Ci attende in montagna

Sul monte con Gesù c’è una grande folla di persone e queste gli portano “zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati”. Gesù li guarisce tutti. Allo stesso modo è pronto a guarirci dai mali che ci affliggono siano essi fisici o di altra natura. Gesù si prende cura dei nostri bisogni e ci aiuta a ritrovare la via che abbiamo smarrito ma noi dobbiamo esser pronti a salire con Lui sulla montagna e a chiedere la guarigione. Gesù, infatti, si appassiona all’uomo, da la sua vita per noi e con pazienza sa attendere fino a quando non decidiamo di cambiare vita. Gesù ci attende e non spera altro che noi decidiamo di cambiare vita, ci attende fino all’ultimo, fino al giorno finale nel quale lo incontreremo faccia a faccia. La nostra guarigione dipende, infatti dalla disponibilità con la quale siamo disposti a riconoscere le nostre malattie. Egli ci attende sempre ma senza la nostra disponibilità personale a cambiare la nostra vita nemmeno Lui può fare niente.

Se, però, riusciamo a compiere l’atto di riconoscerci malati e bisognevole di aiuto Egli saprà come donarci la guarigione e una gioia senza fine. Ma siamo consapevoli dei nostri sbagli? Quali sono le nostre priorità? La famiglia, i figli, la loro sicurezza? Di fronte ad una situazione di pericolo come mi comporto? Cosa mi impegno a salvare? Da cosa devo guarire?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, lì si fermò. Attorno a lui si radunò molta folla, recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì, tanto che la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E lodava il Dio d’Israele.
Allora Gesù chiamò a sé i suoi discepoli e disse: «Sento compassione per la folla. Ormai da tre giorni stanno con me e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non vengano meno lungo il cammino». E i discepoli gli dissero: «Come possiamo trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?».
Gesù domandò loro: «Quanti pani avete?». Dissero: «Sette, e pochi pesciolini». Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra, prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò e li dava ai discepoli, e i discepoli alla folla.
Tutti mangiarono a sazietà. Portarono via i pezzi avanzati: sette sporte piene.

   Parola del Signore

I piccoli

I “piccoli” sono le persone che ricevono la rivelazione, sono le persone capaci di vedere il buono e il bello che Dio ha deciso di far conoscere in Gesù.

Noi vogliamo essere grandi, ricchi, potenti … colti, sapienti e, se possibile, importanti e degni di essere riveriti. Gesù, invece, sceglie i piccoli, le persone semplici, quelle che, con innocenza, si affidano mettendosi nelle mani e nella volontà di Dio.

Gesù, con meraviglia generale sceglie i piccoli ai quali svela i segreti del Regno e dei quali si fa compagno di viaggio.

Essere piccoli, perciò, significa godere della bellezza di Dio, essere persone capaci di essere gioiose e felici di ciò che si è e di ciò che si ha.

Essere piccoli è lo speciale che Dio-Padre esalta, è la porta per entrare nella piena conoscenza del mistero ed essere davvero profondamente e veramente felici.

Piccoli, felici, semplici, sobri e pieni di gioia è lo straordinario di Dio che ci permette di essere scelti per accogliere la bellezza del Regno di Dio.

I piccoli non sono gelosi, non sono invidiosi e sono capaci di gesti generosi, di donare tutto ciò che hanno e di accogliere e riconosce la bellezza pacificamente del Regno di Dio, già pienamente presente nel quotidiano.

I piccoli sono generosi, teneri e pieni di parole buone che donano con generosità.

Dio-Padre aiutaci ad essere piccoli, semplici e ad accontentarci delle tante cose che abbiamo e delle quali non ci accorgiamo.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Luca

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo».
E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

   Parola del Signore

Gesù guarisce

“Non sono degno che tu entri sotto il mio tetto”. Riconoscersi “non degno” di ricevere Gesù è il primo segnale della nostra fede. Questo riconoscimento della propria condizione è la dimostrazione che ci siamo avviati sulla strada della salvezza. A questa condizione di base si aggiunge la forza di chiedere una Grazia. Il centurione del Vangelo chiede, infatti, un intervento di Gesù ma, attenzione, non chiede per se stesso, chiede a Gesù di guarire il suo servo che è a letto, paralizzato e che soffre terribilmente. Questa richiesta del centurione che non chiede per se stesso ma per un suo “servo” richiama l’attenzione di Gesù che si meraviglia sia per l’umiltà dimostrata da quel pagano sia per la fede che quest’uomo dimostra e commenta: “non ho trovato nessuno con una fede così grande!”.

Quante volte noi in maniera spontanea di fronte alle difficoltà della vita ci rivolgiamo a Gesù chiedendo il suo intervento per sollevarci dalla nostra croce e, magari, se nulla accade ci arrabbiano e aggiungiamo : “che male ho fatto per meritarmi tutto questo?”. Chi di noi, invece, con umiltà, sa riconoscersi non meritevole di ricevere attenzione? Chi di noi è capace di chiedere a Gesù il dono di una Grazia non per se stesso ma per gli altri?

Oggi, facciamoci queste due semplici domande e, se poi vogliamo, preghiamo il Signore perché intervenga nelle situazioni di bisogno fisico e di vita di qualche persona della quale conosciamo la condizione. È un bell’esercizio che ci aiuta a riflettere sulla nostra vita e a vivere la necessità della continua conversione.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, entrato Gesù in Cafàrnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava e diceva: «Signore, il mio servo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmente». Gli disse: «Verrò e lo guarirò».

Ma il centurione rispose: «Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalterno, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa».
Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: «In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande! Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli».

   Parola del Signore

Dio viene

Siamo in attesa, meravigliosa attesa del Dio bambino, del Dio che dona consolazione e vita. Ma dove “viene Dio”. Dio viene nel quotidiano, viene nell’ordinario dei nostri giorni. Egli chiede di essere riconosciuto e di essere accolto. Viene nelle piccole cose e in questa realtà semplice egli dona la sua misericordia. La vita di tutti i giorni, vissuta con attenzione ai fatti, con disponibilità all’ascolto è capace di mostrare il volto del Signore. In questo quotidiano desideriamo pregare con te affinché il Signore ci permetterà di accogliere il mistero di Dio nelle cose semplici, piccole, … nella nostra storia di famiglia, nell’incontro con le persone che Gesù ci mette davanti … Grazie a te che leggi queste povere riflessioni e che condividi con noi la passione per la Parola.

Noi siamo chiamati a vegliare, a non farci prendere dal sonno, a vivere la scoperta del mistero nelle pieghe dei fatti che il provvidenziale disegno di Dio ci consegna e ad accogliere ogni cosa come una sua visita con la quale vuole far sentire la sua grande presenza pacificamente. Disponiamoci all’incontro, togliamo ogni barriera e pensiero che ostacola la sua presenza e vedremo cambiare la nostra vita. Siamo chiamati a vegliare e a capire che noi da soli non possiamo fare nulla e che senza la sua Grazia e senza il suo favore siamo candidati al fallimento.

Gesù ci chiama a vigilare sul nostro cuore, ci chiama ad agire con gli altri riconoscendoci bisognosi di aiuto e di sostegno, ci chiama a cercarlo nelle pieghe del nostro quotidiano e a scoprirlo accanto a noi sempre, in ogni istante della nostra vita.

… Franca e Vincenzo, osb-cam🙏

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo».

   Parola del Signore

La Potenza della Preghiera

La Preghiera è la più importante e più potente possibilità che abbiamo per vincere il male e ricevere in dono la felicità.

Lo sappiamo, potresti non essere d’accordo, anzi stai già sorridendo credendo di avere a che fare con la solita credenza di bigotti o di sciocchi credenti. Ti sbagli caro amico. Ti sbagli e ti sbagli molto.

La preghiera, se vissuta in profondità, verità, umiltà, semplicità (con parole personali o nel semplice silenzio) è la più importante occasione che abbiamo per cambiare la realtà è ricevere in dono la vera felicità.

A volte, purtroppo, quasi sempre, non solo non ci crediamo (e, quindi, le nostre preghiere non hanno alcuna possibilità di essere ascoltate dal Padre nostro) ma le riteniamo una “strada” o pratica per deboli, per chi ha paura o, peggio, per vecchi senza spina dorsale. Che errore!!! Che grande errore che facciamo.

La preghiera vera, quella autentica, invece, non ha bisogno di parole da essere recitate ma ha bisogno di cuore, anzi, di una mente collegata con il cuore. Ha bisogno che il nostro corpo e il nostro Spirito siano una cosa sola. Ha bisogno di essere praticata con tutto noi stessi e quindi con tutte le nostre energie fisiche e mentali perché la sua azione possa giungere pienamente e secondo i nostri desideri a destinazione.

Quando preghiamo in questo modo, infatti, dal nostro corpo e dal nostro cuore in particolare si sprigiona un’energia vitale di una grande potenza capace di raggiungere lo Spirito di Dio e lo Spirito delle persone care vive o morte per portare loro il messaggio o l’aiuto che desideriamo donare.

Questa non è immaginazione ma vita concreta. Se sei scettico non potrai pregare in maniera vera. Perché pregare non è recitare formule che per quanto belle non hanno la possibilità di ottenere alcuna comunicazione profonda.

La preghiera nella quale mente e cuore si uniscono in profondità, invece, è una incredibile elevazione del nostro spirito fino alle altezze dello Spirito di Dio e fino a quello di una persona cara alla quale desideriamo trasmettere forza, coraggio e gioia.

La preghiera, perciò, rappresenta la più grande possibilità di dialogo con Dio o con gli altri accanto a noi. La preghiera vera non fa richieste ma ringrazia Dio per la vita, comunica energia a chi l’ha persa o a chi è malato. Potremmo dire che la preghiera, quando è autentica, ha una forza potentissima perché attiva energie nascoste e/o invisibili che possediamo e delle quali l’uomo ha perso la memoria.

Credere a questa realtà è il primo importante passaggio per avviare la vera preghiera.

Preghiamo ringraziando Dio, riconoscendo la nostra povertà e i doni e le Grazie che ogni giorno riceviamo e la nostra vita cambierà … Inizieremo a vedere quello che ci circonda in modo totalmente nuovo e, quasi d’improvviso, i nostri occhi si apriranno scoprendo attorno a noi una realtà che non avevamo mai visto. Inizieremo a vedere gli altri come folli che perdono la vita inseguendo sogni privi di amore vero; vedremo tante persone, parenti, amici, conoscenti lottare per conquistare, successo, denaro e beni materiali. Tutte cose non hanno mai dato, danno e non daranno mai la felicità ma che al contrario ci fanno schiavi e totalmente infelici. La felicità, infatti, è nascosta nel nostro cuore e possiamo scoprirla solo se, nel cuore, facciamo entrare Gesù, se, cioè, ci facciamo abitare dal bene che solo Lui ci dona in maniera piena e perfetta. Si, perché solo Gesù e il bene che Lui è, possono vincere il male che ci abita e che non riusciamo a vedere. Quel male che ci da tristezza, che ci fa sentire stanchi, sfiduciati, soli e infelici appunto.

Pregare e pregare con mente e cuore coinvolgendo tutto noi stessi, quindi, è la vera UNICA e sola possibilità che abbiamo per ricevere il dono di una vita FELICE. Non facciamoci illusioni, non abbiamo altre possibilità.

Franca e Vincenzo, osb-cam

E’ Dio che guida la mia vita?

Dio non può abbandonarci. Ha promesso di condurci alla salvezza e non può negare la sua Promessa. I suoi disegni e progetti per la nostra vita ci sono sconosciuti ma possiamo essere sicuri che Lui non potrà mai abbandonarci. E non lo farà mai, in nessun caso. Eppure …

“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” Lc 21,6

Questo annuncio può far paura e umanamente la fa. Gesù, però, invita a resistere e a non aver paura. Egli annuncia distruzioni e persecuzioni.

In questa profezia, però, siamo chiamati a resistere affidando la nostra vita nelle Sue Sante mani. Si tratta di un abbandono che non può e non deve porre condizioni. Si tratta di una vera resa al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe … al Dio di Gesù Cristo credendo all’impossibile di Dio.

Dio non può abbandonarci. Ha promesso di condurci alla salvezza e lo farà. A noi spetta il compito di farci guidare da Dio. Se non lo facciamo rischiamo di percorrere vie non buone e di non avere la felicità per la quale siamo stati creati.

Mi chiedo: mi faccio guidare da Dio? Ascolto davvero la sua voce/Parola? Oppure mi faccio trascinare da quella di questo mondo?

Noi dobbiamo ammettere di non essere capaci di guidare la nostra vita su strade di santità. Solo Dio sa quale è la via che siamo chiamati a percorrere per poterlo incontrare ed essere finalmente felici. Non una felicità qualsiasi, ma una felicità vera, quella che Lui, il Padre nostro, ci ha promesso di donare per sempre. Ma, noi possiamo seguirlo solo se abbiamo la forza e il coraggio di abbandonarci a Lui ascoltando la sua Parola.

Si tratta di avere la forza e il coraggio di affidarci con docilità nelle sue mani. Le sue mani, infatti, sono capaci di tirar fuori da noi la nostra immagine nascosta dietro la maschera che indossiamo.

Allora, abbandonarci in Dio è un esercizio di fede. Ascoltare la Sua Parola è l’inizio di una relazione che ci aiuta a capire la Sua volontà su di noi.

Le comodità della vita possono essere anche un grave ostacolo, come un grave ostacolo sono i nostri desideri e i nostri progetti quando questi non rientrano nei piani di Dio

E’ Dio allora che guida la mia vita?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Il successo

ORIZZONTI DI SENSO. Crediamo ancora che efficienza, produttività e profitto siano i criteri per misurare il successo. A questa realtà, come cristiani, siamo chiamati ad offrire una alternativa andando controcorrente. Siamo, infatti, invitati ad incarnare uno stile di fraternità, di condivisione concreta e di semplicità. Questo è il vero successo della vita. 🌻

Passa parola

Il nostro Re

34° domenica del Tempo ordinario

Eccolo il nostro Re,

appeso alla croce,

elevato tra cielo e terra.

Nel momento del massimo dolore

riceve le ultime tentazioni,

i capi del popolo e i soldati

lo deridono e gli dicono:

“salva te stesso”.

Gesù non risponde.

Uno dei malfattori 

esplode di rabbia:

“Salva te stesso e noi”.

Gesù non risponde.

Dal suo corpo si diffonde solo 

dolore, sguardi pietosi e silenzio, 

L’altro condannato invece

rimprovera il compagno,

lo ammonisce e riconosce la loro colpa,

nell’ultimo istante tenta una relazione 

lancia un profondo disperato appello.

Ora Gesù risponde:

“oggi con me sarai in paradiso”.

Gesù accoglie tutto il male,

si carica addosso ogni iniquità,

sopporta ogni dolore,

vince le ultime tentazioni,

si fa profondamente vicino a chi soffre,

apre relazioni,

offre conforto fino alla fine.

Questo è il vero Re dell’Universo.

Un Re opposto a quelli di questo mondo.

Un Re che soffre con chi soffre.

Un Re che si carica dei dolori del mondo.

Un Re che condivide il nostro dolore.

Un Re che ci mostra la via.

Questo è il mistero della salvezza.

Questo è piano di Dio per gli uomini 

Questo è il progetto più vero.

Questa è la via per vivere la gioia.

Stiamo attenti a coloro che si vestono da Re di questo mondo e usano il potere per opprimere, escludere, emarginare, ricevere onori e gloria e che magari si atteggiano a compagni di viaggio e, invece, incarnano solo potere.

Tutti, al contrario, siamo chiamati nell’umiltà e a fare il bene per donare vita ed essere relazione anche quando il dolore, la sofferenza e le tentazioni cercano di farci abbandonare la nostra croce.

                           Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».

Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».

E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

   Parola del Signore

Voi valete più di molti passeri

Qualche giorno fa un passerotto infreddolito è entrato nel mio ufficio. Era impaurito e svolazzava frenetico. Piccolo, fragile, incapace di difendersi dai nemici … per me è il simbolo della libertà, di chi è capace di volare anche se c’è burrasca.

Nella Santa Scrittura in varie parti lo troviamo nominato e sappiamo che al tempo di Gesù, il passero, era considerato la “carne dei poveri”, un simbolo del “giusto perseguitato”. Eppure leggiamo:

“Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!” 

Dio, quindi, si prende cura dei poveri, degli indifesi, dei niente e dei nulla, degli anawin … direi di ogni persona, anche di chi non lo ascolta … e sempre nella Scrittura leggiamo:

“Mi hanno dato la caccia come a un passero coloro che mi odiano senza ragione” (Lm 3,52). E’ il male che abita questo mondo e che non finisce di agire per creare disastri ma c’è sempre una speranza: “Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori; il laccio si è spezzato e noi siamo scampati” (Sal 124,7).

Quando il male tenta il suo assalto, però, non potrà vincere il bene e il Padre che tutto vede e che ci protegge in qualche modo interverrà impedendo al demonio che s’incarna in mille forme di abbatterci totalmente: “Come il passero che svolazza, come la rondine che vola,
così una maledizione senza motivo non avverrà”.
(Pro 26,2).

Bellissima l’immagine del “Passero solitario” di Giacomo Leopardi. La sento davvero vicina.  Il suo svolazzare tra le case del borgo, accanto alla torre antica, fino alla campagna, per tutto il giorno ci offre l’opportunità di descrivere il sentire del cuore che batte cercando armonia e pace. La spontanea libertà del suo volo da un senso di bellezza interiore capace di godere dello spettacolo della natura. Spesso in disparte, il passero è anche simbolo dell’eremita capace di guardare e ascoltare il mondo per contemplarlo nel suo infinito splendore.  

E così, il passero compie il suo viaggio nella vita con la piena libertà di una vera creatura di Dio, come l’uomo – eremita che spinge i suoi passi nella vita con la libertà e il desiderio di incontrare Dio attraverso la continua ricerca del mistero racchiuso nella quotidianità dell’esistenza. La meta è trovare “casa”, abitare nella dimora del Signore per sempre: “Anche il passero trova una casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio” (Sal 84,4).

Ritorno in Galilea

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PENSIERO DELLA 33° DOMENICA

“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Sentiamo nel cuore che oggi, come nella domenica di Pasqua, Gesù invita i discepoli a tornare in Galilea, dove tutto è cominciato. 

Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. 

Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. E’ da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

Signore, aiutami: dimmi qual è la mia Galilea; sai, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia.

Eremo di famiglia camaldolese

Lc 21, 5-19

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

   Parola del Signore

Aquila e Priscilla