La proprieta’, nel monastero e’ un vizio

Uno dei capitoli piu` duri della Regola, una pagina energica, radicale, in cui San Benedetto porta a conseguenze estreme l’insegnamento di Cassiano: il monaco non deve possedere nulla di proprio, ed e` in totale dipendenza dalla volonta` dell’abate. … Gia` la tradizione monastica anteriore riconosceva concordemente la poverta` come elemento essenziale dello stato monastico; e la condanna della proprieta` privata e` uno dei temi piu` comuni nelle Regole monastiche e nei trattati di spiritualita`: cosi` Pcomio, Basilio, Agostino, Cassiano. Pero` le espressioni cosi` forti di San Benedetto hanno un parallelo solo in alcune frasi virulente di S.Girolamo. Commentando questo capitolo della Regola, non e` male interrogarci, noi monaci del XX secolo, sullo spirito di distacco e di poverta`. Ricordiamoci che la vocazione di Antonio il Grande comincio` con la pratica letterale delle parole di Gesu`: “Va, vendi quello che hai…” (Mt.19m21); ricordiamoci che una delle note qualificanti del monachesimo era lo spogliamento totale, per vivere nella semplicita` e nel distacco piu` assoluto; pensiamo che ancora oggi per il monachesimo hindu e buddhista farsi monaci significa spogliarsi veramente di tutto, non avere assolutamente nulla.

  1. Nel monastero questo vizio dev’essere assolutamente stroncato fin dalle radici,
  2. sicché nessuna si azzardi a dare o ricevere qualche cosa senza il permesso dell’abate,
  3. né pensi di avere nulla di proprio, assolutamente nulla, né un libro, né un quaderno o un foglio di carta e neppure una matita,
  4. dal momento che ai monaci non è più concesso di disporre liberamente neanche del proprio corpo e della propria volontà,
  5. ma bisogna sperare tutto il necessario dal padre del monastero e non si può tenere presso di sé alcuna cosa che l’abate che l’abate non abbia dato o permesso.
  6. “Tutto sia comune a tutti”, come dice la Scrittura, e “nessuno dica o consideri propria qualsiasi cosa”.
  7. Se poi si scoprisse qualcuno che si compiace in questo pessimo vizio, bisognerà rimproverarlo una prima e una seconda volta
  8. e, nel caso che non si corregga, infliggergli il dovuto castigo.

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