La fede tra Legge e Liberta’

La reazione dei vicini di Tobi è davvero emblematica, secondo loro Tobi dovrebbe farsi furbo, pensare di più a se stesso* , e non perder tempo a seppellire i morti. Tobi è ancorato alla Legge e questo suscita nella gente il sospetto che la sua osservanza è troppo idealistica e, quindi, con la ricerca di un’ autosoddisfazione quasi egocentrica. Quindi, il seppellire i morti può diventare il segno di una religiosità ancorata al passato, tipica di persone in crisi, preoccupate soltanto di salvare la propria identità attraverso un devozionismo infecondo. Una religione dei morti. Il testo ci presenta per la prima volta la figura di Tobia, un ragazzo che dipende interamente dai voleri del padre. Per il momento la sua figura è passiva.

Spesso la vita ci riserva amare sorprese e la fede viene messa seriamente alla prova* . _Che fare quando tutto quello che rappresenta il fondamento della nostra vita, la ragione della nostra esistenza sembra miseramente crollare? A che serve tanta fede e tanta pratica religiosa di fronte alle disgrazie ? Perché Dio punisce il giusto?_ Tobi dal racconto sembra un uomo solo ed angosciato e molte volte questa solitudine nasce proprio dall’aver cercato di incontrare Dio, dall’aver cercato di mettersi al servizio dei fratelli. Questo tipo di solitudine è molto comune nei credenti. Ma la disgrazia può essere anche il luogo dove è possibile riscoprire la presenza di Dio. L’osservanza rigida di Tobi rischia di trasformarsi in una gabbia di precetti osservati rigidamente che alla fine ne fanno una prigione dalla quale si è incapaci di uscirne. Tobi è bloccato dalla sua stessa osservanza religiosa ed è persino incapace di cogliere il valore di un dono: chiuso nella sua cecità peggiore di quella fisica e sordo agli affetti e alle gioie della vita, per lui tutto è male. _È questo è un rischio dal quale i cristiani di oggi non sono esenti, specialmente quando si illudono di difendere la fede insistendo sulla rigida osservanza di precetti religiosi, a scapito della libertà e del valore delle persone incapaci di cogliere la gioia della vita quotidiana, e si chiudono così, tragicamente, all’amore per gli altri proprio quando affermano di volerlo difendere._ Infatti, l’intervento della moglie: rimproverando il marito, Anna non fa altro che scoprirne i pensieri più profondi e rendere esplicito un interrogativo che mette a nudo la vita di Tobi; tutto ciò che sembra un bene adesso appare un male. Ma nelle parole di Anna c’è una velata accusa a Dio. 🌻

Franca e Vincenzo osb-cam

Libro di Tobia

2.1 Sotto il regno di Assarhaddon ritornai dunque a casa mia e mi fu restituita la compagnia della moglie Anna e del figlio Tobia. Per la nostra festa di pentecoste, cioè la festa delle settimane, avevo fatto preparare un buon pranzo e mi posi a tavola: 2 la tavola era imbandita di molte vivande. Dissi al figlio Tobia: «Figlio mio, va’, e se trovi tra i nostri fratelli deportati a Ninive qualche povero, che sia però di cuore fedele, portalo a pranzo insieme con noi. Io resto ad aspettare che tu ritorni». 3 Tobia uscì in cerca di un povero tra i nostri fratelli. Di ritorno disse: «Padre!». Gli risposi: «Ebbene, figlio mio». «Padre – riprese – uno della nostra gente è stato strangolato e gettato nella piazza, dove ancora si trova». 4 Io allora mi alzai, lasciando intatto il pranzo; tolsi l’uomo dalla piazza e lo posi in una camera in attesa del tramonto del sole, per poterlo seppellire. 5 Ritornai e, lavatomi, presi il pasto con tristezza, 6 ricordando le parole del profeta Amos su Betel:
«Si cambieranno le vostre feste in lutto, tutti i vostri canti in lamento». 7 E piansi. Quando poi calò il sole, andai a scavare una fossa e ve lo seppellii. 8 I miei vicini mi deridevano dicendo: «Non ha più paura! Proprio per questo motivo è già stato ricercato per essere ucciso. È dovuto fuggire ed ora eccolo di nuovo a seppellire i morti». 9 Quella notte, dopo aver seppellito il morto, mi lavai, entrai nel mio cortile e mi addormentai sotto il muro del cortile. Per il caldo che c’era tenevo la faccia scoperta, 10 ignorando che sopra di me, nel muro, stavano dei passeri. Caddero sui miei occhi i loro escrementi ancora caldi, che mi produssero macchie bianche, e dovetti andare dai medici per la cura. Più essi però mi applicavano farmachi, più mi si oscuravano gli occhi per le macchie bianche, finché divenni cieco del tutto. Per quattro anni fui cieco e ne soffersero tutti i miei fratelli. Achikar, nei due anni che precedettero la sua partenza per l’Elimaide, provvide al mio sostentamento.
11 In quel tempo mia moglie Anna lavorava nelle sue stanze a pagamento, 12 tessendo la lana che rimandava poi ai padroni e ricevendone la paga. Ora nel settimo giorno del mese di Distro, quando essa tagliò il pezzo che aveva tessuto e lo mandò ai padroni, essi, oltre la mercede completa, le fecero dono di un capretto per il desinare. 13 Quando il capretto entrò in casa mia, si mise a belare. Chiamai allora mia moglie e le dissi: «Da dove viene questo capretto? Non sarà stato rubato? Restituiscilo ai padroni, poiché non abbiamo il diritto di mangiare cosa alcuna rubata». 14 Ella mi disse: «Mi è stato dato in più del salario». Ma io non le credevo e le ripetevo di restituirlo ai padroni e a causa di ciò arrossivo di lei. Allora per tutta risposta mi disse: «Dove sono le tue elemosine? Dove sono le tue buone opere? Ecco, lo si vede bene dal come sei ridotto!».

 

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