L’organizzazione del cenobio prevista da San Benedetto e` quella di tipo pacomiano con i decani: in seguito San Benedetto si sara` dovuto adattare alla tradizione forse piu` corrente nell’ambiente italiano; ma e` chiaro che lo fa di malavoglia, costretto dalle circostanze e scrive questa pagina che irrompe nella Regola violenta e inaspettata, subito dopo il c.64 sull’elezione dell’abate, cosi` carico di umanita` e di delicatezza. La comunita` e` gia` stata organizzata in decanie; il nome stesso di preposito appare solo di sfuggita in 21,7 – che e` chiaramente un’aggiunta – e in 62,7 (anche qui pare un’aggiunta). Invece ora dedica al preposito un capitolo intero abbastanza lungo.
- Accade spesso che la nomina del priore dia origine a gravi scandali,
- perché alcuni, gonfiati da un maligno spirito di superbia e convinti di essere altrettanti abati, si attribuiscono indebitamente un potere assoluto, fomentando litigi, creando divisioni nelle comunità,
- specialmente in quei monasteri nei quali il priore viene nominato dallo stesso vescovo o dagli stessi abati a cui spetta l’elezione dell’abate.
- E’ facile rendersi conto dell’assurdità di una simile procedura, con cui si dà motivo al priore di insuperbirsi fin dal primo momento della sua nomina,
- perché la considerazione di questo stato di cose può insinuare in lui l’idea di non essere più soggetto all’autorità dell’abate.
- “Tu pure – dirà a se stesso – sei stato nominato da quelli che hanno eletto l’abate”.
- Di qui nascono invidie, liti, maldicenze, rivalità, divisioni e disordini di ogni genere,
- per cui, mentre l’abate e il priore sono in disaccordo, le loro anime vengono necessariamente a trovarsi in pericolo a motivo di questo contrasto
- e i loro sudditi, parteggiando per l’uno o per l’altro, vanno in perdizione.
- La responsabilità di questa perniciosa situazione ricade principalmente sugli autori di tanto disordine.
- Quindi, per la tutela della pace e della carità ci è sembrato necessario far dipendere l’ordinamento del monastero unicamente dalla volontà del suo abate.
- E, se è possibile, tutte le attività del monastero siano regolate – come abbiamo già stabilito in precedenza – per mezzo di decani, secondo quanto disporrà l’abate,
- in modo che, ripartendo l’autorità fra varie persone, non si dia motivo a uno solo di insuperbirsi.
- Ma se le condizioni locali lo esigono o la comunità lo chiede umilmente e con ragioni fondate e l’abate lo giudica opportuno,
- nomini egli stesso priore quel monaco che avrà scelto con il consiglio di fratelli timorati di Dio.
- Il priore, da parte sua, esegua con reverenza gli ordini del suo abate e non faccia nulla contro la volontà o le disposizioni di lui,
- perché quanto più è stato elevato al di sopra degli altri, tanto maggior impegno deve dimostrare nell’osservanza delle prescrizioni della Regola.
- Se poi questo priore si rivelerà pieno di difetti o, lusingato dalla vanità, monterà in superbia o darà prova manifesta di disprezzare la santa Regola, sia ammonito a voce per quattro volte,
- ma, nel caso che non si corregga, si prenda nei suoi confronti il provvedimento disciplinare previsto dalla Regola.
- Se neppure così si ravvederà, sia deposto dalla carica di priore e sostituito da un altro che ne sia degno.
- E se in seguito non intenderà starsene quieto e sottomesso in comunità, sia addirittura espulso dal monastero.
- Ma l’abate, da parte sua, si ricordi sempre che un giorno dovrà rendere conto a Dio di tutte le sue decisioni, per evitare che la fiamma dell’invidia e della gelosia gli divori l’anima