“Gesù, maestro, abbi pietà di noi!”

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 17,11-19

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

Parola del Signore.

Riflessione a cura dell’Amica Eremita Mirella Muia di Gerace.

Questo è il grido di aiuto di dieci lebbrosi che incontrano Gesù mentre è in cammino.
Egli risponde dicendo loro di andare a Gerusalemme per presentarsi ai sacerdoti nel tempio.
Gesù sa bene che, essendo lebbrosi, non hanno il diritto di entrare nella città santa e tantomeno nel tempio, in quanto impuri secondo la Legge.
Ma essi si mettono in cammino, fidandosi della sua parola, e accade che guariscano strada facendo…

Vista la guarigione, nove di loro proseguono il cammino e si presentano al tempio per essere confermati dai sacerdoti come puri, e poter riprendere una vita normale – eccetto uno…

“Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano”.

Uno solo torna da lui per ringraziarlo, proprio quello che, in quanto Samaritano, non avrebbe neanche il diritto di entrare nel tempio: la sua vita infatti, agli occhi dei Giudei, è doppiamente impura, in quanto lebbroso e anche straniero considerato eretico.
Perché dunque ritorna da Gesù ? Non solo per il fatto di essere stato guarito dalla lebbra – ma soprattutto per essere stato guardato da lui, oltre la sua condizione di lebbroso, nel suo essere umano bisognoso d’aiuto .

“Alzati e va’, la tua fede ti ha salvato!”

Questo Samaritano ha riconosciuto in Gesù non solo la causa della sua guarigione, ma soprattutto della sua dignità di uomo libero – e ha visto in lui chi gli ha cambiato la vita.
Egli ha compreso quello che gli altri nove non hanno visto, e che molto spesso neanche i credenti di oggi vedono: Gesù non è quel facitore di miracoli che ancora molti credono, ma è la sorgente della vita nuova per tutti – una vita in cui ogni creatura è accolta e salvata in quanto amata per sé stessa…

Buona giornata

Franca e Vincenzo, oblati camaldolesi ❤️

Siamo servi inutili

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 17,7-10

In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».

Parola del Signore.

Ecco la “rivoluzione” cristiana. Servire, sentirsi ispirati a farlo, non desiderare ricompensa e vivere sapendo di essere Amati dal Signore.

Il mondo (la mondanità), spinge a fare per “avere” ricompense materiali ( soldi, carriera, potere) o sociali (riconoscimenti, onori, …). Gesù, diversamente, ci indica che la strada da seguire é altra. Ecco allora il valore della “gratuità” del servizio, del rispetto di ogni persona e di ogni essere vivente, dell’ambiente, del contesto sociale … siamo chiamati a “servire” nella gratuità e nel silenzio operoso in un mondo nel quale si sgomita per apparire e accumulare; in un mondo dove l’arte della politica (come servizio) è diventato potere; in un mondo dove si conta in relazione a ciò che possiedi e del ruolo che hai “conquistato” magari scavalcando gli altri.

Buona giornata

Franca e Vincenzo, oblati camaldolesi ❤️

Signore, accresci in noi fede!

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 17,1-6

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: “Sono pentito”, tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

Parola del Signore.

Il commento è dell’Amica Mirella Muia, eremita a Gerace.

Si potrebbe osservare che questa, con l’immediata risposta di Gesù che vedremo subito dopo, non è che l’ultima frase della pagina di questo vangelo.
Ed è vero – ma forse esprime una sintesi delle frasi precedenti, in cui il Signore ci mette davanti a delle condizioni difficili da affrontare e, soprattutto, da risolvere, portandone il peso inevitabile.
Così è dell’impatto delle situazioni che ci scandalizzano, e delle responsabilità che a volte ci coinvolgono – soprattutto della richiesta di perdono da parte del fratello che ci ha offeso, e che a volte non ha neanche il coraggio di pregarci di perdonarlo…
Ecco perché quella preghiera degli apostoli assomiglia tanto a una supplica: accresci la nostra fede, perché possiamo fare come tu dici! Perché da soli non ne siamo capaci…
Ed ecco la risposta di Gesù:

“Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: ‘Sradicati e vai a piantarti nel mare’, ed esso vi obbedirebbe’ “.

Per noi è spesso la quantità che conta, più della qualità. Come gli apostoli, vogliamo sentirci pieni, arricchiti di ciò che ci manca per osare un cambiamento – ma Gesù, Sapienza di Dio in mezzo a noi, ci insegna: basta una briciola, un granello quasi invisibile, di vera fede, di vera fiducia di essere figli a immagine di Dio, basta quel pulviscolo per cambiare in noi l’essenziale: e dalla pretesa di essere radicati e forti là dove siamo, passare alla libertà di essere radicati nel respiro profondo del mare e della sua voce …

Ecco cosa ci dice l’ultimo versetto della prima lettura, dal libro della Sapienza 1:
“Lo Spirito del Signore riempie la terra e, tenendo insieme ogni cosa, ne conosce la voce”.

Anche noi, con una sola briciola di vera fede, impariamo a respirare nell’ascolto della voce di ciò che ci circonda, e che ha bisogno di essere ascoltato.

Quale segno ci mostri?

Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 2,13-22

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».  Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

Parola del Signore. 

Quale segno ci mostri?

La nostra attenzione è rapita dalla forza che si sprigiona dal mite Gesù. Egli valuta con saggezza la misura di un’azione “potente” di fronte a chi tenta di guadagnare mettendo davanti la relazione con Dio. Anche oggi Gesù fa lo stesso e rompe certi modi di fare e di agire e ci mostra che la “crisi” attuale va guardata con il sorriso e la Speranza. Decisiva sarà la purificazione del cuore e questa va oltre la “religiosità”. Dio non si compra. Dio si ama come Lui ci Ama. Oggi, perciò, siamo chiamati a purificare il cuore, lo sguardo, l’Ascolto e ogni gesto. Liberiamoci dalle pretese, dalle falsità e da ogni ipocrisia. Chiediamoci cosa cambiare del nostro pensare e agire; di quale pesantezza liberarci; come e chi perdonare.

Franca e Vincenzo Testa, Eremo di famiglia

Dio conosce i cuori

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,9-15

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli: «Fatevi degli amici con la ricchezza disonesta, perché, quando questa verrà a mancare, essi vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti; e chi è disonesto in cose di poco conto, è disonesto anche in cose importanti. Se dunque non siete stati fedeli nella ricchezza disonesta, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servitore può servire due padroni, perché o odierà l’uno e amerà l’altro, oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire Dio e la ricchezza».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si facevano beffe di lui. Egli disse loro: «Voi siete quelli che si ritengono giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che fra gli uomini viene esaltato, davanti a Dio è cosa abominevole».

Parola del Signore.

“Nessuno può servire due padroni” …eh si!!! Non si può inseguire e cercare denaro, successo e potere e poi adorare il Signore. Sono realtà opposte. Gesù parla delle vere debolezze degli uomini; non ha timore di metterci davanti alle nostre responsabilità e alle nostre scelte. Chi ha dedicato e dedica la vita mettendo al primo poste le tre grandi attrazioni della vita mondana leggendo le parole di Gesù cercherà giustificazioni, proverà a mascherarsi con gesti e parole credendo di ingannare gli altri e, magari, anche se stesso. Ma Dio conosce i cuori, guarda dentro di noi, scruta i nostri pensieri. Possiamo ingannare gli altri ma non possiamo ingannare Dio.

Cambiare il cuore per davvero è l’unica via di salvezza.

Franca e Vincenzo, oblati camaldolesi ❤️

Figli delle tenebre e Figli della Luce

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

Parola del Signore.

Il commento è dell’amica Mirella Muia, eremita di Gerace …

Bisogna intendere bene il significato di questa parola: scaltrezza.

La parabola dell’amministratore disonesto descrive una vicenda di inganno e di interesse, che di colpo sembra capovolgersi: infatti, quando il padrone smaschera il suo amministratore, gli pone davanti la realtà dei fatti e la responsabilità che ne deriva, dicendogli:
“Rendi conto della tua amministrazione”.
Riconosci ciò che hai fatto, perché ora non ti è più possibile ingannare non solo gli altri, ma soprattutto te stesso. Non ti è più concesso ignorare chi sei veramente: uno in cui il padrone aveva fiducia, affidandogli la gestione dei suoi beni.

Di fronte a questa evidenza, l’uomo si arrende e cerca una via d’uscita – e la trova nello scalare il debito altrui, e questo a suo scapito, impoverendo se stesso…

E noi, amministratori dei doni di Dio che ci sono affidati…?

Il termine “scaltrezza” rende male il significato del termine greco, che significa piuttosto ‘prudenza, saggezza, intelligenza’ – ma allora che cosa intende Gesù affermando che i figli delle tenebre sono più scaltri – prudenti, saggi – dei figli della luce?

Forse perché nell’infinita gratuità del suo amore Dio ha affidato proprio a noi, ‘figli delle tenebre’, quei doni di cui i figli della luce non hanno bisogno, proprio perché vi sono già immersi – ma di essi questo nostro mondo oscuro ha urgente bisogno, e può riceverne qualcosa attraverso la gratuità della nostra testimonianza…

Buona giornata

Franca e Vincenzo, oblati camaldolesi ❤️

La gioia del ritrovamento

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Commento di Padre Gargano sul Vangelo

Lc 15, 1 – 10

In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: “Costui accoglie i peccatori e mangia con loro”.
Ed egli disse loro questa parabola: “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta”. Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: “Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto”. Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte “.

LA GIOIA DEL RITROVAMENTO

Questo capitolo del vangelo di Luca
e’ tra i testi più conosciuti
del Nuovo Testamento.
Luca ha posto in questo capitolo
tre parabole per rispondere
alle critiche che i ben pensanti dei tempi di Gesù rivolgevano al Maestro di Nazareth
per l’eccessiva familiarità
che concedeva alla gente
più malfamata della società.
Il Vangelo di oggi
ne riporta soltanto due perché la terza,
quella del figlio
che ritorna a casa,
ha l’onore di essere proposta
in occasioni più solenni dell’anno
liturgico.
Il tema di fondo per tutte e tre sta
tutto comunque nella libertà che si prende Dio stesso di
far piovere sui buoni e sui cattivi e di far
splendere il suo sole
sui giusti e sui peccatori.
Essendo il Padre comune di tutti
Egli tratta tutti indistintamente
come figli non badando
no all’età né al sesso
né al comportamento
di ciascuno.
E questo lo fa fino a scandalizzare.
La sua giustizia non è retributiva come
quella che è stata
legge irrinunciabile della società degli uomini sempre e in
ogni angolo della terra.
Gesù, che imita in tutto e per tutto
il Padre, non si limita a osservare i fatti
ma partecipa all’angoscia sia di chi si è smarrito sia di chi
soffre per lo smarrimento
perché ha un cuore
aperto verso chiunque appartenga
alla categoria dei miseri e sofferenti
e parla dal cuore al cuore nella gratuita generosità
dell’amore.
Così di fronte a un pastore
che ha smarrito la sua pecora
o a una donna responsabile
di fronte al marito e ai suoi figli del tesoro di casa, Gesù non può fare a meno
di condividere l’angoscia
dell’uno e dell’altra
e non perde tempo a chiedersi se è giusto
o non è giusto intervenire, ma
semplicemente si alza in fretta come
se si tratti di qualcosa
che appartiene anche a lui.
Non ha forse insegnato
ad amare gli altri
come fossero parte di se stesso?
E dunque si ritrova pienamente
nel pastore degno di questo nome
e nella mamma o padrona di casa
responsabile di tutta la famiglia.
In certe situazioni
non si può perdere tempo.
Ci si alza e si agisce
per piangere con chi piange.
Poi arriverà anche la gioia del ritrovamento.
E anche allora si gioirà con chi gioisce
senza farsi domande fuori posto per chissà quali scrupoli
moralistici di decoro
o di galateo.
La pecora smarrita è ritornata all’ovile!
La dracma perduta
è stata ritrovata!
La gioia è così esaltante
che nessuno può tenerla per sé.
Si deve festeggiare
con parenti, amici e conoscenti
e fare festa insieme
con scoppio di fuochi di artificio, con canti,
danze e musica
e nessuno si dovrà sottrarre. Gesù perciò conferma:
“E IO VI DICO: COSI’ SARA’ LA GIOIA
DAVANTI AGLI ANGELI DI DIO
PER UN SOLO PECCATORE
CHE SI SARA’ CONVERTITO”.

Il discepolo cercato

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Lc 14, 25 -33

In quel tempo, una folla numerosa andava da Gesù. Egli si voltò e disse loro: “Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”.
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”.

Parola del Signore

Buongiorno. Questa mattina condividiamo il commento di Padre Innocenzo Gargano, monaco camaldolese e nostro carissimo Amico.

Il discepolo cercato da Gesù
non appartiene alla folla di entusiasti
dell’ultimo momento che salgono
sul carro del vincitore di turno.
Le condizioni poste da Gesù
sono molto alte.
Parla di un amore più grande
di quello che si riserva agli affetti più cari:
Padre, madre, moglie, figli, fratelli, sorelle,
perfino se stessi.
Gesù pretende tutto proprio tutto
e gli esempi che propone
sono chiarissimi.
Si dovranno fare bene i conti da subito:
“COLUI CHE NON PORTA
LA PROPRIA CROCE
E NON VIENE DIETRO A ME
NON PUO’ ESSERE MIO DISCEPOLO”.
Tutta un’altra cosa rispetto agli assetati di proselitismo
che percorrono il mondo intero
per riuscire ad avere un discepolo in più
che faccia parte del proprio gruppo
da contrapporre magari ad altri
e prende oves et boves
senza premettere alcun discernimento.
Gesù richiede invece realismo:
Hai soldi sufficienti
per erigere la tua torre?
Hai soldati a sufficienza
per garantirti la vittoria?
Sennò non dare neppure inizio
alla tua avventura.
Eppure Gesù sa benissimo
che la messe è molta
ma gli operai sono pochi.
E dunque?
L’unica risorsa sicura è la preghiera:
“PREGATE IL PADRE PERCHE’
TROVI LUI GLI OPERAI CHE SERVONO
ALLA SUA MESSE”.
Fidarsi di Dio
è l’unica cosa indispensabile.
Tutto il resto sono calcoli improvvisati
che rischiano la pubblica ironia:
“COSTUI HA INIZIATO A COSTRUIRE,
MA NON E’ STATO CAPACE
DI FINIRE IL LAVORO!”.
Il consiglio di Gesù è perciò quello di pensarci bene:
“SEDENDO PRIMA A CALCOLARE
LA SPESA E A VEDERE SE SI HANNO
I MEZZI PER PORTARE A TERMINE
I PROGETTI SOGNATI”.
Scegliere di andare dietro a Gesù
comporta insomma
essere onesti con se stessi:
Sono disposto
a dare la mia vita per LUI?
“COSI’ CHIUNQUE DI VOI
NON RINUNCERA’
A TUTTI I SUOI AVERI,
COMPRESA LA PROPRIA VITA,
NON PUO’ ESSERE MIO DISCEPOLO”.
Una provocazione
più netta di così?
E chi potrebbe prendere una decisione simile senza una forza che può venire solo da Dio?
Ma Gesù sa che il Padre dona prima la forza e solo dopo chiede di esercitarla. È ciò che Agostino definiva Grazia! E in realtà noi amiamo soltanto perché prima siamo stati inondati d’amore da Lui! E Lui lo ha fatto
a fondo perduto in piena libertà donandoci lo stesso Spirito Santo che ha condotto Lui al CONSUMMATUM EST!

Tutti invitati alla grande festa

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14,15-24
 
In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».

Parola del Signore.

Siamo tutti invitati alla grande festa organizzata dal Signore. Spesso, però, sempre più diffusamente, c’è chi rifiuta l’invito adducendo giustificazioni … un pò come accade, per esempio, la domenica … C’è sempre qualcosa che ci impedisce di andare a Messa, tutti impegnati a fare altro !!! Il Signore insiste, si prende cura, continua ad invitare. Lo fa tutt’ora con forza, dolcezza e insistenza … Non vuole perdere nessuno dei suoi invitati (tutti figli amati). Purtroppo i rifiuti, però, proseguono. Allo stesso modo il Signore non si arrende e non si arrenderà.

Buona giornata

Franca e Vincenzo, oblati camaldolesi ❤️

Gesù invitato dal capo dei farisei

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 14,12-14

In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».

Parola del Signore.

Buongiorno. Anche oggi ringraziamo l’eremita Mirella Muia di Gerace per la condivisione della sua riflessione sul Vangelo del giorno.

“Gesù disse al capo dei farisei che lo aveva invitato: ‘Quando offri un pranzo o un banchetto, non invitare né i tuoi fratelli, né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio”.

Questa parola, che è ancora provocatoria oggi, lo era molto di più in quel tempo, soprattutto perché rivolta a un capo dei farisei…
Gesù sottolinea l’aspetto interessato di chi invita parenti e ricchi vicini, se così facendo spera di ottenerne il contraccambio.
Ma allora perché un capo dei farisei invita questo maestro itinerante, che appare abbastanza sospetto? Sappiamo che è per mettere alla prova la sua fedeltà alle condizioni dettate dalla Legge – ma può anche essere il segno di un’attesa, se pur inconsapevole, di riceverne, ascoltandolo, qualcosa di nuovo…

“Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi, e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti”.

Ora la provocazione è davvero forte, e potrebbe essere intesa come un invito a trascurare quei precetti che richiedono di non entrare in contatto con persone considerate impure, in quanto fisicamente difettose.
Eppure, in tutto il capitolo 14 del vangelo di Luca in cui Gesù si trova a pranzo da questo fariseo, c’è qualcosa che stupisce: è il silenzio di quest’uomo, ammutolito…
E questo può essere il segno più importante dell’impatto delle parole di Gesù su chi lo giudica: perché qualunque sia il sentimento che prova quest’uomo – di disapprovazione, e forse anche di perplessità – egli non trova parole per rispondergli.

Forse proprio la prospettiva della “ricompensa alla risurrezione dei giusti” ha toccato qualcosa nel cuore di questo fariseo – come dovrebbe accadere anche in noi…

Aquila e Priscilla