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Tobi uomo “antico”

Il vecchio Tobi, padre di Tobia, è la figura del pio israelita inserito nel mondo pagano. Egli vive in esilio con la sua famiglia e, proprio a causa della sua fede, si trova in contrapposizione con il mondo sentendosi quasi fuori posto, attorniato da cose morte. La sua occupazione principale è, infatti, quella di seppellire i morti. Egli è come schiacciato dalle difficoltà quotidiane. Oggi potrebbe rappresentare un uomo maturo che ha fondato la vita su certi valori tradizionali e che, proprio per questo, non riesce a capire la modernità.  💫

Il libro dibTobia è diviso in tre parti principali. Da 1,1 a 3,17 leggeremo delle vicende legate a Tobi e Sara; da 4,1 a 6,19 scopriremo il viaggio del figlio di Tobia nella Media accompagnato dall’arcangelo Raffaele; da 7,1 a 11,20 vedremo la guarigione di Tobi e Sara. Il libro si chiude con l’epilogo da 12,1 a 14,11che racconta l’autorivelazione dell’arcangelo Raffaele ed altro. I versetti finali 14,12-15 riferiscono gli ultimi anni di Tobia. La storia narrata in questo Libro si svolge nella regione dell’Assiria nel periodo della cattività delle tribù del nord, quindi tra il 721 a. C. e la caduta di Ninive nel 621 a.C. 💫

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Libro di Tobia

1,1 Libro della storia di Tobi, figlio di Tòbiel, figlio di Anàniel, figlio di Aduel, figlio di Gàbael, della discendenza di Asiel, della tribù di Nèftali. 2 Al tempo di Salmanàssar, re degli Assiri, egli fu condotto prigioniero da Tisbe, che sta a sud di Kades di Nèftali, nell’alta Galilea, sopra Aser, verso occidente, a nord di Sefet.
3 Io, Tobi, passavo i giorni della mia vita seguendo le vie della verità e della giustizia. Ai miei fratelli e ai miei compatrioti, che erano stati condotti con me in prigionia a Ninive, nel paese degli Assiri, facevo molte elemosine. 4 Mi trovavo ancora al mio paese, la terra d’Israele, ed ero ancora giovane, quando la tribù del mio antenato Nèftali abbandonò la casa di Davide e si staccò da Gerusalemme, la sola città fra tutte le tribù d’Israele scelta per i sacrifici. In essa era stato edificato il tempio, dove abita Dio, ed era stato consacrato per tutte le generazioni future. 5 Tutti i miei fratelli e quelli della tribù del mio antenato Nèftali facevano sacrifici sui monti della Galilea al vitello che Geroboàmo re d’Israele aveva fabbricato in Dan. 6 Io ero il solo che spesso mi recavo a Gerusalemme nelle feste, per obbedienza ad una legge perenne prescritta a tutto Israele. Correvo a Gerusalemme con le primizie dei frutti e degli animali, con le decime del bestiame e con la prima lana che tosavo alle mie pecore. 7 Consegnavo tutto ai sacerdoti, figli di Aronne, per l’altare. Davo anche ai leviti che allora erano in funzione a Gerusalemme le decime del grano, del vino, dell’olio, delle melagrane, dei fichi e degli altri frutti. Per sei anni consecutivi convertivo in danaro la seconda decima e la spendevo ogni anno a Gerusalemme. 8 La terza decima poi era per gli orfani, le vedove e i forestieri che si trovavano con gli Israeliti. La portavo loro ogni tre anni e la si consumava insieme, come vuole la legge di Mosè e secondo le raccomandazioni di Debora moglie di Anàniel, la madre di nostro padre, poiché mio padre, morendo, mi aveva lasciato orfano. 9 Quando divenni adulto, sposai Anna, una donna della mia parentela, e da essa ebbi un figlio che chiamai Tobia. 10 Dopo la deportazione in Assiria, quando fui condotto prigioniero e arrivai a Ninive, tutti i miei fratelli e quelli della mia gente mangiavano i cibi dei pagani; 11 ma io mi guardai bene dal farlo. 12 Poiché restai fedele a Dio con tutto il cuore, 13 l’Altissimo mi fece trovare il favore di Salmanàssar, del quale presi a trattare gli affari. 14 Venni così nella Media, dove, finché egli visse, conclusi affari per conto suo. Fu allora che a Rage di Media, presso Gabael, un mio parente figlio di Gabri, depositai in sacchetti la somma di dieci talenti d’argento. 15 Quando Salmanàssar morì, gli successe il figlio Sennàcherib. Allora le strade della Media divennero impraticabili e non potei più tornarvi. 16 Al tempo di Salmanàssar facevo spesso l’elemosina a quelli della mia gente; 17 donavo il pane agli affamati, gli abiti agli ignudi e, se vedevo qualcuno dei miei connazionali morto e gettato dietro le mura di Ninive, io lo seppellivo. 18 Seppellii anche quelli che aveva uccisi Sennàcherib, quando tornò fuggendo dalla Giudea, al tempo del castigo mandato dal re del cielo sui bestemmiatori. Nella sua collera egli ne uccise molti; io sottraevo i loro corpi per la sepoltura e Sennàcherib invano li cercava. 19 Ma un cittadino di Ninive andò ad informare il re che io li seppellivo di nascosto. Quando seppi che il re conosceva il fatto e che mi si cercava per essere messo a morte, colto da paura, mi diedi alla fuga. 20 I miei beni furono confiscati e passarono tutti al tesoro del re. Mi restò solo la moglie Anna con il figlio Tobia. 21 Neanche quaranta giorni dopo, il re fu ucciso da due suoi figli, i quali poi fuggirono sui monti dell’Ararat. Gli successe allora il figlio Assarhaddon. Egli nominò Achikar, figlio di mio fratello Anael, incaricato della contabilità del regno ed ebbe la direzione generale degli affari. 22 Allora Achikar prese a cuore la mia causa e potei così ritornare a Ninive. Al tempo di Sennàcherib re degli Assiri, Achikar era stato gran coppiere, ministro della giustizia, amministratore e sovrintendente della contabilità e Assarhaddon l’aveva mantenuto in carica. Egli era mio nipote e uno della mia parentela.

Parole semplici

Parole semplici. …
_«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati»._

L’amore è un sentimento che deve mettere il fuoco dentro, far sentire la passione, il trasporto, la voglia … ed è l’unica cosa che può sanare le ferite che rapiscono la nostra attenzione. Amare e farlo con tutto se stessi … è la migliore strada che si può seguire per vincere il passato, … amare è la possibilità che una mente può percorrere per fare un viaggio meraviglioso. Non bisogna aver paura di farlo, di lasciarsi andare con libertà … la mente è meravigliosa. Fare tutto senza calcoli ma lasciarsi trasportare, farsi portare dalla dolcezza, dalla tenerezza e con libertà … Non aver paura di osare … 💫
Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Profumo di incenso

“Vi bruciò sopra l’incenso aromatico” … Dell’ultimo capitolo dell’Esodo abbiamo scelto soffermarci solo su queste 5 parole che descrivono una azione che anche noi, oggi, abbiamo visto tante volte nelle nostre Chiese. Lo abbiamo fatto cercandone il senso e il significato profondo. .

Ebbene, il prete pone l’incenso sui carboni ardenti del turibolo, che un servitore fa oscillare avanti e indietro… provocando nuvole di fumo che vanno verso il cielo. Nell’Antico Testamento l’ascesa di nuvole di incenso di resine profumate e spezie è un’offerta dei tesori della terra al loro Creatore, che simboleggia la preghiera. “Si diriga la mia supplica come incenso al tuo cospetto, e l’elevazione delle mie mani sia il sacrificio della sera…” (Salmo 141:2) Di conseguenza, la gente pregava davanti al Santo dei Santi, mentre il sacerdote all’interno stava offrendo questo sacrificio. “E tutta la moltitudine del popolo pregava al di fuori nell’ora dell’incenso” (Luca 1,l0). Le preghiere salivano al cielo a Dio nello stesso modo del fumo dell’incenso, lasciando dietro di loro la dolcezza del loro profumo, la dolcezza dello Spirito Santo.

Così, anche nel Nuovo Testamento l’incenso ha un significato di preghiera; san Giovanni il Divino osservò come in cielo “un angelo venne e si fermò presso l’altare, con un turibolo d’oro, e gli fu dato molto incenso da mescolare con la preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro davanti al trono di Dio, e il fumo dell’incenso salì con le preghiere dei santi dalla mano dell’angelo al cospetto di Dio” (Apocalisse 8:3-4), ma ha un significato molto più profondo: l’ideale trasformato. *Il carbone che brucia è il tizzone ardente, Cristo, che toglie i peccati* del mondo come contempliamo nella chiamata del profeta Isaia, “allora uno dei serafini volò a me, tenendo in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall’altare. E mi toccò la bocca, e disse *: Ecco, questo ha toccato le tue labbra: la tua colpa è cancellata e il tuo peccato è* *perdonato* ” (Isaia 6:6-7).

L’incenso usato durante i servizi divini rappresenta:

1. L’adorazione o la venerazione dovute solo a Dio, presente nell’Eucaristia. La combustione delle spezie profumate mostra la scarsa importanza di tutte le creature di fronte al loro Creatore.

2. La preghiera, che sale a Dio come fumo.

3. La grazia, che Dio riversa nelle nostre anime come l’incenso riversa profumo in tutta la Chiesa.

La Chiesa incensa reliquie, icone e oggetti sacri:

1. Per onorare Dio che ha incoronato i santi nel cielo, che ha operato meraviglie attraverso di loro qui sulla terra, che ha santificato e glorificato i loro corpi.

2. Per mostrare rispetto e devozione agli speciali amici e servitori dell’Onnipotente.

La Chiesa incensa i suoi ministri, i suoi vescovi e sacerdoti, per onorare nella loro persona Gesù Cristo, che essi rappresentano e del cui carattere sacro sono rivestiti.

La Chiesa incensa i fedeli per onorare in loro la somiglianza con Cristo, che è stata impressa su di loro nel battesimo… per mostrarli come templi dello Spirito Santo. All’incensazione i parrocchiani fanno il segno della croce sul loro corpo in relazione a questo significato. [2]

La Chiesa incensa i corpi dei defunti per onorare i corpi che sono stati santificati nel battesimo, e per implorare Dio di ricevere le preghiere e le suppliche che offriamo per il riposo dell’anima di quelli che si sono dipartiti nella fede. 🌻💫

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Esodo 40

L’erezione e la consacrazione del tabernacolo
Es 39:32-43; Nu 7; Le 8
1 Il SIGNORE parlò a Mosè e disse: 2 «Il primo giorno del primo mese erigerai il tabernacolo, la tenda di convegno. 3 Vi porrai l’arca della testimonianza e stenderai il velo davanti all’arca. 4 Vi porterai dentro la tavola, e disporrai in ordine le cose che vi sono sopra; vi porterai pure il candelabro e accenderai le sue lampade. 5 Porrai l’altare d’oro per l’incenso davanti all’arca della testimonianza e metterai la portiera all’ingresso del tabernacolo. 6 Porrai l’altare degli olocausti davanti all’ingresso del tabernacolo, della tenda di convegno. 7 Metterai la conca fra la tenda di convegno e l’altare, e vi metterai dentro dell’acqua. 8 Disporrai il cortile tutto intorno e attaccherai la portiera all’ingresso del cortile. 9 Poi prenderai l’olio dell’unzione e ungerai il tabernacolo e tutto ciò che vi è dentro, lo consacrerai con tutti i suoi utensili e sarà santo. 10 Ungerai pure l’altare degli olocausti e tutti i suoi utensili, consacrerai l’altare, e l’altare sarà santissimo. 11 Ungerai anche la conca con la sua base e la consacrerai. 12 Poi farai accostare Aaronne e i suoi figli all’ingresso della tenda di convegno, e li laverai con acqua. 13 Rivestirai Aaronne dei paramenti sacri, lo ungerai e lo consacrerai, perché mi serva come sacerdote. 14 Farai pure avvicinare i suoi figli, li rivestirai di tuniche 15 e li ungerai come avrai unto il loro padre, perché mi servano come sacerdoti; e la loro unzione conferirà loro un sacerdozio perenne, di generazione in generazione».
16 Mosè fece così; fece interamente come il SIGNORE gli aveva ordinato. 17 Il primo giorno del primo mese del secondo anno, il tabernacolo fu eretto. 18 Mosè eresse il tabernacolo, ne pose le basi, ne collocò le assi, ne mise le traverse e ne rizzò le colonne. 19 Stese la tenda sul tabernacolo e sopra la tenda pose la coperta di essa, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 20 Poi prese la Testimonianza e la pose dentro l’arca, mise le stanghe all’arca e collocò il propiziatorio sull’arca; 21 portò l’arca nel tabernacolo, sospese il velo di separazione e con esso coprì l’arca della testimonianza, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 22 Pose pure la tavola nella tenda di convegno, dal lato settentrionale del tabernacolo, fuori dal velo. 23 Vi dispose sopra in ordine il pane, davanti al SIGNORE, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 24 Poi mise il candelabro nella tenda di convegno, di fronte alla tavola, dal lato meridionale del tabernacolo; 25 accese le lampade davanti al SIGNORE, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 26 Poi mise l’altare d’oro nella tenda di convegno, davanti al velo 27 e vi bruciò sopra l’incenso aromatico, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 28 Mise pure la portiera all’ingresso del tabernacolo. 29 Poi collocò l’altare degli olocausti all’ingresso del tabernacolo, della tenda di convegno e vi offrì, sopra, l’olocausto e l’oblazione, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 30 Pose la conca fra la tenda di convegno e l’altare, e vi pose dentro dell’acqua per le abluzioni. 31 Mosè, Aaronne e i suoi figli, con quell’acqua, si lavarono le mani e i piedi; 32 quando entravano nella tenda di convegno e quando si avvicinavano all’altare, si lavavano, come il SIGNORE aveva ordinato a Mosè. 33 Eresse pure il recinto intorno al tabernacolo e all’altare e sospese la cortina all’ingresso del cortile. Così Mosè completò l’opera.

La gloria del Signore sul tabernacolo
1R 8:10-12; Nu 9:15-23
34 Allora la nuvola coprì la tenda di convegno, e la gloria del SIGNORE riempì il tabernacolo. 35 E Mosè non potè entrare nella tenda di convegno perché la nuvola si era posata sopra, e la gloria del SIGNORE riempiva il tabernacolo.
36 Durante tutti i loro viaggi, quando la nuvola si alzava dal tabernacolo, i figli d’Israele partivano; 37 ma se la nuvola non si alzava, non partivano fino al giorno in cui si alzava. 38 La nuvola del SIGNORE infatti stava sul tabernacolo di giorno; e di notte vi stava un fuoco visibile a tutta la casa d’Israele durante tutti i loro viaggi.

Un dono speciale: la reliquia di Romero

E così oggi all’eremo abbiamo accolto la visita speciale delle Monache della Rupe condividendo l’amicizia e l’affetto che fanno prefigurare l’eternità. A fine giornata ci hanno donato l’immagine e una reliquia di Oscar Romero, vescovo e martire in San Salvatore che sarà presto proclamato Santo dopo il riconoscimento del miracolo da parte di papa Francesco. Il dono di una sua reliquia è davvero qualcosa di speciale che custodiremo insieme all’immagine e alla reliquia di San Giovanni Paolo II che abbiamo ricevuto alcuni anni fa direttamente dal Vaticano.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Il Beato Romero è stato ucciso da un colpo di pistola al cuore mentre celebrava la Messa il 24 marzo 1980. I paramenti che indossava erano intrisi di sangue. La sua camicia grigia clericale ha avuto un posto prominenente nella beatificazione di Romero a maggio a San Salvador. La camicia è stata portata in processione cerimoniale fino all’altare dove è stato incensata e venerata. Dopo la beatificazione, la camicia è stato inviata a varie chiese in El Salvador per la venerazione.  (La camicia è vista nel lato destro della imagine di testata di questo blog.)

Foto San Francisco Te Ve.
A causa di preoccupazione per la sua integrità, la camicia è stato recentemente sostituita con un pezzo molto inferiore di stoffa con il sangue di Romero che è stata posta in una nuova teca da inviare intorno in El Salvador. Questo tessuto non è da paramenti di Romero, ma dal panno di lino bianco (chiamato il corporale), su cui il calice eucaristico era stato posto durante la Messa finale di Romero. La nuova teca contiene anche un mitra (abito di testa vescovile) indossato da Romero. La Chiesa salvadoregna intende inviare queste reliquie di ogni parrocchia in El Salvador, e alle cattedrali delle altre capitali dell’America centrale.  Il pellegrinaggio durerà tre anni.
Purtroppo, c’era molto sangue di Romero prodotta in quel fatidico Lunedi sera a marzo 1980. Il proiettile killer ha colpito il cuore di Romero, innescando abbondanti emorragie attraverso il foro d’entrata nel petto di Romero, così come attraverso la sua bocca e le narici, dopo che i suoi polmoni divennero pieni di sangue. Alcune delle fotografie più inquietante della scena mostrano le suore che lavoravano nell’ospedale di cui cappella Romero fu ucciso pulendo il sangue dopo il suo corpo è stato sottrato. Sembravano essere consapevole della sua sacralità, raccogliendolo in lenzuola bianche, anziché lavandolo con attrezzature per la pulizia ordinaria. Frammenti di quei fogli sono stati dati come reliquie preziosi ai devoti Romero per molti anni.

Il grande silenzio

Dal fallimento del venerdì santo al vuoto del sabato santo; dalla delusione alla paura; dalla morte all’assenza. Il sabato fa trionfare il silenzio. Le parole non hanno voce, la Parola resta muta, l’incertezza trova casa. … L’unica cosa che resta è la possibilità di fidarsi e affidarsi: la fede.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Oggi vi proponiamo una meditazione di Joseph Ratzinger. 

Con sempre maggior insistenza si sente parlare nel nostro tempo della morte di Dio. Per la prima volta, in Jean Paul, si tratta solo di un sogno da incubo: Gesù morto annuncia ai morti, dal tetto del mondo, che nel suo viaggio nell’aldilà non ha trovato nulla, né cielo, né Dio misericordioso, ma solo il nulla infinito, il silenzio del vuoto spalancato. Si tratta ancora di un sogno orribile che viene messo da parte, gemendo nel risveglio, come un sogno appunto, anche se non si riuscirà mai a cancellare l’angoscia subita, che stava sempre in agguato, cupa, nel fondo dell’anima. Un secolo dopo, in Nietzsche, è una serietà mortale che si esprime in un grido stridulo di terrore: «Dio è morto! Dio rimane morto! E noi lo abbiamo ucciso!». Cinquant’anni dopo, se ne parla con distacco accademico e ci si prepara a una “teologia dopo la morte di Dio”, ci si guarda intorno per vedere come poter continuare e si incoraggiano gli uomini a prepararsi a prendere il posto di Dio. Il mistero terribile del Sabato santo, il suo abisso di silenzio, ha acquistato quindi nel nostro tempo una realtà schiacciante. Giacché questo è il Sabato santo: giorno del nascondimento di Dio, giorno di quel paradosso inaudito che noi esprimiamo nel Credo con le parole «disceso agli inferi», disceso dentro il mistero della morte. Il Venerdì santo potevamo ancora guardare il trafitto. Il Sabato santo è vuoto, la pesante pietra del sepolcro nuovo copre il defunto, tutto è passato, la fede sembra essere definitivamente smascherata come fanatismo. Nessun Dio ha salvato questo Gesù che si atteggiava a Figlio suo. Si può essere tranquilli: i prudenti che prima avevano un po’ titubato nel loro intimo se forse potesse essere diverso, hanno avuto invece ragione. 
Sabato santo: giorno della sepoltura di Dio; non è questo in maniera impressionante il nostro giorno? Non comincia il nostro secolo a essere un grande Sabato santo, giorno dell’assenza di Dio, nel quale anche i discepoli hanno un vuoto agghiacciante nel cuore che si allarga sempre di più, e per questo motivo si preparano pieni di vergogna e angoscia al ritorno a casa e si avviano cupi e distrutti nella loro disperazione verso Emmaus, non accorgendosi affatto che colui che era creduto morto è in mezzo a loro? 
Dio è morto e noi lo abbiamo ucciso: ci siamo propriamente accorti che questa frase è presa quasi alla lettera dalla tradizione cristiana e che noi spesso nelle nostre viae crucis abbiamo ripetuto qualcosa di simile senza accorgerci della gravità tremenda di quanto dicevamo? Noi lo abbiamo ucciso, rinchiudendolo nel guscio stantio dei pensieri abitudinari, esiliandolo in una forma di pietà senza contenuto di realtà e perduta nel giro di frasi fatte o di preziosità archeologiche; noi lo abbiamo ucciso attraverso l’ambiguità della nostra vita che ha steso un velo di oscurità anche su di lui: infatti che cosa avrebbe potuto rendere più problematico in questo mondo Dio se non la problematicità della fede e dell’amore dei suoi credenti? 
L’oscurità divina di questo giorno, di questo secolo che diventa in misura sempre maggiore un Sabato santo, parla alla nostra coscienza. Anche noi abbiamo a che fare con essa. Ma nonostante tutto essa ha in sé qualcosa di consolante. La morte di Dio in Gesù Cristo è nello stesso tempo espressione della sua radicale solidarietà con noi. Il mistero più oscuro della fede è nello stesso tempo il segno più chiaro di una speranza che non ha confini. E ancora una cosa: solo attraverso il fallimento del Venerdì santo, solo attraverso il silenzio di morte del Sabato santo, i discepoli poterono essere portati alla comprensione di ciò che era veramente Gesù e di ciò che il suo messaggio stava a significare in realtà. Dio doveva morire per essi perché potesse realmente vivere in essi. L’immagine che si erano formata di Dio, nella quale avevano tentato di costringerlo, doveva essere distrutta perché essi attraverso le macerie della casa diroccata potessero vedere il cielo, lui stesso, che rimane sempre l’infinitamente più grande. Noi abbiamo bisogno del silenzio di Dio per sperimentare nuovamente l’abisso della sua grandezza e l’abisso del nostro nulla che verrebbe a spalancarsi se non ci fosse lui. 
C’è una scena nel Vangelo che anticipa in maniera straordinaria il silenzio del Sabato santo e appare quindi ancora una volta come il ritratto del nostro momento storico. Cristo dorme in una barca che, sbattuta dalla tempesta, sta per affondare. Il profeta Elia aveva una volta irriso i preti di Baal, che inutilmente invocavano a gran voce il loro dio perché volesse far discendere il fuoco sul sacrificio, esortandoli a gridare più forte, caso mai il loro dio stesse a dormire. Ma Dio non dorme realmente? Lo scherno del profeta non tocca alla fin fine anche i credenti del Dio di Israele che viaggiano con lui in una barca che sta per affondare? Dio sta a dormire mentre le sue cose stanno per affondare, non è questa l’esperienza della nostra vita? La Chiesa, la fe­de, non assomigliano a una piccola barca che sta per affondare, che lotta inutilmente contro le onde e il vento, mentre Dio è assente? I discepoli gridano nella disperazione estrema e scuotono il Signore per svegliarlo, ma egli si mostra meravigliato e rimprovera la loro poca fede. Ma è diversamente per noi? Quando la tempesta sarà passata, ci accorgeremo di quanto la nostra poca fede fosse carica di stoltezza. E tuttavia, o Signore, non possiamo fare a meno di scuotere te, Dio che stai in silenzio e dormi, e gridarti: svegliati, non vedi che affondiamo? Destati, non lasciar durare in eterno l’oscurità del Sabato santo, lascia cadere un raggio di Pasqua anche sui nostri giorni, accompàgnati a noi quando ci avviamo disperati verso Emmaus perché il nostro cuore possa accendersi alla tua vicinanza. Tu che hai guidato in maniera nascosta le vie di Israele per essere finalmente uomo con gli uomini, non ci lasciare nel buio, non permettere che la tua parola si perda nel gran sciupio di parole di questi tempi. Signore, dacci il tuo aiuto, perché senza di te affonderemo. 
Amen.  Joseph Ratzinger

Rivestiti dell’esempio del Figlio

L’inizio della Chiesa è fatto di ricchi paramenti. Solo dopo si scoprirà che la sostanza è Cristo e Cristo indossò gli abiti del sacrificio e riempì la sua vita dei doni dello Spirito Santo. Le sue perle sono incise nel palmo delle mani, nel costato trafitto e nei lividi provocato dal peso della croce portata con dignità. Questi sono i “vestiti” che siamo, tutti, chiamati ad “indossare”.
Allo stesso modo il tabernacolo è il simbolo di ogni vero cristiano. Nel cuore di ogni vero seguace di Gesù dimora il Padre, che è l’oggetto del culto e l’autore dei benefici. Il tabernacolo rappresentava la chiesa del Redentore. Il più umile e i più potenti sono allo stesso modo cari all’amore del Padre, che gratuitamente da per mezzo della fede in Cristo. Il tabernacolo era un emblema del tempio divino. Come sarà, allora, lo splendore del suo aspetto, quando la nube sarà tolta e i suoi fedeli lo vedranno così come Egli è! 🌻

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Esodo 39

1 Con porpora viola e porpora rossa, con scarlatto e bisso fece le vesti liturgiche per officiare nel santuario. Fecero le vesti sacre di Aronne, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
2 Fecero l’efod con oro, porpora viola e porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto. 3 Fecero placche d’oro battuto e le tagliarono in striscie sottili, per intrecciarle con la porpora viola, la porpora rossa, lo scarlatto e il bisso, lavoro d’artista. 4 Fecero all’efod due spalline, che vennero attaccate alle sue due estremità; così ne risultò un pezzo tutto unito. 5 La cintura, che lo teneva legato e che stava sopra di esso, era della stessa fattura ed era di un sol pezzo: era intessuta d’oro, di porpora viola e porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
6 Lavorarono le pietre di ònice, inserite in castoni d’oro, incise con i nomi degli Israeliti, secondo l’arte d’incidere i sigilli. 7 Fissarono le due pietre sulle spalline dell’efod, come pietre a ricordo degli Israeliti, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
8 Fecero il pettorale, lavoro d’artista, come l’efod: con oro, porpora viola, porpora rossa, scarlatto e bisso ritorto. 9 Era quadrato e lo fecero doppio; aveva una spanna di lunghezza e una spanna di larghezza. 10 Lo coprirono con una incastonatura di pietre preziose, disposte in quattro file di pietre. Una fila: una cornalina, un topazio e uno smeraldo, così la prima fila. 11 La seconda fila: un turchese, uno zaffìro e un berillo. 12 La terza fila: un giacinto, un’àgata e una ametista. 13 La quarta fila: un crisòlito, un ònice e un diaspro. Erano inserite nell’oro mediante i loro castoni. 14 Le pietre corrispondevano ai nomi degli Israeliti: dodici, secondo i loro nomi ed erano incise come i sigilli, ciascuna con il nome corrispondente, secondo le dodici tribù. 15 Fecero sul pettorale catene in forma di cordoni, lavoro d’intreccio d’oro puro. 16 Fecero due castoni d’oro e due anelli d’oro e misero i due anelli alle due estremità del pettorale. 17 Misero le due catene d’oro sui due anelli alle due estremità del pettorale. 18 Quanto alle due altre estremità delle catene, le fissarono sui due castoni e le fecero passare sulle spalline dell’efod, nella parte anteriore. 19 Fecero due altri anelli d’oro e li collocarono alle due estremità del pettorale sull’orlo che era dalla parte dell’efod, verso l’interno. 20 Fecero due altri anelli d’oro e li posero sulle due spalline dell’efod in basso, sul suo lato anteriore, in vicinanza del punto di attacco, al di sopra della cintura dell’efod. 21 Poi legarono il pettorale con i suoi anelli agli anelli dell’efod mediante un cordone di porpora viola, perché stesse al di sopra della cintura dell’efod e perché il pettorale non si distaccasse dall’efod, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
22 Fece il manto dell’efod, lavoro di tessitore, tutto di porpora viola; 23 la scollatura del manto, in mezzo, era come la scollatura di una corazza: intorno aveva un bordo, perché non si lacerasse. 24 Fecero sul lembo del manto melagrane di porpora viola, di porpora rossa, di scarlatto e di bisso ritorto. 25 Fecero sonagli d’oro puro e collocarono i sonagli in mezzo alle melagrane, intorno all’orlo del manto: 26 un sonaglio e una melagrana, un sonaglio e una melagrana lungo tutto il giro del lembo del manto, per l’esercizio del ministero, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
27 Fecero le tuniche di bisso, lavoro di tessitore, per Aronne e per i suoi figli; 28 il turbante di bisso, gli ornamenti dei berretti di bisso e i calzoni di lino di bisso ritorto; 29 la cintura di bisso ritorto, di porpora viola, di porpora rossa e di scarlatto, lavoro di ricamatore, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
30 Fecero la lamina, il diadema sacro d’oro puro, e vi scrissero sopra a caratteri incisi come un sigillo: «Sacro al Signore». 31 Vi fissarono un cordone di porpora viola per porre il diadema sopra il turbante, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
32 Così fu finito tutto il lavoro della Dimora, della tenda del convegno. Gli Israeliti eseguirono ogni cosa come il Signore aveva ordinato a Mosè: così essi fecero.
33 Portarono dunque a Mosè la Dimora, la tenda e tutti i suoi accessori: le sue fibbie, le sue assi, le sue traverse, le sue colonne e le sue basi, 34 la copertura di pelli di montone tinte di rosso, la copertura di pelli di tasso e il velo per far da cortina, 35 l’arca della Testimonianza con le sue stanghe e il coperchio, 36 la tavola con tutti i suoi accessori e i pani dell’offerta, 37 il candelabro d’oro puro con le sue lampade, le lampade cioè che dovevano essere collocate sopra di esso, con tutti i suoi accessori, e l’olio per l’illuminazione, 38 l’altare d’oro, l’olio dell’unzione, il profumo aromatico da bruciare e la cortina per l’ingresso della tenda. 39 L’altare di rame con la sua graticola di rame, le sue stanghe e tutti i suoi accessori, la conca e il suo piedestallo, 40 i tendaggi del recinto, le sue colonne, le sue basi e la cortina per la porta del recinto, le sue corde, i suoi picchetti e tutti gli arredi del servizio della Dimora, per la tenda del convegno, 41 le vesti liturgiche per officiare nel santuario, le vesti sacre del sacerdote Aronne e le vesti dei suoi figli per l’esercizio del sacerdozio. 42 Secondo quanto il Signore aveva ordinato a Mosè, gli Israeliti avevano eseguito ogni lavoro. 43 Mosè vide tutta l’opera e riscontrò che l’avevano eseguita come il Signore aveva ordinato. Allora Mosè li benedisse.

Oltre le chiacchiere

Certe volte …
capita di incontrare persone capaci di esprimere narrazioni che la loro stessa vita contraddice in maniera plateale;
capita di ascoltare parole di speranza da soggetti che, di fatto, le negano con le loro scelte concrete;
capita di vedere atteggiamenti buonisti che però celano intenzioni capaci di lacerare la vita di altre persone.
È così che questi “attori di periferia” trasformano la loro vita in una commedia e rendono la vita degli altri una tragedia.
Invocano stili di vita che non vivono;
raccontano verità di comodo e mostrano esistenze di facciata.
Tutto ciò dimostra come in alcuni casi la vita è, davvero, una commedia/tragica; la scena di un teatro sul quale si consuma una esistenza davvero vuota … una vita da commiserare.
E, così, i “falsi miti” diventano illusioni e la commedia della vita si fa tragedia. Il gioco di questi “attori di periferia”, infatti, spesso potrebbe anche riuscire a spegnere i sogni degli innocenti e questo è il peggiore male che si può fare. Se dovesse capitare di incontrare, ascoltare e vedere questi personaggi e farne esperienza, imparata la lezione, occorre allontanarsi in fretta e cercare di guardare, con distacco, quelle persone provando a camminare su altre strade. Di qui allungare lo sguardo sull’orizzonte e continuare a spingere i propri passi verso mete sicure e approdi di bellezza dove i sensi sono esaltati dalle piccole cose e un semplice ciuffo d’erba, che custodisce una sola margherita, è visto come una casa sicura; dove il creato viene letto come espressione autentica della potenza di Dio; dove la vita viene vissuta con arte e sapienza antica; dove si vive attingendo da fonti che non periscono e che offrono speranze di futuro davvero belle. Buona vita a tutti.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

La precisione degli artigiani

La precisione degli artigiani dovrebbe essere da noi preso a esempio e cercare le influenze dello Spirito Santo affinché possiamo rallegrare in e glorificare Dio sia in questo mondo che alla fine per l’eternità. 🤗💫

Franca e Vincenzo oblati osb-cam

Carissimi e insieme alla buonanotte vi consegno il capitolo 37 dell’Esodo per la lectio di domani…
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Esodo 37

L’arca del patto
Es 25:10-22; Eb 9:3-5; Nu 10:33-36
1 Poi Besaleel fece l’arca di legno d’acacia; la sua lunghezza era di due cubiti e mezzo, la sua larghezza era di un cubito e mezzo e la sua altezza di un cubito e mezzo. 2 La rivestì d’oro puro di dentro e di fuori, e le fece una ghirlanda d’oro che le girava intorno. 3 Fuse per essa quattro anelli d’oro, che mise ai suoi quattro piedi: due anelli da un lato e due anelli dall’altro lato. 4 Fece anche delle stanghe di legno d’acacia, e le rivestì d’oro. 5 Fece passare le stanghe per gli anelli ai lati dell’arca, per portare l’arca. 6 Fece anche un propiziatorio d’oro puro; la sua lunghezza era di due cubiti e mezzo, e la sua larghezza di un cubito e mezzo. 7 Fece due cherubini d’oro; li fece lavorati al martello, alle due estremità del propiziatorio: 8 un cherubino a una delle estremità e un cherubino all’altra; fece in modo che questi cherubini uscissero dal propiziatorio alle due estremità. 9 I cherubini avevano le ali spiegate in alto, in modo da coprire il propiziatorio con le ali; avevano la faccia rivolta l’uno verso l’altro; le facce dei cherubini erano rivolte verso il propiziatorio.

La tavola dei pani della presentazione
Es 25:23-30; Le 24:5-9
10 Fece anche la tavola di legno d’acacia; la sua lunghezza era di due cubiti, la sua larghezza di un cubito e la sua altezza di un cubito e mezzo. 11 La rivestì d’oro puro e le fece una ghirlanda d’oro che le girava intorno. 12 Le fece intorno una cornice alta quattro dita; a questa cornice fece tutto intorno una ghirlanda d’oro. 13 Fuse per essa quattro anelli d’oro e mise gli anelli ai quattro angoli, ai quattro piedi della tavola. 14 Gli anelli erano vicinissimi alla cornice per farvi passare le stanghe destinate a portare la tavola. 15 Fece le stanghe di legno d’acacia, e le rivestì d’oro; esse dovevano servire a portare la tavola. 16 Fece anche, d’oro puro, gli utensili da mettere sulla tavola: i suoi piatti, le sue coppe, le sue tazze e i suoi calici da servire per le libazioni.

Il candelabro d’oro
Es 25:31-40 (Za 4; Ap 1:12-20; 11:4-5)
17 Fece anche il candelabro d’oro puro; fece il candelabro lavorato al martello, con il suo piede e il suo tronco; i suoi calici, i suoi pomi e i suoi fiori erano tutti d’un pezzo con il candelabro. 18 Gli uscivano sei bracci dai lati: tre bracci del candelabro da un lato e tre bracci del candelabro dall’altro; 19 su uno dei bracci vi erano tre calici a forma di mandorla, con un pomo e un fiore; sull’altro braccio, tre calici a forma di mandorla, con un pomo e un fiore. Lo stesso per i sei bracci uscenti dal candelabro. 20 Nel tronco del candelabro vi erano quattro calici a forma di mandorla, con i loro pomi e i loro fiori. 21 Vi era un pomo sotto i due primi bracci che partivano dal candelabro; un pomo sotto i due seguenti bracci che partivano dal candelabro, e un pomo sotto i due ultimi bracci che partivano dal candelabro; così per i sei rami uscenti dal candelabro. 22 Questi pomi e questi bracci erano tutti d’un pezzo con il candelabro; il tutto era d’oro puro lavorato al martello. 23 Fece pure le sue lampade, in numero di sette, i suoi smoccolatoi e i suoi portasmoccolature d’oro puro. 24 Per fare il candelabro con tutti i suoi utensili impiegò un talento d’oro puro.

L’altare dei profumi
Es 30:1-10, 22-38; Ap 8:3-4
25 Poi fece l’altare dei profumi, di legno d’acacia; la sua lunghezza era di un cubito e la sua larghezza di un cubito; era quadrato e aveva un’altezza di due cubiti; i suoi corni erano tutti d’un pezzo con esso. 26 Lo rivestì d’oro puro: il disopra, i suoi lati tutto intorno, i suoi corni; e gli fece una ghirlanda d’oro intorno. 27 Gli fece pure due anelli d’oro, sotto la ghirlanda, ai suoi due lati; li mise ai suoi due lati per passarvi le stanghe che servivano a portarlo. 28 Fece le stanghe di legno d’acacia e le rivestì d’oro.
29 Poi fece l’olio santo per l’unzione e l’incenso aromatico, puro, secondo l’arte del profumiere.

La dignita’ degli scartati

“Nessuno può essere scartato, perché tutti siamo vulnerabili. Ognuno di noi è un tesoro che Dio fa crescere a modo suo”.
Papà Francesco

Eppure tante donne e tanti uomini a tutti i livelli e in tutti gli ambienti sono “scartati”. I potenti di turno animati da preconcetti e, forse proprio per questo, “abusano” della loro posizione per schiacciare e dominare, per escludere e scartare; distribuiscono “patenti di buona condotta” solo ad amici, agli amici degli amici e ai servi sciocchi. Di fronte a questo stile non si può e non si deve chinare il capo. Occorre dignità e continuare ad ESSERE senza preoccuparsi di apparire; occorre ESSERE senza cedere al desiderio di farsi spazio con la forza; occorre ESSERE con semplicità e intelligenza. Il resto, tutto il resto, non interessa. Buona strada a noi e a tutti.

Franca e Vincenzo oblati osb-cam