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Riscaldare il nostro cuore freddo

L’immagine del ” *cuore freddo”* ci ha molto colpito. È una “fotografia” che lascia pensare. Una espressione che nella sua verità disarmante ci denuda e ci espone alla compassione del Signore. Che fare, si chiede papa Francesco. In questo periodo di deserto abbiamo la possibilità di porre rimedio alla aridità e freddezza del nostro cuore. Abbiamo i rimedi della preghiera, dell’elemosina e del digiuno che ci aiutano a dare il valore della concretezza alle parole perché la vita sia piena di opere visibili, autentiche e tangibili. In questo modo riusciremo a *far fiorire il deserto* nel quale viviamo liberando il cuore dal gelo e riscaldando la vita per *offrire abbracci veri a persone vere* . Questo è il miracolo che la nostra quaresima attende di vedere. Papa Francesco è molto esplicito e concreto. Fa proposte operative alle persone e alla Chiesa. Chiede l’esercizio della condivisione e lancia *l’appello a farci Provvidenza.* Papa Francesco lancia un appello dentro e fuori la Chiesa per un digiuno solidale e dimostrare che alle parole siamo anche capaci di far seguire i fatti che sono i fiori da coltivare in questo arido deserto per farne un giardino. Una *bella sfida.* Buona quaresima. 🌈🤗💫

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
FRANCESCO
PER LA QUARESIMA 2018

 

«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)

 

Cari fratelli e sorelle,

ancora una volta ci viene incontro la Pasqua del Signore! Per prepararci ad essa la Provvidenza di Dio ci offre ogni anno la Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione»,[1] che annuncia e realizza la possibilità di tornare al Signore con tutto il cuore e con tutta la vita.

Anche quest’anno, con il presente messaggio, desidero aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia; e lo faccio lasciandomi ispirare da un’espressione di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà» (24,12).

Questa frase si trova nel discorso che riguarda la fine dei tempi e che è ambientato a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, proprio dove avrà inizio la passione del Signore. Rispondendo a una domanda dei discepoli, Gesù annuncia una grande tribolazione e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo.

I falsi profeti

Ascoltiamo questo brano e chiediamoci: quali forme assumono i falsi profeti?

Essi sono come “incantatori di serpenti”, ossia approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro. Quanti figli di Dio sono suggestionati dalle lusinghe del piacere di pochi istanti, che viene scambiato per felicità! Quanti uomini e donne vivono come incantati dall’illusione del denaro, che li rende in realtà schiavi del profitto o di interessi meschini! Quanti vivono pensando di bastare a sé stessi e cadono preda della solitudine!

Altri falsi profeti sono quei “ciarlatani” che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, rimedi che si rivelano però completamente inefficaci: a quanti giovani è offerto il falso rimedio della droga, di relazioni “usa e getta”, di guadagni facili ma disonesti! Quanti ancora sono irretiti in una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso! Questi truffatori, che offrono cose senza valore, tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare. E’ l’inganno della vanità, che ci porta a fare la figura dei pavoni… per cadere poi nel ridicolo; e dal ridicolo non si torna indietro. Non fa meraviglia: da sempre il demonio, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), presenta il male come bene e il falso come vero, per confondere il cuore dell’uomo. Ognuno di noi, perciò, è chiamato a discernere nel suo cuore ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti. Occorre imparare a non fermarsi a livello immediato, superficiale, ma riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona e più duratura, perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene.

Un cuore freddo

Dante Alighieri, nella sua descrizione dell’inferno, immagina il diavolo seduto su un trono di ghiaccio;[2] egli abita nel gelo dell’amore soffocato. Chiediamoci allora: come si raffredda in noi la carità? Quali sono i segnali che ci indicano che in noi l’amore rischia di spegnersi?

Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro, «radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10); ad essa segue il rifiuto di Dio e dunque di trovare consolazione in Lui, preferendo la nostra desolazione al conforto della sua Parola e dei Sacramenti.[3] Tutto ciò si tramuta in violenza che si volge contro coloro che sono ritenuti una minaccia alle nostre “certezze”: il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese.

Anche il creato è testimone silenzioso di questo raffreddamento della carità: la terra è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse; i mari, anch’essi inquinati, devono purtroppo ricoprire i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate; i cieli – che nel disegno di Dio cantano la sua gloria – sono solcati da macchine che fanno piovere strumenti di morte.

L’amore si raffredda anche nelle nostre comunità: nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho cercato di descrivere i segni più evidenti di questa mancanza di amore. Essi sono: l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide, la mentalità mondana che induce ad occuparsi solo di ciò che è apparente, riducendo in tal modo l’ardore missionario.[4]

Cosa fare?

Se vediamo nel nostro intimo e attorno a noi i segnali appena descritti, ecco che la Chiesa, nostra madre e maestra, assieme alla medicina, a volte amara, della verità, ci offre in questo tempo di Quaresima il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno.

Dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi,[5] per cercare finalmente la consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita.

L’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello: ciò che ho non è mai solo mio. Come vorrei che l’elemosina si tramutasse per tutti in un vero e proprio stile di vita! Come vorrei che, in quanto cristiani, seguissimo l’esempio degli Apostoli e vedessimo nella possibilità di condividere con gli altri i nostri beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa. A questo proposito faccio mia l’esortazione di san Paolo, quando invitava i Corinti alla colletta per la comunità di Gerusalemme: «Si tratta di cosa vantaggiosa per voi» (2 Cor 8,10). Questo vale in modo speciale nella Quaresima, durante la quale molti organismi raccolgono collette a favore di Chiese e popolazioni in difficoltà. Ma come vorrei che anche nei nostri rapporti quotidiani, davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, noi pensassimo che lì c’è un appello della divina Provvidenza: ogni elemosina è un’occasione per prendere parte alla Provvidenza di Dio verso i suoi figli; e se Egli oggi si serve di me per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità, Lui che non si lascia vincere in generosità?[6]

Il digiuno, infine, toglie forza alla nostra violenza, ci disarma, e costituisce un’importante occasione di crescita. Da una parte, ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario e conoscono i morsi quotidiani dalla fame; dall’altra, esprime la condizione del nostro spirito, affamato di bontà e assetato della vita di Dio. Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo, ridesta la volontà di obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame.

Vorrei che la mia voce giungesse al di là dei confini della Chiesa Cattolica, per raggiungere tutti voi, uomini e donne di buona volontà, aperti all’ascolto di Dio. Se come noi siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo, se vi preoccupa il gelo che paralizza i cuori e le azioni, se vedete venire meno il senso di comune umanità, unitevi a noi per invocare insieme Dio, per digiunare insieme e insieme a noi donare quanto potete per aiutare i fratelli!

Il fuoco della Pasqua

Invito soprattutto i membri della Chiesa a intraprendere con zelo il cammino della Quaresima, sorretti dall’elemosina, dal digiuno e dalla preghiera. Se a volte la carità sembra spegnersi in tanti cuori, essa non lo è nel cuore di Dio! Egli ci dona sempre nuove occasioni affinché possiamo ricominciare ad amare.

Una occasione propizia sarà anche quest’anno l’iniziativa “24 ore per il Signore”, che invita a celebrare il Sacramento della Riconciliazione in un contesto di adorazione eucaristica. Nel 2018 essa si svolgerà venerdì 9 e sabato 10 marzo, ispirandosi alle parole del Salmo 130,4: «Presso di te è il perdono». In ogni diocesi, almeno una chiesa rimarrà aperta per 24 ore consecutive, offrendo la possibilità della preghiera di adorazione e della Confessione sacramentale.

Nella notte di Pasqua rivivremo il suggestivo rito dell’accensione del cero pasquale: attinta dal “fuoco nuovo”, la luce a poco a poco scaccerà il buio e rischiarerà l’assemblea liturgica. «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito»,[7]affinché tutti possiamo rivivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus: ascoltare la parola del Signore e nutrirci del Pane eucaristico consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità.

Vi benedico di cuore e prego per voi. Non dimenticatevi di pregare per me.

Dal Vaticano, 1 novembre 2017
Solennità di Tutti i Santi

Francesco

[1] Messale Romano, I Dom. di Quaresima, Orazione Colletta.

[2] «Lo ’mperador del doloroso regno / da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia» (Inferno XXXIV, 28-29).

[3] «E’ curioso, ma tante volte abbiamo paura della consolazione, di essere consolati. Anzi, ci sentiamo più sicuri nella tristezza e nella desolazione. Sapete perché? Perché nella tristezza ci sentiamo quasi protagonisti. Invece nella consolazione è lo Spirito Santo il protagonista» (Angelus, 7 dicembre 2014).

[4] Nn. 76-109.

[5] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Spe salvi,33.

[6] Cfr Pio XII, Lett. Enc. Fidei donum, III.

[7] Messale Romano, Veglia Pasquale, Lucernario.

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

Il potere di perdonare

Alleluia, alleluia.
Un grande profeta è sorto tra noi, e Dio ha visitato il suo popolo.  Alleluia

Essere guariti dentro; sentire l’effetto del perdono libero, gratuito, generale è il frutto dell’Amore di un Padre che vuole bene e che sempre ci aspetta a braccia aperte.

Il Padre vero perdona e perdona sempre. Gesù ha affidato questo servizio agli Apostoli (ai sacerdoti) che sempre accolgono, ascoltano, perdonano e accompagnano. Queste sono le meraviglie di Dio.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Dal Vangelo secondo Marco

Gesù entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.
Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».
Erano seduti là alcuni scribi e pensavano in cuor loro: «Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non Dio solo?». E subito Gesù, conoscendo nel suo spirito che così pensavano tra sé, disse loro: «Perché pensate queste cose nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire al paralitico “Ti sono perdonati i peccati”, oppure dire “Àlzati, prendi la tua barella e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua».
Quello si alzò e subito prese la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: «Non abbiamo mai visto nulla di simile!».

Parola del Signore

Il prodigio di un incontro

Farisei e maestri della Legge
non ci stanno …
non riescono a capire.

Accecati dall’invidia,
contestano Gesù
che continua a guarire,
che perdona i peccati,
che ridona la vista ai ciechi,
che risana le ferite del corpo
e dello spirito.

Stupore,
meraviglia,
prodigi mai visti.

La fede cambia la vita
e la cambia in profondità,
nessuna offesa ci tocca,
nessuna calunnia ci abbatte,
nessuna accusa lo è più…

Il Signore,
il Signore è più grande …
più grande delle miserie umane.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

 

 

Lc 5,17-26
Oggi abbiamo visto cose prodigiose.

Dal Vangelo secondo Luca

Un giorno Gesù stava insegnando. Sedevano là anche dei farisei e maestri della Legge, venuti da ogni villaggio della Galilea e della Giudea, e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.
Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo entrare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, salirono sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza.
Vedendo la loro fede, disse: «Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati». Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere, dicendo: «Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?».
Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: «Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdonati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammina”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi il tuo lettuccio e torna a casa tua». Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio.
Tutti furono colti da stupore e davano gloria a Dio; pieni di timore dicevano: «Oggi abbiamo visto cose prodigiose».

Parola del Signore

Dio e’ fedele e ti benedice

Riponi la tua fiducia in Dio,
e se diffamato,
continua a restare fedele.

Trova in Dio forza e coraggio
per attraversare la notte.

Resta sereno e,
seppur nella difficoltà,
conserva la calma,
dona il perdono e prega.

Confida in Dio,
il suo aiuto non mancherà e
I tuoi nemici saranno umiliati.

Dio è fedele e ti benedice.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Salmo 3

Signore, quanti sono i miei avversari!
Molti contro di me insorgono.

Molti dicono della mia vita:
“Per lui non c’è salvezza in Dio!”.

Ma tu sei mio scudo, Signore,
sei la mia gloria e tieni alta la mia testa.

A gran voce grido al Signore
ed egli mi risponde dalla sua santa montagna.

Io mi corico, mi addormento e mi risveglio:
il Signore mi sostiene.

Non temo la folla numerosa
che intorno a me si è accampata.

Sorgi, Signore! Salvami, Dio mio!
Tu hai colpito alla mascella tutti i miei nemici,
hai spezzato i denti dei malvagi.

La salvezza viene dal Signore:
sul tuo popolo la tua benedizione.

 

Il perdono non e’ un cammino facile

Uno degli ultimi profeti del Primo Testamento ci offre questa profezia enigmatica che ha influenzato gli scrittori del Secondo Testamento nella loro riflessione su Gesù e il significato della croce.

Un personaggio misterioso è stato messo a morte. È paragonato a un “figlio unico”, a un “primogenito”. Ancora più sorprendente, si confonde con Dio stesso fino ad indentificarsi con lui, dal momento che la traduzione letterale dall’ebraico, seguita in italiano, è “… guarderanno a me, colui che hanno trafitto”. In seguito a questa violenza, che è anche una profanazione del paese (il verbo “trafiggere” in ebraico evoca anche la nozione di “contaminare”), Dio manda il suo Spirito sugli anziani e su quelli ad essi associati, ciò porta alla conversione. I colpevoli guarderanno in faccia il male che hanno commesso ed entreranno in un processo di lutto, espressione del pentimento.

Questo dolore si concretizza in una cerimonia la cui qualità liturgica è espressa dalla sua struttura: ogni clan separatamente, uomini e donne separati … Risultato: una sorgente sgorga per purificare quelli che in precedenza erano impantanati nella colpa e nel rifiuto della Sorgente della loro esistenza.

I tentativi d’identificare questo Trafitto non sono mancati, ma nessuna figura storica sembra fare il caso. Il paragone più vicino è il misterioso Servo del Secondo Isaia: anche lui è stato trafitto/profanato (Isaia 53,5) e la sua sofferenza e la sua morte provoca, a posteriori, un cambiamento del modo di vedere da parte di coloro che, in precedenza, lo deridevano. Pertanto, essi capiscono che questo infortunato era dalla parte di Dio, nonostante il suo aspetto pietoso.

In realtà, l’unico personaggio storico che corrisponde a questo ritratto è proprio Gesù, anche se arriverà sulla scena solo qualche secolo più tardi. L’Apocalisse (1,7) evoca la profezia di Zaccaria parlando della manifestazione di Cristo nella gloria, quando la sua vera identità viene rivelata. E nel suo Vangelo (19,37), Giovanni l’utilizzata al momento della morte di Gesù: innalzato sulla croce, visibile a tutti, la sua identità può essere percepita da coloro che hanno gli occhi per vedere, occhi illuminati dalla fede.

Questa parola del profeta è una profonda riflessione sul perdono divino. Questo perdono è sempre offerto, anche dopo i crimini più abominevoli, ma passa inevitabilmente attraverso la contemplazione di Colui che assume tali trasgressioni annegandole nella misericordia di Dio. Guardare in faccia le vittime della nostra mancanza di amore per vedere quello che abbiamo fatto è un primo passo sulla via della guarigione. Tuttavia, bisogna fare un ulteriore passo: discernere nella Vittima per eccellenza colui che risponde all’odio con l’amore e che offre sempre un nuovo inizio. Dio non è né colui che giustifica i nostri rifiuti né colui che punisce le nostre mancanze, ma colui che si identifica con le vittime dell’ingiustizia assimilandole al suo Figlio. Contemplare in Gesù l’Amore beffeggiato che continua ad amare fa sciogliere i nostri cuori induriti e permette che possa scaturire una sorgente di perdono per trasformarci da cima a fondo.

Comunità di Taize

Per riflettere

- “Il perdono non è un percorso facile”. Il testo di Zaccaria come illustra questa affermazione? Come descriverei il cammino del perdono indicato qui?

- Concretamente, come contempliamo Colui che abbiamo trafitto e quali sono le conseguenze nella nostra esistenza?

- Che cosa ci permette di guardare in faccia le vittime delle nostre società e confessare la nostra complicità al loro stato d’oppressione?

Zaccaria 12 ,10—13 ,1: Contemplare la Vittima
Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come si fa il lutto per un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito. In quel giorno grande sarà il lamento a Gerusalemme, simile al lamento di Adad-Rimmon nella pianura di Meghiddo. Farà lutto il paese, famiglia per famiglia: la famiglia della casa di Davide a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Natan a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Levi a parte e le loro donne a parte; la famiglia della casa di Simei a parte e le loro donne a parte; tutte le altre famiglie a parte e le loro donne a parte. In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità. (Zaccaria 12,10–13,1)

Oltre ogni orizzonte c’e’ Dio

Oltre le nuvole c’è il sole,
Oltre ogni confine c’è altro da scoprire,
Oltre ciò che siamo c’e ciò che possiamo,
Oltre la Legge c’è l’amore.

Oltre ogni silenzio c’è un fiume di parole,
Oltre il male c’è il bene,
Oltre l’urlo rabbioso c’è una carezza,
Oltre il presente c’è un futuro.

Oltre il reale c’è l’immaginazione,
Oltre il deserto c’è un prato verde,
Oltre la superbia c’è l’umiltà,
Oltre ogni lacrima c’è un sorriso.

Oltre la malattia c’è la guarigione,
Oltre la condanna c’è il perdono,
Oltre la morte c’è la salvezza,
Oltre la pena c’è la misericordia.

Oltre c’è sempre qualcosa che vale la pena scoprire e in questo oltre troviamo Dio.

Franca e Vincenzo osb-cam

Vangelo secondo Luca

Un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Ed ecco, davanti a lui vi era un uomo malato di idropisìa.
Rivolgendosi ai dottori della Legge e ai farisei, Gesù disse: «È lecito o no guarire di sabato?». Ma essi tacquero. Egli lo prese per mano, lo guarì e lo congedò.
Poi disse loro: «Chi di voi, se un figlio o un bue gli cade nel pozzo, non lo tirerà fuori subito in giorno di sabato?». E non potevano rispondere nulla a queste parole.

Parola del Signore

Domare l’ira, la rabbia e la delusione

Certe ferite scavano solchi così profondi che segnano la memoria in maniera indelebile eppure è proprio in queste situazioni che si comprende che l’unica via possibile per la guarigione passa attraverso la consapevoleza del male subito. È da questa presa di coscienza che può partire davvero un cammino di guarigione che ci allontana piano piano dal male subito facendo crescere dentro di noi l’amore.

Quando riceviamo il male da una persona a cui siamo legati il dolore e la ferita sono ancora più profondi e fanno ancor più male. Così è accaduto a Dio tradito dal suo popolo. Ma come ha reagito Dio? La Bibbia ci mostra che nonostante l’ira, la delusione e la rabbia Dio perdona. Dare il perdono a chi ci ha tradito e ci ha offeso è  davvero  la via migliore per abbattere l’ira e far crescere l’amore. Si tratta di perdonare ogni male superando ogni desiderio di vendetta. Questo è l’unico modo che conosciamo per conquistare la pace nel cuore. Gesù si comporta cosi con i suoi aguzzini che, dopo un processo farsa, lo  crocifiggono  procurandoli una lunga agonia. La sua è stata una morte lenta, dolorosa e, peggio ancora, avvenuta nella indifferenza dei più e tra lo scherno dei suoi detrattori. Nonostante ciò, Gesù, prima di muorire invoca il perdono per i suoi assassini.

La croce, quindi, è via della salvezza, luogo che trasforma  l’odio in perdono.

Dopo, solo dopo, saremo capaci di vivere una vita secondo Cristo. Il resto è il nulla solo miserie umane vestite di odio e di rancori; solo azioni prive di  una reale ragione. Il perdono, infatti, dona pace e vita.

Questa è la via percorsa da Gesù e questa è la via che noi, chiamati ad imitarlo, siamo invitati ad esplorare.

Franca e Vincenzo osb-cam

E Gesù disse loro:

«Quando pregate, dite:
Padre,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno;
dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano,
e perdona a noi i nostri peccati,
anche noi infatti perdoniamo a ogni nostro debitore,
e non abbandonarci alla tentazione».

Ed ora inizia a camminare…

 

 

Oltre ogni colpa … Il perdono

San Benedetto esige una riparazione pubblica per quegli “sbagli commessi per negligenza”, ma non dice in che cosa essa consista; probabilmente in una prostrazione a terra. Ancor oggi nei monasteri si conserva l’uso di questo atto di umilta` per gli errori durante l’Ufficio: si porta la mano al petto o si genuflette al proprio posto… Sono, oltre che espressioni di umilta`, atti di riverenza verso la santita` di Dio. Chi non voleva sottoporsi a questa umiliazione e riparazione veniva punito piu` severamente, a giudizio dell’abate (forse con la soddisfazione degli scomunicati).

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Tentativi di recupero dei monaci ribelli

Leggendo il capitolo 28 c’è il forte rischio di concentrare l’attenzione solo sull’aspetto delle pene corporali ma se guardiamo con maggiore attenzione possiamo notare che la ragione vera è il recupero del monaco, la sua salvezza e, anche, la salvezza degli altri che vivono nel monastero.

C’è poi il capitolo 29 nel quale la logica è sempre la stessa, il recupero del monaco che ha la possibilità per ben tre volte di essere riammesso. Solo dopo quest’ultima riammissione se fallita quel monaco non potrà più rientrare. San Basilio proibiva anche la riammissione solo di passaggio.

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Colpe gravi tra scomuniche e pene corporali

Le pene corporali non erano novita` propria di San Benddetto: basta confrontare le Regole di Pacomio, Macario, le Vitae Patrum, Cassiano e in occidente la Regola di Cesario e la Regola Monastica In questo, come detto sopra, San Benedetto e` molto severo; ma non pare giustificata l’immagine trasmessa da qualche pittore di un San Benedetto con un fascio di verghe in mano, quasi stesse sempre a frustare. Potrebbe interpretarsi di un santo che mortifica se stesso con la “disciplina”: concezione facile specialmente dopo S.Pier Damiano; oppure il fascetto di verghe potrebbe rappresentare uno strumento per la sveglia, un qualcosa di simile alla nostra “traccola” (cf. quanto detto alla fine del c.47). Del resto, la discrezione di San Benedetto anche in questo appare manifesta, se si pensa alle terribili disposizioni penitenziari di San Colombano.

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