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Il perdono non e’ un cammino facile

Uno degli ultimi profeti del Primo Testamento ci offre questa profezia enigmatica che ha influenzato gli scrittori del Secondo Testamento nella loro riflessione su Gesù e il significato della croce.

Un personaggio misterioso è stato messo a morte. È paragonato a un “figlio unico”, a un “primogenito”. Ancora più sorprendente, si confonde con Dio stesso fino ad indentificarsi con lui, dal momento che la traduzione letterale dall’ebraico, seguita in italiano, è “… guarderanno a me, colui che hanno trafitto”. In seguito a questa violenza, che è anche una profanazione del paese (il verbo “trafiggere” in ebraico evoca anche la nozione di “contaminare”), Dio manda il suo Spirito sugli anziani e su quelli ad essi associati, ciò porta alla conversione. I colpevoli guarderanno in faccia il male che hanno commesso ed entreranno in un processo di lutto, espressione del pentimento.

Questo dolore si concretizza in una cerimonia la cui qualità liturgica è espressa dalla sua struttura: ogni clan separatamente, uomini e donne separati … Risultato: una sorgente sgorga per purificare quelli che in precedenza erano impantanati nella colpa e nel rifiuto della Sorgente della loro esistenza.

I tentativi d’identificare questo Trafitto non sono mancati, ma nessuna figura storica sembra fare il caso. Il paragone più vicino è il misterioso Servo del Secondo Isaia: anche lui è stato trafitto/profanato (Isaia 53,5) e la sua sofferenza e la sua morte provoca, a posteriori, un cambiamento del modo di vedere da parte di coloro che, in precedenza, lo deridevano. Pertanto, essi capiscono che questo infortunato era dalla parte di Dio, nonostante il suo aspetto pietoso.

In realtà, l’unico personaggio storico che corrisponde a questo ritratto è proprio Gesù, anche se arriverà sulla scena solo qualche secolo più tardi. L’Apocalisse (1,7) evoca la profezia di Zaccaria parlando della manifestazione di Cristo nella gloria, quando la sua vera identità viene rivelata. E nel suo Vangelo (19,37), Giovanni l’utilizzata al momento della morte di Gesù: innalzato sulla croce, visibile a tutti, la sua identità può essere percepita da coloro che hanno gli occhi per vedere, occhi illuminati dalla fede.

Questa parola del profeta è una profonda riflessione sul perdono divino. Questo perdono è sempre offerto, anche dopo i crimini più abominevoli, ma passa inevitabilmente attraverso la contemplazione di Colui che assume tali trasgressioni annegandole nella misericordia di Dio. Guardare in faccia le vittime della nostra mancanza di amore per vedere quello che abbiamo fatto è un primo passo sulla via della guarigione. Tuttavia, bisogna fare un ulteriore passo: discernere nella Vittima per eccellenza colui che risponde all’odio con l’amore e che offre sempre un nuovo inizio. Dio non è né colui che giustifica i nostri rifiuti né colui che punisce le nostre mancanze, ma colui che si identifica con le vittime dell’ingiustizia assimilandole al suo Figlio. Contemplare in Gesù l’Amore beffeggiato che continua ad amare fa sciogliere i nostri cuori induriti e permette che possa scaturire una sorgente di perdono per trasformarci da cima a fondo.

Comunità di Taize

Per riflettere

- “Il perdono non è un percorso facile”. Il testo di Zaccaria come illustra questa affermazione? Come descriverei il cammino del perdono indicato qui?

- Concretamente, come contempliamo Colui che abbiamo trafitto e quali sono le conseguenze nella nostra esistenza?

- Che cosa ci permette di guardare in faccia le vittime delle nostre società e confessare la nostra complicità al loro stato d’oppressione?

Zaccaria 12 ,10—13 ,1: Contemplare la Vittima
Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo. Farà lutto il paese, famiglia per famiglia: la famiglia della casa di Davide a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Natan a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Levi a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Simei a parte e le loro donne a parte; tutte le altre famiglie a parte e le loro donne a parte. In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità. (Zaccaria 12,10–13,1)

Ogni pecora è insostituibile

 

Questo doveva apparire Gesù a chi si avvicinava a lui per ascoltarlo.

Nessuno escluso, tutti i pubblicani e i peccatori, coloro che sono ritenuti lontani da Dio dalle autorità religiose del tempo, fanno un movimento verso Gesù, che per primo sa fare spazio all’incontro.

Diverso è l’atteggiamento di scribi e farisei.

Osservano senza veramente interagire, si scandalizzano della libertà di Gesù e mormorano. Dicono tra i denti il loro disappunto.

Mormorare è quel brusio di fondo che inquina le nostre relazioni, è dire sibilando quello che non si osa dire apertamente.

È il linguaggio dell’invidioso e del pauroso.

È il nostro linguaggio di quando, presi dalla logica del confronto, non sopportiamo che qualcuno abbia quello che crediamo spetti a noi di diritto.

È il nostro linguaggio di quando temiamo il confronto aperto e cerchiamo alleati, almeno all’apparenza, che confermino la solidità delle nostre posizioni.

È il linguaggio di chi non ha saldezza in sé e per affermarsi deve distruggere tutti quelli che sente come potenziali nemici e allora insinua, divide e in fondo spera che le pecore diverse, che si distinguono dal gregge, si perdano.

Ma diverso è Gesù che abbraccia con coraggio tutta l’umanità nella sua complessità e nella sua miseria.

Sa che ogni pecora è insostituibile, ogni moneta unica.

Gesù sa rischiare la parola scomoda ed eloquente e sa tacere, ultima risorsa a cui attingere quando una parola sensata non è possibile perché non ascoltabile.

Sa che il contrario di mormorare non è parlare, ma accogliere.

Non conosciamo perché la pecora si è persa, qui non viene fatto nessun commento morale, non ci sono attribuzioni di colpe, ma una sola cosa necessaria : la pecora è persa bisogna andare a cercarla.

Lasciare le novantanove nel deserto le espone a pericoli, ma quella persa non può essere abbandonata. Così vale per ciascuno di noi, nessuno è trascurato, abbandonato da Dio, che continua a cercarci pronto a fare festa quando ci trova, non importa quanto lontano e quanto faticoso sia stato raggiungerci.

La donna spazza la casa, compie tutta una serie di azioni volte ad indicare che proprio quella moneta che si è persa, per il fatto stesso di essersi persa è più importante di tutte le altre.

Non c’è in queste due parabole un calcolo di convenienza, ci viene da chiederci: vale la pena fare tanta fatica per così poco? Che cos’è una pecora di fronte a novantanove, una moneta di fronte a nove?

Qui c’è un problema di qualità, non di numero. La logica del numero è la logica dell’identico, dell’indifferenziato, la logica della qualità vede invece l’irripetibile unicità di ciascuno.

Vale la pena esporsi alla derisione e al disprezzo di coloro che sono ritenuti giusti per sedere a tavola di chi attende con gratitudine uno spazio in cui sentirsi accolto per come è e trovare così il coraggio di percorrere una via di amore e di vita.

Per una persona sola vale la pena, Gesù l’ha fatto per tutti noi e questa è la logica della croce di cui ogni tanto intravediamo l’ombra nelle nostre scelte più coraggiose.

sorella Elisabetta del Monastero di Bose

Lc  15,1-10

In quel tempo, 1 Si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro». 3Ed egli disse loro questa parabola:
4«Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? 5Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta». 7Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione. 8Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: «Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto». 10Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».

La vita e’ superiore alle parole

“La conoscenza è l’amore. La strada per la conoscenza è l’amore. L’amore di cui parliamo, però, è  l’amore del fare, l’amore che si fa azione, l’amore che è vita, … sangue. Il resto, tutto il resto, sono parole, parole che anche se belle, restano tali. Meglio restare fedeli alla vita concreta che alle parole-cornice. Se davvero  crediamo in Dio delle parole chiacchiere non sappiamo proprio cosa farcene. Viviamo la vita fedeli alla Parola  e tutto il resto lasciamolo ai prestigiatori delle parole.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo di Matteo 23, 1-12

Allora Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli 2dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. 3Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. 4Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. 5Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; 6si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, 7dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati «rabbì» dalla gente.
8Ma voi non fatevi chiamare «rabbì», perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. 9E non chiamate «padre» nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. 10E non fatevi chiamare «guide», perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo.11Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; 12chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato

 

 

Bene dire

Dire bene, gioire e perdonare,
ma soprattutto amare.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani

Fratelli, noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri.

Abbiamo doni diversi secondo la grazia data a ciascuno di noi: chi ha il dono della profezia la eserciti secondo ciò che detta la fede; chi ha un ministero attenda al ministero; chi insegna si dedichi all’insegnamento; chi esorta si dedichi all’esortazione. Chi dona, lo faccia con semplicità; chi presiede, presieda con diligenza; chi fa opere di misericordia, le compia con gioia.

La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell’ospitalità.

Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile.

Accogliere il grido degli ultimi

Poveri, storpi, zoppi e ciechi,
eccoli i nostri Amici.
Sono loro le persone da accogliere.
Ma, siamo capaci di dare senza attendere nulla in cambio?
Siamo capaci di dare senza calcoli?
Siamo capaci di fidarci di Dio?
Siamo capaci di perdere?
Siamo capaci di evitare i privilegi?
Siamo capaci di respingere gli onori?

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Profeti del servizio: semplici e obbedienti

L’umiltà è farsi ultimo ed essere ultimo.
Ma come si fa? Come si fa in un mondo dove orgoglio, successo e potere sono diventati i grandi valori di riferimento?
La via è unica: è la via dell’obbedienza e della semplicità, la via di farsi “servi” degli ultimi. di chi soffre, di chi è solo e abbandonato. La via è quella di chi non giudica, di chi decide di farsi compagno di strada del povero, del rifiutato, di chi è solo ed escluso. La via del silenzio.
Se riusciremo a fare questo saremo davvero sollevati sul palmo della mano di Cristo e avvertiremo la sua tenera carezza che ci mostra la sua protezione. Saremo come il Padre ci vuole: servi dell’amore.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato

Abbassa gli occhi e vedrai Dio

L’allievo chiese al maestro: “Maestro, mi può insegnare cosa debbo fare per vedere il volto di Dio?”.
E il Maestro rispose: “Ragazzo mio, ma  tu davvero vuoi vedere Dio? Allora chiudi gli occhi abbassali a terra e vedrai Dio”.

Franca e Vincenzo obl-cam

Dal Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cédigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Parola del Signore

Oltre ogni orizzonte c’e’ Dio

Oltre le nuvole c’è il sole,
Oltre ogni confine c’è altro da scoprire,
Oltre ciò che siamo c’e ciò che possiamo,
Oltre la Legge c’è l’amore.

Oltre ogni silenzio c’è un fiume di parole,
Oltre il male c’è il bene,
Oltre l’urlo rabbioso c’è una carezza,
Oltre il presente c’è un futuro.

Oltre il reale c’è l’immaginazione,
Oltre il deserto c’è un prato verde,
Oltre la superbia c’è l’umiltà,
Oltre ogni lacrima c’è un sorriso.

Oltre la malattia c’è la guarigione,
Oltre la condanna c’è il perdono,
Oltre la morte c’è la salvezza,
Oltre la pena c’è la misericordia.

Oltre c’è sempre qualcosa che vale la pena scoprire e in questo oltre troviamo Dio.

Franca e Vincenzo osb-cam

Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Parola del Signore

Oltre la morte solo l’amore

Amare è l’unica possibilità per vincere il mistero della morte. Non una vuota memoria ma una invisibile lacrima d’amore è il segno, la ragione e la forza della vita oltre la morte. Che Dio ci benedica e che ognuno sappia sentire l’amore di Dio nella vita per non morire mai e riesca a donare una lacrima invisibile alle persone care per non farle morire mai.
Solo l’amore vince la morte.

Franca e Vincenzo osb-cam

In attesa di una carezza

Spesso ci chiediamo dov’è Dio?
Ci chiediamo perché non si fa vedere, perché non sentiamo la sua voce, perché il dolore, la sofferenza … la morte.
Poi ecco, all’improvviso, una carezza ci sfiora il volto e diventiamo di fuoco. Una piccola e semplice carezza ci dona un’emozione da brivido, una sensazione che attiva simpatia e apre il cuore su una realtà infinitamente dolce e tenera e comprendiamo che Dio è in una carezza.
Dio è in quel sottile e delicatissimo segno
che ci fa tornare bambini,
che ci fa innocenti e puri,
che ci fa capaci, ora, di vederlo in quel lieve gesto che si esprime con innocenza e dona tenerezza.
Accarezzaci o Dio e toccheremo il cielo con un dito sorridendo alle nubi che disegneranno per noi visioni celesti.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,1-12a

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:

«Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli».

Parola del Signore