In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna. Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Parola del Signore.
Oggi siamo chiamati a fare un passo indietro e a fare crescere la nostra Fede. Gesù si offre al mondo e singolarmente ad ognuno come unico pane che da la vita eterna. È un mistero grande che se siamo attenti ci interpella e ci invita ad essere sempre più fortemente legati all’Eucaristia segno vivo di un Dio che si è fatto carne perché ciascuno di noi possa essere come Lui.
Siamo a Bagnara Calabra famosa non solo per il Pesce Spada e perché proprio di qui è partita la famiglia Florio per “conquistare” la Sicilia con il Marsala e le saline. Ma Bagnara Calabra è anche il luogo che accoglie la Cittadella dell’Immacolata dove vive una fraternità di Piccoli Fratelli e Sorelle dell’Immacolata. È una comunità, come scrivono nel loro sito, di fratelli e sorelle consacrati a Dio.
Al cancello d’ingresso ci accoglie sorella Adele …
Sorride, sorride sempre sorella Adele che da sette anni è uno dei circa 50 tra fratelli e sorelle che vivono, come in una famiglia, nella Fraternità. Mentre ci accompagna nei viali e ci racconta di Maria, del miracolo o, meglio, dei miracoli che Maria rende possibile nei cuori e per anime che la cercano esprime gioia. Non è qualcosa di scontato, in questi nostri tempi, incontrare persone come Adele.
“Ogni cosa nel nostro giardino –dice con il coraggio e la forza del credente- ha un senso. Ogni angolo di questi spazi che da oltre 25 anni la Fraternità sta vivendo e traformando è voluto da Lei, Maria“.
Non c’è frase o esperienza che ci offre e ci dona che non hanno al centro l’Immacolata. Non è difficile farsi rapire dalla sete di conoscere e sperimentare questa gioia infinita che le donne e gli uomini di Dio portano nel cuore e sanno trasmettere con una sapienza semplice ed essenziale. Mentre camminiamo alla scoperta della Cittadella
L’ingresso
L’angolo dedicato a San Michele Arcangelo
Facciamo sosta nella Chiesa della Divina misericordia per una preghiera
Uno scorcio del giardino dove ogni angolo evoca passi del Vangelo o santi testimoni.
Il nostro cammino esplorativo prosegue tra i viali, le immagini di Santi, via Crucis e spicchi di cielo azzurro che sembrano illuminare ogni più piccola dettaglio.
L’angolo della Samaritana e il pozzo dal quale davvero spunta uno zampillo di acqua fresca.
Sorella Adele è molto attenta nel suo racconto e ascolta anche qualche nostro feedback… Camminiamo ancora tra i vialetti
Questa è l’area scelta dove sarà costruita la nuova Chiesa capace di ospitare i tanti amici e pellegrini della Fraternità che la portano nel cuore e la sostengono.
Uno sguardo sul Tirreno e oltre
Siamo quasi alla conclusione della visita e ci raggiunge sorella Angiola, romana d’origine e con il volto illuminato da splendidi occhi pieni di luce.
Con Lei, prima di entrare in Chiesa, raggiungiamo un’altro angolo del giardino
Lo spazio piccolo custodisce la devozione al Cuore di Gesù
Ecco ora ci accingiamo ad entrare in Chiesa. Sul presbiterio c’è Gesù e Maria e sul lato destro una reliquia di Padre Massimiliano Kolbe, martire in un lager nazista. Ed è qui che ci svelano l’ultimo particolare della fraternità:
“Il nostro carisma – spiegano nel sito- si ispira a San Massimiliano Maria Kolbe, martire di Auschwitz e “patrono dei nostri difficili tempi” (San Giovanni Paolo II). Dalla sua vita e dalla sua spiritualità attingiamo in modo particolare l’ideale della Cittadella dell’Immacolata: un centro di evangelizzazione interamente consacrato alla Vergine Maria”.
È quasi mezzogiorno ed è l’ora della preghiera della Fraternità. Prima di lasciare sorella Adele e sorella Angiola preghiamo anche noi con loro. Confessiamo che siamo riusciti, insieme, ad instaurare una bella sintonia e armonia. Torneremo da queste parti e certamente torneremo alla Cittadella dell’Immacolata e ricordiamo che il dogma dell’Immacolata fu ispirato a Pio IX a pochi chilometri da casa nostra: la Cappellina d’Oro a Gaeta. Invitiamo la Fraternità a pensare di farci una visita e ci offriamo per accompagnarli.
In quel tempo, disse Gesù alla folla: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».
Parola del Signore.
Per larga parte della vita non ci si pensa. Il ritmo imposto da un mondo concentrato e centrato su se stesso “obbliga” a non pensarci se non in alcuni momenti di noia o paranoia. Ma poi, inesorabile quasi per tutti arriva il momento di cercare di sapere cosa accadrà dopo. Per la verità anche quando si è giovani o adulti e magari si ha una certa sensibilità ci si sofferma a pensare e a meditare. È tutto logico, naturale e normale che questo accada. A questo punto ci chiediamo quale è la risposta sul “nostro” dopo. Esiste una risposta certa secondo criteri scientifici? No, crediamo che la scienza sia uno strumento inappropriato anche se, oggettivamente, qualche traccia dovrebbe indicarla. Comunque sia noi apparteniamo alla schiera (non sappiamo quanto numerosa) di coloro che ritengono per avere la “vita eterna” già da oggi e non domani mattina è necessario ed indispensabile “vedere” il Figlio di Dio. Per essere già, in questo oggi, dentro la “vita eterna” occorre “vedere” il Figlio e credere in Lui. Sembra un gioco da bambini, una costruzione della fantasia. Eppure noi crediamo che la “vita eterna” sia già presente per quanti sensibilmente riescono a “vedere” il Figlio nel quotidiano. Vederlo, infatti, cambia la prospettiva, cambia il modo di pensare, di agire, di essere, … cambia il ritmo del cuore e il battito si fa intenso, partecipato, emozionato. Tutto cambia di aspetto e certe cose della vita appaiono essere solo vuote costruzioni destinate a naufragare non appena la nebbia del mondo si diraderà… Quando cadranno le illusioni, quando riusciremo a vederci, finalmente, nudi allora e solo allora scopriremo la vita eterna … Preghiamo affinché possiamo davvero essere capaci di lasciare ogni illusione del mondo … Facciamolo davvero. È il primo passo per vivere da Risorti..
In quel tempo, la folla disse a Gesù: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal cielo”». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Parola del Signore.
La metafora di cui si avvale Gesù è molto bella e molto efficace. Il pane è certamente nutrimento base per la vita ma è anche corpo di Cristo che vuole donarsi totalmente a ciascuno di noi. E perché questa scelta così misteriosa? L’unica spiegazione logica è che il pane (l’Eucarestia) è cibo che ci è offerto per dare forza e coraggio alla nostra testimonianza. Siamo, infatti, chiamati ad essere, a nostra volta, Vangelo “vivo” trasformando la nostra stessa vita in vita “buona” per portare la buona notizia con la vita … Nutriti dall’Eucarestia (Corpo di Cristo) e dalla Parola siamo, perciò, inviati nel mondo per offrire la novità del Vangelo e cioè per Amare.
Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, vide che c’era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». Gesù rispose loro: «Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
Parola del Signore.
In un mondo sempre più impegnato a perseguire la logica mondana dell’accumulo del denaro, del successo e del potere, Gesù ci invita, come fece con gli Apostoli a darci da fare “non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà”. Il suo era, resta e sarà un invito in totale controtendenza rispetto alla logica nella quale viviamo. C’è poco da fare, Gesù è sempre controvento. Egli non ha paura di porsi su una strada di precarietà, di incertezza, di affidamento alla provvidenza. Mentre il mondo ci invita a cercare le sicurezza economiche Lui ci spinge a vivere la logica dell’Amore che non guarda all’utile, ma persegue una logica “in perdita”. Noi da “viandanti distratti” cerchiamo sempre e per prima cosa di mettere al sicuro la vita cercando “pane e sicurezze”. Eppure dentro di noi, nella parte più profonda del nostro sentire, per quanto il mondo cerca di non farlo emergere, c’è un desiderio di infinito, c’è un vuoto che solo lo Spirito del Signore può riempire. E allora pur continuando a vivere nel mondo siamo invitati a camminare come se già stessimo fuori dal mondo accettando quelle che il mondo giudica perdite e che invece sono un guadagno, accogliendo con pazienza il dolore, la malattia e i tradimenti di uomini capricciosi che credono di essere grandi mentre l’unico Grande è il Signore che tutto vede, tutto conosce e tutto ascolta.
In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla. Quando già era l’alba, Gesù stette sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». Allora egli disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non riuscivano più a tirarla su per la grande quantità di pesci. Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «È il Signore!». Simon Pietro, appena udì che era il Signore, si strinse la veste attorno ai fianchi, perché era svestito, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: non erano infatti lontani da terra se non un centinaio di metri. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parola del Signore.
Gesù chiede ai discepoli di gettare le reti dalla parte destra. Perché? Forse è perché è dalla sua destra che è uscito sangue ed acqua. Allo stesso modo è sempre dalla parte destra del Tempio che il profeta Ezechiele vede scendere un fiume di acqua che risana. Ci sono, quindi, segni e simboli che ci parlano e ci aiutano a capire che è, proprio, restando nelle ferite di Gesù, dove il dolore brucia e il cuore batte forte che possiamo essere testimoni credibili. E chiediamoci anche perché il numero centocinquantre. È San Girolamo a darci una dritta: perché, scrive, centocinquantatre sono le specie di pesci conosciute nell’antichità. Ed infine c’è la rete che non si spezza. Non si spezza perché nonostante le nostre diversità si resta uniti. Con questa Speranza attendiamo l’esito del conclave.
Franca e Vincenzo Eremo di famiglia
Inoltre è possibile anche ascoltare la lectio tenuta presso il Santuario di Sant’Antonio Abate in Roma
In quel tempo, disse Gesù a Tommaso: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò».
Parola del Signore.
Ogni giorno nelle nostre vite si rinnova l’incontro di Filippo con Gesù e ogni giorno Gesù ci ripete: “chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre. E qualunque cosa chiederete nel mio nome, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”.
Credere in Gesù, figlio di Dio e chiedere nel suo nome è strada verso la santità semplice degli uomini semplici che sanno fidarsi e affidarsi.
In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei. Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo». Gli disse allora uno dei discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: «Portate un po’ del pesce che avete preso ora». Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si squarciò. Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano bene che era il Signore. Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede loro, e così pure il pesce. Era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risorto dai morti. Quand’ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse: «Mi vuoi bene?», e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità io ti dico: quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi». Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi».
Parola del Signore.
Tra Amore e Amicizia. Gesù fa tre domande a Pietro che ad un ascolto distratto sembrano uguali mentre in realtà sono tutte diverse. Vediamole:
«Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?».
«Simone, figlio di Giovanni, mi ami?».
«Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?».
Con le prime due Gesù chiede se Pietro lo Ama e nella prima se lo Ama più degli altri. Pietro in entrambi i casi sembra evadere la risposta. Infatti alla prima risponde:
«Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene».
Evita il confronto con gli altri e non parla di Amore. Poi alla seconda Pietro risponde:
«Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene».
E, neanche questa volta Pietro risponde che lo Ama.
Allora Gesù abbassa ancora il livello della sua domanda e non parla più di Amore ma di un generico bene, diciamo per semplificare di Amicizia: “mi vuoi bene?”.
La risposta di Pietro è in linea con le precedenti: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene».
Ecco, il Signore non pretende e non giudica nessuno e cerca sempre un adattamento… Oggi anche noi, come Pietro, siamo chiamati a dare una risposta.
Chi viene dall’alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla secondo la terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti. Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza. Chi ne accetta la testimonianza, conferma che Dio è veritiero. Colui infatti che Dio ha mandato dice le parole di Dio: senza misura egli dà lo Spirito. Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa. Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l’ira di Dio rimane su di lui.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».
Parola del Signore.
Alcuni anni fa siamo stati a Taize nella Comunità di Freré Roger frequentata da migliaia di giovani cristiani provenienti da tutto il mondo . È stata un’esperienza piena di luci, cioè di testimonianze semplici di come la fiducia in un Dio che sta accanto a noi può cambiare la vita e darci un senso. Il vangelo di oggi ci spinge a condividere con voi tutti (che siete tanti) un piccolo passo della regola di Taize… Eccolo:
“Non arrestarti mai, cammina con i tuoi fratelli, corri verso la meta, seguendo le tracce del Cristo. E la sua traccia è un cammino di luce: lo sono, ma anche voi siete la luce del mondo (Cfr. Gv 8,12 e Mt 5,14)… Affinché la luce del Cristo ti penetri, non basta contemplarla come se tu fossi soltanto puro spirito, devi impegnarti decisamente in questo cammino, anima e corpo. Che tu sia in mezzo agli uomini un segno di gioia e di amore fraterno”.
Ecco allora l’invito a non sentirsi mai soli, ad amare i poveri, i diseredati, i genitori, la famiglia, … Amare il prossimo chiunque sia … Raccontare le meraviglia di Dio con le parole e con la vita, non rattristare nessuno, aiutare davvero il prossimo e non lavarsene le mani, non fingere di ascoltare ma avere cura del vero bene dell’altro, restare semplici ed essenziali, accarezzare un fiore e guardare il mondo con gli occhi di un bambino … Allora sapremo essere luce, piccole luci capaci di attraversare la notte fino a raggiungere l’alba della risurrezione.