Bianchi: La preghiera e’ ascolto

Ecco a cosa servono i salmi. A curvare l’ anima al silenzio. «A chiedere che in noi parli lo Spirito, l’ unica vera invocazione verbale che abbia senso». Ma occorre saper coltivare pause in ritmi oggi troppo concitati. «La fretta è la malattia più diffusa in chi arriva fin qui», spiega Bianchi, gli occhi azzurri che si fanno fessure mentre cerca le parole. «Eppure dire “non ho tempo per pregare” è fare professione di idolatria». Perché anche il tempo, come il resto, non ci appartiene. Ci è dato.Pregare è poi chiedere. Con tenacia. «Incessantemente, senza stancarsi, come dice san Paolo». A patto che chiedere non sia invocare il miracolo. «Perché oggi oscilliamo tra la richiesta di un segno ad ogni costo e la sfiducia che la richiesta possa essere esaudita. Siamo divisi tra pretendere tutto e attendersi nulla». All’ origine di questo pendolo tra illusione e disincanto è una fede oggi cucita sempre più “su misura”, individualistica: un po’ di meditazione orientale, di yoga, perfino un pizzico di islam. Ne esce un vestito che calza in modo maldestro.«Succede perché si fatica a confrontarsi con quello che a volte scambiamo per silenzio di Dio, ma è solo la nostra stanchezza. Anche quella può e deve essere offerta. Certe sere, dopo ore sature di impegni, accade anche a me, nella mia cella in mezzo al bosco, di non avere altro da dire: accoglimi così, con la mia stanchezza».

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