che “la strada da percorrere non porta all’altare soltanto, ma porta, soprattutto, nel mondo e, in particolare, nel mondo della sofferenza, delle periferie, dei poveri”. Ha ricordato come il “diacono è infatti, l’uomo che sta sull’uscio che guarda dentro e fuori e il suo compito è di aiutare la comunità a vivere la preghiera per farla diventare azione e portare Dio nel mondo con i gesti di carità”. “Il diaconato – ha aggiunto il Cardinale – acquisterà senso nella misura in cui i diaconi saranno uomini di strada e sapranno stare accanto al povero nella realizzazione del regno”.

La sintesi dei lavori di gruppo, delle spose e dei delegati e gli interventi conclusivi di Don Carmine Arice e di Enzo Petrolino, hanno chiuso i lavori del convegno. Don Carmine Arice, in particolare, si è rivolto alle mogli dei diaconi “Voi mogli siete state scelte ed elette per questo ruolo perché la chiamata è per entrambi. Siate sfondo di un amore che permette al diacono di coniugare i due sacramenti del matrimonio e del diaconato”. Quindi ha messo in guardia i diaconi. “Attenzione a non diventare faccendieri nella chiesa di Dio, piuttosto fatevi fecondare dalla parola perché il diacono deve essere un uomo di Dio che ha un rapporto con Cristo servo”. Di seguito Enzo Petrolino, nel suo intervento conclusivo, ha invitato i confratelli ad essere ministri di speranza. “La diaconia della speranza non può essere disgiunta dal diaconato che deve cambiare il volto della comunità e rinnovare la chiesa. Su questo ci giochiamo il nostro futuro e ciò dipende dagli stessi diaconi nella misura in cui sapremo fare vivere la diaconia dandole concretezza e visibilità nelle comunità”. Infine, dopo aver accolto le proposte che un membro dei diaconi entri a fare parte della Consulta nazionale per la pastorale della salute, che venga costituto un gruppo di lavoro sul tema diaconato e pastorale della salute che annualmente proponga una giornata di studio e siano promosse una serie di pubblicazioni su diaconi e la pastorale della salute, Enzo Petrolino, ha annunciato che il prossimo Convegno nazionale del Diaconato del 2019 sarà celebrato a Vicenza, su invito del Vescovo Mons. Beniamino Pizziol, in occasione del 50° anniversario dell’ordinazione dei primi diaconi religiosi della “Pia società San Gaetano”.

Non possiamo chiudere, infine, senza evidenziare l’importante presenza al Convegno Nazionale, della Famiglia diaconale della nostra Diocesi di Oppido Mamertina – Palmi che, oltre ad esprimere il Segretario Nazionale del Diaconato, costituiva anche il gruppo più numeroso, tra le Diocesi presenti, con 31 partecipanti. Il nostro particolare grazie al nostro Vescovo per la sua attenzione al Diaconato permanente nella nostra Diocesi e per l’aiuto concreto nell’occasione, e al nostro Delegato Vescovile, don Giovanni Battista Tillieci, sempre presente, attento e premuroso con i partecipanti e disponibile a dare il suo contributo al convegno con interventi interessanti e concreti.

Bella la comunione tra i Diaconi della nostra Diocesi partecipanti e le famiglie, specialmente, le spose e i figli. Possiamo dire che è stata una esperienza importante per la crescita spirituale e pastorale di ognuno, che speriamo possa far crescere anche quella diocesana.

 Cecè Alampi

 

Francesco indica i diaconi come custodi del servizio

Qualche giorno abbiamo fatto festa per San Lorenzo, diacono e martire. È stata una bella occasione per riflettere sul diaconato e i diaconi. Vi proponiamo cosa ne pensa papa Francesco che vede la Chiesa, in linea con il.Concilio Vaticano II, come popolo di Dio. Ebbene il papa rispondendo ad una domanda parla dei diaconi come uomini del servizio, uomini che ricordano a tutti che siamo chiamati a servire e non a comandare, che siamo chiamati ad amare, che siamo chiamati a donare misericordia, che il diacono è il custode del servizio nella Chiesa ed ha compiti e funzioni diverse da quelle degli altri ministeri ordinati. Ma leggiamo direttamente le parole di papa Francesco.

Roberto Crespi, diacono permanente

Santità, buongiorno. Sono Roberto, diacono permanente. Il diaconato è entrato nel nostro clero nel 1990 e attualmente siamo 143, non è un numero grande ma è un numero significativo. Siamo uomini che vivono pienamente la propria vocazione, quella matrimoniale o quella celibataria ma vivono anche pienamente il mondo del lavoro e della professione e portiamo quindi nel clero del mondo della famiglia e del mondo del lavoro, portiamo tutte quelle dimensioni della bellezza e dell’esperienza ma anche della fatica e qualche volta anche delle ferite. Le chiediamo allora: come diaconi permanenti qual è la nostra parte perché possiamo aiutare a delineare quel volto di Chiesa che è umile, che è disinteressata, che è beata, quella che sentiamo che è nel suo cuore e di cui spesso ci parla? La ringrazio dell’attenzione e le assicuro la nostra preghiera e insieme alla nostra quella delle nostre spose  e delle nostre famiglie.

Papa Francesco:

Grazie. Voi diaconi avete molto da dare, molto da dare. Pensiamo al valore del discernimento. All’interno del presbiterio, voi potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c’è tra il dovere e il volere, le tensioni che si vivono all’interno della vita familiare – voi avete una suocera, per dire un esempio! –. Come pure le benedizioni che si vivono all’interno della vita familiare.

Ma dobbiamo stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici. Questo è un pericolo. Alla fine non stanno né di qua né di là. No, questo non si deve fare, è un pericolo. Guardarli così ci fa male e fa male a loro. Questo modo di considerarli toglie forza al carisma proprio del diaconato. Su questo voglio tornare: il carisma proprio del diaconato. E questo carisma è nella vita della Chiesa. E nemmeno va bene l’immagine del diacono come una specie di intermediario tra i fedeli e i pastori. Né a metà strada fra i preti e i laici, né a metà strada fra i pastori e i fedeli. E ci sono due tentazioni. C’è il pericolo del clericalismo: il diacono che è troppo clericale. No, no, questo non va. Io alcune volte vedo qualcuno quando assiste alla liturgia: sembra quasi di voler prendere il posto del prete. Il clericalismo, guardatevi dal clericalismo. E l’altra tentazione, il funzionalismo: è un aiuto che ha il prete per questo o per quello…; è un ragazzo per svolgere certi compiti e non per altre cose… No. Voi avete un carisma chiaro nella Chiesa e dovete costruirlo.

Il diaconato è una vocazione specifica, una vocazione familiare che richiama il servizio. A me piace tanto quando [negli Atti degli Apostoli] i primi cristiani ellenisti sono andati dagli apostoli a lamentarsi perché le loro vedove e i loro orfani non erano ben assistiti, e hanno fatto quella riunione, quel “sinodo” tra gli apostoli e i discepoli, e hanno “inventato” i diaconi per servire. E questo è molto interessante anche per noi vescovi, perché quelli erano tutti vescovi, quelli che hanno “fatto” i diaconi. E che cosa ci dice? Che i diaconi siano i servitori. Poi hanno capito che, in quel caso, era per assistere le vedove e gli orfani; ma servire. E a noi vescovi: la preghiera e l’annuncio della Parola; e questo ci fa vedere qual è il carisma più importante di un vescovo: pregare. Qual è il compito di un vescovo, il primo compito? La preghiera. Secondo compito: annunciare la Parola. Ma si vede bene la differenza. E a voi [diaconi]: il servizio.Questa parola è la chiave per capire il vostro carisma. Il servizio come uno dei doni caratteristici del popolo di Dio. Il diacono è – per così dire – il custode del servizio nella Chiesa. Ogni parola dev’essere ben misurata. Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa: il servizio alla Parola, il servizio all’Altare, il servizio ai Poveri. E la vostra missione, la missione del diacono, e il suo contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni – la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità – e nei suoi vari stati di vita – laicale, clericale, familiare – possiede un’essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli. E quanta strada c’è da fare in questo senso! Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa.

In ciò consiste il valore dei carismi nella Chiesa, che sono una ricordo e un dono per aiutare tutto il popolo di Dio a non perdere la prospettiva e le ricchezze dell’agire di Dio. Voi non siete mezzi preti e mezzi laici – questo sarebbe “funzionalizzare” il diaconato –, siete sacramento del servizio a Dio e ai fratelli. E da questa parola “servizio” deriva tutto lo sviluppo del vostro lavoro, della vostra vocazione, del vostro essere nella Chiesa. Una vocazione che come tutte le vocazioni non è solamente individuale, ma vissuta all’interno della famiglia e con la famiglia; all’interno del Popolo di Dio e con il Popolo di Dio.

In sintesi:

– non c’è servizio all’altare, non c’è liturgia che non si apra al servizio dei poveri, e non c’è servizio dei poveri che non conduca alla liturgia;

– non c’è vocazione ecclesiale che non sia familiare.

Questo ci aiuta a rivalutare il diaconato come vocazione ecclesiale.

Infine, oggi sembra che tutto debba “servirci”, come se tutto fosse finalizzato all’individuo: la preghiera “mi serve”, la comunità “mi serve”, la carità “mi serve”. Questo è un dato della nostra cultura. Voi siete il dono che lo Spirito ci fa per vedere che la strada giusta va al contrario: nella preghiera servo, nella comunità servo, con la solidarietà servo Dio e il prossimo. E che Dio vi doni la grazia di crescere in questo carisma di custodire il servizio nella Chiesa. Grazie per quello che fate.

Diacono ontologicamente un altro Cristo servo

Condividiamo questa bellissima e molto significativa omelia di Mons. Moraglia, Patriarca di Venezia sulla figura del diacono. È una spiegazione di straordinario spessore che merita la nostra attenzione e anche di essere conosciuta in un tempo così particolare nel quale certi nuovismi rischiano, per davvero, di oscurare il cuore del Concilio.

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Sul Monte Taleo

Mentre lo sguardo si perde in lontananza la mente scende nel tempo e le parole del vento riportano alla memoria storie ed atmosfere antiche. Focalizzo i 13 monasteri che la tradizione accredita fondati da San Benedetto sul Monte Taleo e mi accorgo di avere, appena adesso, varcato l’ingresso di uno di questi.

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San Benedetto si ispira ai diaconi per i suoi decani

Questa indicazione di San Benedetto che vuole organizzare i monaci a gruppi di dieci sotto la sorveglianza di un decano trova origine tra i monaci egiziani ma forse più ancora in Atti 6, 1-3 considerato l’atto di nascita dei diaconi. Non si tratta di certo di una “elezione” come pensiamo noi oggi, ma di una scelta diretta dell’ Abate che individuava persone timorate di Dio che lo aiutassero a governare.

Si esige anzitutto che siano “stimati”, letteralmente “di buona riputazione”, espressione tratta da Atti 6,3 a proposito dei diaconi; inoltre che siano di “santa vita monastica”. Piu` sotto, al v.4, abbiamo una coppia di qualita` richieste per chi deve essere ordinato abate; <santita` di vita e dottrina spirituale>. Il significato e` evidente: che l’abate “possa condividere con loro tutti i pesi suoi” (v,3), (l’espressione richiama Esodo 18,22), compresa la responsabilita` spirituale: insegnare le vie di Dio ai fratelli loro affidati.

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Diacono, icona di Cristo servo

Domani, 28 aprile 2017, insieme ad altri 7 confratelli, facciamo memoria dei nostri 10 anni di ordinazione diaconale. Ringrazio l’Arcivescovo Luigi Vari che ha voluto programmare una celebrazione eucaristica con tutti i diaconi e con chi altro desidera partecipare presso la Chiesa dei Santi Lorenzo e Giovanni a Formia alle ore 19,00  e, in questa vigilia, condivido con tutti voi questo scritto presente sul sito della diocesi di Ravenna sul diaconato e i diaconi. I diaconi, ricordo a me stesso, sono  ministri sacri e membri del clero, ma soprattutto sono “icona del Cristo servo”. Proprio quest’ultima definizione è quella che più di tutte siamo chiamati a meditare e vivere. Se volete pregate per noi.

TRATTO DAL SITO DELLA DIOCESI DI RAVENNA

“…con il sacramento dell’ordine, quegli uomini [i diaconi] fanno parte integrante del clero, anche se sono sposati, hanno famiglia, svolgono un lavoro (non ricevono alcun compenso dalla Chiesa per il loro servizio) e sono impegnati nel mondo, ma, come tutti i cristiani, sono nel mondo, ma non sono del mondo. Il Vescovo Mons. Monari così scrive: “Non c’è dubbio che il diacono è presente e opera nella Chiesa come ‘icona vivente del Cristo servo'” e basterebbe questa affermazione per aprire spazi immensi di riflessione, di meditazione, di servizio, di formazione spirituale. L’appartenenza dei diaconi al sacramento dell’ordine “è una dottrina sicura”. Infatti, il Codice di diritto Canonico al Titolo VI Can.1008 e 1009, modificati…dal Papa Benedetto XVI con Motu Proprio, recita: ‘Con il sacramento dell’ordine per divina istituzione alcuni tra i fedeli, mediante il carattere indelebile con il quale vengono segnati, sono costituiti ministri sacri; coloro cioè che sono consacrati e destinati a servire, ciascuno nel suo grado, con nuovo e peculiare titolo, il popolo di Dio’. Gli ordini sono l’episcopato, il presbiterato e il diaconato. ‘Coloro che sono costituiti nell’ordine dell’episcopato o del presbiterato ricevono la missione e la facoltà di agire nella persona di Cristo Capo, i diaconi invece vengono abilitati a servire il popolo di Dio nella diaconia della liturgia, della parola e della carità’.
…il Concilio Vaticano II…ha restaurato dopo molti anni il diaconato come grado a se stante del sacramento dell’ordine com’era nella Chiesa fin dai suoi primi anni.
Lumen gentium, Cap. III, Costituzione gerarchica della Chiesa n. 29: ‘In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani ‘non per il sacerdozio, ma per il servizio’. Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nella ‘diaconia’ della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio. È ufficio del diacono, secondo le disposizioni della competente autorità, amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’Eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di S. Policarpo: ‘Essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”.
(sul sito dell’ Arcidiocesi di Ravenna – Cervia).

Ringrazio il confratello diacono Mario Elpini che me lo ha inviato.