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Curarsi di chi ha cura dell’altro

“Ed essi, partiti, proclamarono che la gente si convertisse,13scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano”. Mc 6,12-13

Questa sera partiamo da questi due piccoli versetti di Marco per richiamare la nostra attenzione alla missione che è cura dell’altro non solo portando la Parola ma anche curandone il corpo.
Questa immagine fa sperimentare il primato dell’agire in nome di Dio che è la chiamata di tutti a farsi strumento della fecondità che è solo di Dio.
Non si tratta di un fare personale ma di un fare che viene da Lui e per Lui. Qui incontriamo chi soffre, chi è malato, chi è solo, chi è nel pianto … gli ultimi.
A questo siamo tutti chiamati: prenderci cura dell’altro e renderlo capace di fare altrettanto.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

 

Il nostro eremo e il carisma camaldolese

Dal nostro piccolo eremo di famiglia cerchiamo, da oblati camaldolesi del Monastero di Sant’Antonio Abate in Roma, di far conoscere e diffondere il carisma camaldolese. Di che si tratta? Abbiamo scelto, sulla scia di San Romualdo (fondatore del Monastero di Camaldoli) di mettere al centro della nostra vita la Parola di Dio, il silenzio all’eremo, l’accoglienza e il camminare con quanti lo desiderano nella piena comunione con la Chiesa. Abbiamo anche scoperto, grazie al dialogo con dom Innocenzo Gargano, allievo di Benedetto Calati e Madre Michela Porcellato (Badessa del monastero di Sant’Antonio Abate in Roma),  come la bella intuizione del Conclio Vaticano II, di contemplare la Parola, quale fondamento del dialogo con Dio, sia la dimensione di vita più vicina alla nostra sensibilità. Con il desiderio di fuggire ogni trionfalismo desideriamo vivere questo carisma accogliendo e accompagnando, nel silenzio e nella discrezione della nostra casa-eremo, chi lo desidera e chi ci sta. Tutti sono i benvenuti. Che Dio vi benedica.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Dom Innocenzo Gargano parla di Padre Benedetto Calati e del carisma camaldolese.

 

Profeti del servizio: semplici e obbedienti

L’umiltà è farsi ultimo ed essere ultimo.
Ma come si fa? Come si fa in un mondo dove orgoglio, successo e potere sono diventati i grandi valori di riferimento?
La via è unica: è la via dell’obbedienza e della semplicità, la via di farsi “servi” degli ultimi. di chi soffre, di chi è solo e abbandonato. La via è quella di chi non giudica, di chi decide di farsi compagno di strada del povero, del rifiutato, di chi è solo ed escluso. La via del silenzio.
Se riusciremo a fare questo saremo davvero sollevati sul palmo della mano di Cristo e avvertiremo la sua tenera carezza che ci mostra la sua protezione. Saremo come il Padre ci vuole: servi dell’amore.

Franca e Vincenzo osb-cam

 

Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato

Io ho scelto voi

È notte e
il silenzio cresce.
È questo il tempo favorevole
il momento delle grandi scelte.

Gesù si ritira sul monte,
solo, nel buio della notte,
testimoni le stelle,
Egli guarda in alto e
chiede aiuto al Padre.

Allo spuntare dell’alba
i suggerimenti ricevuti,
si fanno decisioni per il futuro.

Dodici,
dodici uomini sono chiamati.
Tutti diversi, non hanno meriti,
ma servizi affidati,
Non sono i migliori,
ma sono nel cuore del Padre.

Loro, loro e non altri,
sono inviati nel mondo.

Scelti dal Signore,
disponibili a seguirlo,
camminano con le loro fragilità
e offrono la vita per il Vangelo.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 6,12-19

In quei giorni, Gesù se ne andò sul monte a pregare e passò tutta la notte pregando Dio. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede anche il nome di apostoli: Simone, al quale diede anche il nome di Pietro; Andrea, suo fratello; Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso; Giacomo, figlio di Alfeo; Simone, detto Zelota; Giuda, figlio di Giacomo; e Giuda Iscariota, che divenne il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidòne, che erano venuti per ascoltarlo ed essere guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti impuri venivano guariti. Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che guariva tutti.

Parola del Signore

Casa, deserto e missione

La sinagoga è diventata il luogo di esercizio del potere e Gesù la rifiuta. Sceglie la casa, la casa della famiglia di Pietro; sceglie le nostre case, le case dove la fede si fa vita. Non si impaurisce di fronte al potere dei sacerdoti del suo tempo, di fronte  agli scribi, ai farisei e nemmeno di fronte a quanti si sono accomodati attorno alla sinagoga dove hanno costruito la loro fortuna.

La CASA, perciò, è il nuovo luogo di evangelizzazione, è il posto che Gesù sceglie per guarire la suocera di Pietro. La guarisce per SERVIRE. Li, nella casa di Pietro, Gesù incontra la gente è racconta la verità del Regno di Dio e poi ne mostra la potenza guarendo i tanti malati che gli vengono portati.

L’altro luogo che Gesù oggi ci mostra è il DESERTO. Un posto solitario dove prega il Padre e nel quale, senza esibizionismo, sussurra all’orecchio di Dio ogni cosa.

L’ultima indicazione è la MISSIONE. Lui va, lascia Cafarnso, come aveva lasciato Nazareth per portare la buona notizia a tutte le genti.

Franca e Vincenzo osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 4,38-44

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Si chinò su di lei, comandò alla febbre e la febbre la lasciò. E subito si alzò in piedi e li serviva.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi affetti da varie malattie li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva. Da molti uscivano anche demòni, gridando: «Tu sei il Figlio di Dio!». Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era lui il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e tentarono di trattenerlo perché non se ne andasse via. Egli però disse loro: «È necessario che io annunci la buona notizia del regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato».
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

Parola del Signore

Amare, amare sempre

Dio dona all’uomo i talenti e
e poi lo invita ad Amare.
Non sempre, però, l’uomo Ama come Dio vuole.
Se l’uomo Ama, infatti
è servo buono e fedele,
Se l’uomo non Ama, invece,
è servo malvagio.

Solo i servi buoni riceveranno, fin da subito, la pace nel cuore e, perciò, la gioia di un’accoglienza paterna dove “gustare” i beni del Regno di Dio.

Franca e Vincenzo osb-cam

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L’invidia genera odio e rancore

L’umiltà non è gelosa, non invidia, non si gonfia, non si atteggia, non giudica e non vuole imporsi. L’umile vive la sua vita con sobrietà, senso del limite e non giudica l’altro. L’umile non pretende ma vive l’esistenza apprezzando ogni cosa che ha e che considera un dono. Tutto ciò che abbiamo, infatti, è dono di Dio la cui logica distributuva è diversa da quella di questo mondo dove, invece, si pensa e si ragiona secondo criteri diversi. Criteri che distruggono le nostre esistenze e che invece di farci apprezzare ciò che abbiamo ci spingono a vivere per ottenere sempre di più a discapito della felicità.

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Educati all’accoglienza e al servizio dei malati

“Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”, su questo tema, dal 2 al 5 agosto scorso, si è svolto, a Cefalù, presso l’Hotel “Torre Normanna” di Altavilla Milicia, il XXVI  Convegno Nazionale dei Diaconi, organizzato dalla Comunità del Diaconato in Italia, in collaborazione con l’Ufficio Nazionale per la Pastorale della salute e la diocesi di Cefalù.

La Comunità del diaconato in Italia, presieduta dal diacono Enzo Petrolino, che organizza il Convegno Nazionale ogni due anni, questa volta, per l’approfondimento e la riflessione, ha scelto una tematica in riferimento al servizio e all’accoglienza che i diaconi devono svolgere nel loro impegno ministeriale, perché l’accoglienza e il servizio ai malati rappresentano “due nuove sfide su cui i diaconi devono impegnarsi concretamente e fattivamente” ha dichiarato Petrolino, “per essere – come il Papa ha recentemente detto durante la sua visita a Milano – custodi nella Chiesa del servizio”.

Il Convegno aperto, oltre che ai diaconi e alle loro famiglie e ai delegati vescovili, anche agli aspiranti e ai candidati al diaconato e ai laici, ha avuto inizio il pomeriggio di giorno 2 agosto, con la celebrazione d’apertura presieduta da S.E. Mons. Arturo Aiello, Vescovo di Teano e Delegato per il Diaconato Commissione Episcopale Clero e Vita Consacrata e con il saluto del Vescovo di Cefalù, Mons. Vincenzo Manzella, il quale ha ricordato quanto la Sicilia oggi,  sia impegnata nell’accoglienza di “coloro che bussano alle porte delle nostre coste e nell’affrontare nuove forme di povertà”. “Voi qui siete segno di speranza”, ha aggiunto il Vescovo rivolgendosi ai diaconi giunti da tutta Italia, “voi che tendete la mano allo sfiduciato e rialzate chi non può più risollevarsi da terra”.

Di seguito i saluti ai convegnisti di don Calogero Cerami, Direttore del Centro “Madre del Buon Pastore” della Conferenza Episcopale Siciliana (CESI), componente del Consiglio Nazionale del Diaconato, di don Carmine Arice, Direttore Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della CEI e di Enzo Petrolino, Presidente Comunità del diaconato in Italia e di Don Carmelo La Magra, parroco di Lampedusa, l’isola che da diversi anni è il crocevia di migrazioni di popoli e, specie negli ultimi anni, l’approdo di molti fratelli fuggiti da guerre, persecuzioni e fame.

Don Carmelo ha ricordato, inoltre, che tra i migranti, molti di loro sono cristiani che, prima dei beni di prima necessità, quasi sempre, chiedono una Bibbia». Richiesta che i Convegnisti hanno accolto, tra i due impegni del Convegno, con la raccolta fondi per comprare Bibbie in varie lingue da mettere a disposizione dei rifugiati che sbarcano in Italia e di fare del prossimo 19 novembre – giornata che il Papa ha dedicato ai poveri – “un momento in cui i diaconi si impegnino a lasciare che gli ultimi siano i protagonisti in ogni liturgia eucaristica”.

E’ seguita poi, come da programma, la relazione introduttiva dal titolo: “Il servo del Signore. Il mistero della sofferenza nella storia della salvezza e l’atteggiamento di Gesù verso i malati” curata dal Prof. Padre Giulio Michelini ofm, Docente di teologia biblica, Responsabile nella diocesi di Perugia della formazione dei candidati al diaconato, il quale si è soffermato, tra l’altro, sull’importanza di “compiere alcuni gesti che Gesù ha compiuto: avvicinarsi ai malati, chinarsi su di loro, rivolgere loro parole di consolazione, farsi carico di alcune situazioni particolari, per le quali sarà possibile fare “di più”, “prendersi cura,  avvicinare, reinserire i poveri e gli ammalati, nel contesto sociale”.

Subito dopo la cena, alle ore 21,30, la proiezione del video “Dentro la diaconia: un viaggio tra le realtà diaconali del mondo”, ci ha fatto conoscere alcune iniziative e progetti del diaconato nel mondo.

Giorno 3 agosto, dopo la celebrazione delle lodi mattutine con la lectio del bravissimo biblista don Luca Bassetti, è stata la volta di Enzo Petrolino con la relazione: “Il servizio dei ha parlato della sua vita di moglie di diaconi ai malati e ai sofferenti nella tradizione della Chiesa”. Una relazione che ad iniziare dai primi secoli, ha ricordato l’impegno dei diaconi a favore dei malati. E’ stata poi, la volta, di Marie Françoise Maincent Hanquez, componente del Comitato Nazionale del diaconato francese, come rappresentante delle mogli dei diaconi ed autrice del volume “Les femmes dans le ministère de Jésus de l’ombre à la lumière?”, la quale, con molta chiarezza e concretezza, ha raccontato la sua esperienza di moglie di un diacono, delle difficoltà, ma anche e soprattutto dell’importanza dell’aiuto e della collaborazione che la sposa del diacono può dare.

Di seguito Giuseppe Colona, Ornella Di Simone e don Luca Garbinetto hanno introdotto i gruppi di lavoro, l’incontro con le spose e l’incontro con i delegati. Nel pomeriggio dopo gli adempimenti assembleari con la programmazione dell’attività associativa, la relazione di S.E. Mons. Gianluigi Ruzza, Vescovo Ausiliare della Diocesi di Roma, Delegato per il diaconato, sul tema “Diaconi coraggiosi testimoni della buona notizia ai più deboli e ai poveri”, il quale si è soffermato sui diaconi “protagonisti del sogno di Papa Francesco”, che stanno “nella frontiera della società” per “portare misericordia”. Dopo la relazione, come da programma, tutti i partecipanti al Convegno si sono trasferiti a Monreale dove l’Arcivescovo S.E. Mons. Michele Pennisi, responsabile della pastorale della salute della CESI, ha presieduto una solenne concelebrazione Eucaristica e di seguito la visita guidata alla splendida Cattedrale di Monreale.

Il giorno dopo, venerdì 4 agosto, la giornata è iniziata con le Lodi mattutine e la lectio di Don Luca Bassetti. Di seguito la relazione di don Carmine Arice, dal titolo “Ero malato e mi avete visitato. I diaconi a servizio della cura dei malati in un contesto multietnico e multireligioso”.  Don Arice ha evidenziato come i diaconi “aiutano la comunità a rendere concreto il servizio della Parola, dell’evangelizzazione e della carità, specialmente con i poveri e gli ultimi”. Di seguito la continuazione dei lavori di gruppo, la relazione della Prof.ssa Cettina Militello, Direttrice della Cattedra “Donna e Cristianesimo”, della Pontificia Facoltà Marianum, sul tema “Donne a servizio dei malati e dei sofferenti.

Il pomeriggio altra trasferta nella Cattedrale di Cefalù dove si è svolta una “tavola rotonda”, introdotta e moderata dal diacono Tonino Cantelmi, Vice Presidente nazionale della Comunità del Diaconato sul tema “Diaconi educati all’accoglienza e al servizio dei malati”, con le testimonianze di don Massimo Angelelli, don Mario Torracca, del diac. Nazareno Iacopini, del diac. Guido Miccinesi, del diac. Michele Sardella e della Dott.ssa Rita Zafonte. Sempre nella Cattedrale è seguito un percorso iconografico tra storia e presente guidato da Mons. Crispino Valenziano, uno dei massimi esperti a livello mondiale in arte sacra, Presidente dell’Accademia Teologica “Via Pulchritudinis”, e sapiente guida nel comprendere e gustare la splendida arte della Cattedrale di Cefalù. Al termine la solenne celebrazione eucaristica presieduta da S.E. Mons. Vincenzo Manzella, Vescovo di Cefalù, il quale, dopo aver invitato, ancora una volta, i diaconi a “prendersi cura” dei malati, li ha invitati ad essere speranza per chi attende conforto e consolazione.  

L’ultima giornata, sabato 5 agosto, è iniziata sempre con la celebrazione delle lodi mattutine e della lectio. Di seguito l’intervento di Sua Eminenza il cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento, Presidente della Commissione episcopale per il servizio della carità e la salute e Presidente di Caritas Italiana, che, inoltre, ha concluso il Convegno, presiedendo la concelebrazione Eucaristica. Nel suo intervento sul tema “Per una diaconia dell’accoglienza”, il Cardinale Montenegro, con la semplicità, l’umiltà e la concretezza che lo contraddistingue, ha ricordato ai diaconi che “la strada da percorrere non porta all’altare soltanto, ma porta, soprattutto, nel mondo e, in particolare, nel mondo della sofferenza, delle periferie, dei poveri”. Ha ricordato come il “diacono è infatti, l’uomo che sta sull’uscio che guarda dentro e fuori e il suo compito è di aiutare la comunità a vivere la preghiera per farla diventare azione e portare Dio nel mondo con i gesti di carità”. “Il diaconato – ha aggiunto il Cardinale – acquisterà senso nella misura in cui i diaconi saranno uomini di strada e sapranno stare accanto al povero nella realizzazione del regno”.

La sintesi dei lavori di gruppo, delle spose e dei delegati e gli interventi conclusivi di Don Carmine Arice e di Enzo Petrolino, hanno chiuso i lavori del convegno. Don Carmine Arice, in particolare, si è rivolto alle mogli dei diaconi “Voi mogli siete state scelte ed elette per questo ruolo perché la chiamata è per entrambi. Siate sfondo di un amore che permette al diacono di coniugare i due sacramenti del matrimonio e del diaconato”. Quindi ha messo in guardia i diaconi. “Attenzione a non diventare faccendieri nella chiesa di Dio, piuttosto fatevi fecondare dalla parola perché il diacono deve essere un uomo di Dio che ha un rapporto con Cristo servo”. Di seguito Enzo Petrolino, nel suo intervento conclusivo, ha invitato i confratelli ad essere ministri di speranza. “La diaconia della speranza non può essere disgiunta dal diaconato che deve cambiare il volto della comunità e rinnovare la chiesa. Su questo ci giochiamo il nostro futuro e ciò dipende dagli stessi diaconi nella misura in cui sapremo fare vivere la diaconia dandole concretezza e visibilità nelle comunità”. Infine, dopo aver accolto le proposte che un membro dei diaconi entri a fare parte della Consulta nazionale per la pastorale della salute, che venga costituto un gruppo di lavoro sul tema diaconato e pastorale della salute che annualmente proponga una giornata di studio e siano promosse una serie di pubblicazioni su diaconi e la pastorale della salute, Enzo Petrolino, ha annunciato che il prossimo Convegno nazionale del Diaconato del 2019 sarà celebrato a Vicenza, su invito del Vescovo Mons. Beniamino Pizziol, in occasione del 50° anniversario dell’ordinazione dei primi diaconi religiosi della “Pia società San Gaetano”.

Non possiamo chiudere, infine, senza evidenziare l’importante presenza al Convegno Nazionale, della Famiglia diaconale della nostra Diocesi di Oppido Mamertina – Palmi che, oltre ad esprimere il Segretario Nazionale del Diaconato, costituiva anche il gruppo più numeroso, tra le Diocesi presenti, con 31 partecipanti. Il nostro particolare grazie al nostro Vescovo per la sua attenzione al Diaconato permanente nella nostra Diocesi e per l’aiuto concreto nell’occasione, e al nostro Delegato Vescovile, don Giovanni Battista Tillieci, sempre presente, attento e premuroso con i partecipanti e disponibile a dare il suo contributo al convegno con interventi interessanti e concreti.

Bella la comunione tra i Diaconi della nostra Diocesi partecipanti e le famiglie, specialmente, le spose e i figli. Possiamo dire che è stata una esperienza importante per la crescita spirituale e pastorale di ognuno, che speriamo possa far crescere anche quella diocesana.

 Cecè Alampi

 

Francesco indica i diaconi come custodi del servizio

Qualche giorno abbiamo fatto festa per San Lorenzo, diacono e martire. È stata una bella occasione per riflettere sul diaconato e i diaconi. Vi proponiamo cosa ne pensa papa Francesco che vede la Chiesa, in linea con il.Concilio Vaticano II, come popolo di Dio. Ebbene il papa rispondendo ad una domanda parla dei diaconi come uomini del servizio, uomini che ricordano a tutti che siamo chiamati a servire e non a comandare, che siamo chiamati ad amare, che siamo chiamati a donare misericordia, che il diacono è il custode del servizio nella Chiesa ed ha compiti e funzioni diverse da quelle degli altri ministeri ordinati. Ma leggiamo direttamente le parole di papa Francesco.

Roberto Crespi, diacono permanente

Santità, buongiorno. Sono Roberto, diacono permanente. Il diaconato è entrato nel nostro clero nel 1990 e attualmente siamo 143, non è un numero grande ma è un numero significativo. Siamo uomini che vivono pienamente la propria vocazione, quella matrimoniale o quella celibataria ma vivono anche pienamente il mondo del lavoro e della professione e portiamo quindi nel clero del mondo della famiglia e del mondo del lavoro, portiamo tutte quelle dimensioni della bellezza e dell’esperienza ma anche della fatica e qualche volta anche delle ferite. Le chiediamo allora: come diaconi permanenti qual è la nostra parte perché possiamo aiutare a delineare quel volto di Chiesa che è umile, che è disinteressata, che è beata, quella che sentiamo che è nel suo cuore e di cui spesso ci parla? La ringrazio dell’attenzione e le assicuro la nostra preghiera e insieme alla nostra quella delle nostre spose  e delle nostre famiglie.

Papa Francesco:

Grazie. Voi diaconi avete molto da dare, molto da dare. Pensiamo al valore del discernimento. All’interno del presbiterio, voi potete essere una voce autorevole per mostrare la tensione che c’è tra il dovere e il volere, le tensioni che si vivono all’interno della vita familiare – voi avete una suocera, per dire un esempio! –. Come pure le benedizioni che si vivono all’interno della vita familiare.

Ma dobbiamo stare attenti a non vedere i diaconi come mezzi preti e mezzi laici. Questo è un pericolo. Alla fine non stanno né di qua né di là. No, questo non si deve fare, è un pericolo. Guardarli così ci fa male e fa male a loro. Questo modo di considerarli toglie forza al carisma proprio del diaconato. Su questo voglio tornare: il carisma proprio del diaconato. E questo carisma è nella vita della Chiesa. E nemmeno va bene l’immagine del diacono come una specie di intermediario tra i fedeli e i pastori. Né a metà strada fra i preti e i laici, né a metà strada fra i pastori e i fedeli. E ci sono due tentazioni. C’è il pericolo del clericalismo: il diacono che è troppo clericale. No, no, questo non va. Io alcune volte vedo qualcuno quando assiste alla liturgia: sembra quasi di voler prendere il posto del prete. Il clericalismo, guardatevi dal clericalismo. E l’altra tentazione, il funzionalismo: è un aiuto che ha il prete per questo o per quello…; è un ragazzo per svolgere certi compiti e non per altre cose… No. Voi avete un carisma chiaro nella Chiesa e dovete costruirlo.

Il diaconato è una vocazione specifica, una vocazione familiare che richiama il servizio. A me piace tanto quando [negli Atti degli Apostoli] i primi cristiani ellenisti sono andati dagli apostoli a lamentarsi perché le loro vedove e i loro orfani non erano ben assistiti, e hanno fatto quella riunione, quel “sinodo” tra gli apostoli e i discepoli, e hanno “inventato” i diaconi per servire. E questo è molto interessante anche per noi vescovi, perché quelli erano tutti vescovi, quelli che hanno “fatto” i diaconi. E che cosa ci dice? Che i diaconi siano i servitori. Poi hanno capito che, in quel caso, era per assistere le vedove e gli orfani; ma servire. E a noi vescovi: la preghiera e l’annuncio della Parola; e questo ci fa vedere qual è il carisma più importante di un vescovo: pregare. Qual è il compito di un vescovo, il primo compito? La preghiera. Secondo compito: annunciare la Parola. Ma si vede bene la differenza. E a voi [diaconi]: il servizio.Questa parola è la chiave per capire il vostro carisma. Il servizio come uno dei doni caratteristici del popolo di Dio. Il diacono è – per così dire – il custode del servizio nella Chiesa. Ogni parola dev’essere ben misurata. Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa: il servizio alla Parola, il servizio all’Altare, il servizio ai Poveri. E la vostra missione, la missione del diacono, e il suo contributo consistono in questo: nel ricordare a tutti noi che la fede, nelle sue diverse espressioni – la liturgia comunitaria, la preghiera personale, le diverse forme di carità – e nei suoi vari stati di vita – laicale, clericale, familiare – possiede un’essenziale dimensione di servizio. Il servizio a Dio e ai fratelli. E quanta strada c’è da fare in questo senso! Voi siete i custodi del servizio nella Chiesa.

In ciò consiste il valore dei carismi nella Chiesa, che sono una ricordo e un dono per aiutare tutto il popolo di Dio a non perdere la prospettiva e le ricchezze dell’agire di Dio. Voi non siete mezzi preti e mezzi laici – questo sarebbe “funzionalizzare” il diaconato –, siete sacramento del servizio a Dio e ai fratelli. E da questa parola “servizio” deriva tutto lo sviluppo del vostro lavoro, della vostra vocazione, del vostro essere nella Chiesa. Una vocazione che come tutte le vocazioni non è solamente individuale, ma vissuta all’interno della famiglia e con la famiglia; all’interno del Popolo di Dio e con il Popolo di Dio.

In sintesi:

– non c’è servizio all’altare, non c’è liturgia che non si apra al servizio dei poveri, e non c’è servizio dei poveri che non conduca alla liturgia;

– non c’è vocazione ecclesiale che non sia familiare.

Questo ci aiuta a rivalutare il diaconato come vocazione ecclesiale.

Infine, oggi sembra che tutto debba “servirci”, come se tutto fosse finalizzato all’individuo: la preghiera “mi serve”, la comunità “mi serve”, la carità “mi serve”. Questo è un dato della nostra cultura. Voi siete il dono che lo Spirito ci fa per vedere che la strada giusta va al contrario: nella preghiera servo, nella comunità servo, con la solidarietà servo Dio e il prossimo. E che Dio vi doni la grazia di crescere in questo carisma di custodire il servizio nella Chiesa. Grazie per quello che fate.

Il monaco Zeno dall’eremo di camaldoli commenta la parabola del seminatore

Da oggi, ogni volta che riusciremo ad averla, pubblicheremo sul sito l’omelia della santa messa celebrata all’Eremo di Camaldoli. Oggi la Santa Messa é stata presieduta da Don Zeno Ferrari, monaco.
Ecco la registrazione.170716_001 (questo servizio è reso possibile grazie alla collaborazione del diacono Gaspare Siciliano, anche lui oblato camaldolese).