Figli della Luce

I figli della Luce sono i figli dell’Amore, sono coloro che vivono facendo della propria vita un inno al bene. Ma, in questa parabola, sembrano degli ingenui, mentre i figli del mondo sono presentati come dei furbetti che rubando se scoperti sono ancora più scaltri nell’utilizzare parte della ricchezza ingiustamente accumulata per ingraziarsi persone alle quali, in caso di bisogno, si potranno rivolgere per non finire soli e abbandonati. Ebbene questi figli del mondo che sono dei disonesti vengono alla fine anche lodati per il modo con il quale agiscono e per come si sono serviti delle ricchezze accumulate. Questo esempio che Gesù ci propone appare certamente paradossale e, in un certo senso lo è, e, infatti, ne restiamo anche, in parte, spiazzati. In ogni caso siamo chiamati a concentrare la nostra attenzione sui gesti finali del disonesto che pur se utilizza la ricchezza ingiustamente accumulata per proteggere il suo futuro, nelle azioni concrete, è costretto ad aiutare gli altri nella loro condizione di difficoltà. Gesù, insomma, sembra non tenere conto delle ragioni che spingono il disonesto a fare del bene ma pone in evidenzia il positivo del suo agire verso chi ha bisogno. Non è che Gesù giustifica la disonestà anzi la evidenzia come sbagliata ma tiene conto del fatto che anche se la ricchezza proviene da un comportamento non buono il suo utilizzo pratico, in questo caso, ha determinato azioni di bene. Anche rispetto a questo particolare (cioè rispetto allo scopo per il quale il disonesto agisce) il giudizio di Gesù non sembra essere buono anche se gli effetti concreti portano azioni di bene. La furbizia insomma non è proprio da lodare. Meglio restare, se ci si riesce, semplici e appassionati figli dell’Amore che non significa essere dei fessacchiotti (come direbbe Totò) ma significa, invece, vivere da cristiani autentici.

Franca e Vincenzo oblati camaldolesi ❤️

Dal Vangelo secondo Luca
Lc 16,1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai discepoli:
«Un uomo ricco aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. Lo chiamò e gli disse: “Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”.
L’amministratore disse tra sé: “Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa farò perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”.
Chiamò uno per uno i debitori del suo padrone e disse al primo: “Tu quanto devi al mio padrone?”. Quello rispose: “Cento barili d’olio”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta, siediti subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro: “Tu quanto devi?”. Rispose: “Cento misure di grano”. Gli disse: “Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”.
Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce».

Parola del Signore.

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