E’ Dio che guida la mia vita?

Dio non può abbandonarci. Ha promesso di condurci alla salvezza e non può negare la sua Promessa. I suoi disegni e progetti per la nostra vita ci sono sconosciuti ma possiamo essere sicuri che Lui non potrà mai abbandonarci. E non lo farà mai, in nessun caso. Eppure …

“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” Lc 21,6

Questo annuncio può far paura e umanamente la fa. Gesù, però, invita a resistere e a non aver paura. Egli annuncia distruzioni e persecuzioni.

In questa profezia, però, siamo chiamati a resistere affidando la nostra vita nelle Sue Sante mani. Si tratta di un abbandono che non può e non deve porre condizioni. Si tratta di una vera resa al Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe … al Dio di Gesù Cristo credendo all’impossibile di Dio.

Dio non può abbandonarci. Ha promesso di condurci alla salvezza e lo farà. A noi spetta il compito di farci guidare da Dio. Se non lo facciamo rischiamo di percorrere vie non buone e di non avere la felicità per la quale siamo stati creati.

Mi chiedo: mi faccio guidare da Dio? Ascolto davvero la sua voce/Parola? Oppure mi faccio trascinare da quella di questo mondo?

Noi dobbiamo ammettere di non essere capaci di guidare la nostra vita su strade di santità. Solo Dio sa quale è la via che siamo chiamati a percorrere per poterlo incontrare ed essere finalmente felici. Non una felicità qualsiasi, ma una felicità vera, quella che Lui, il Padre nostro, ci ha promesso di donare per sempre. Ma, noi possiamo seguirlo solo se abbiamo la forza e il coraggio di abbandonarci a Lui ascoltando la sua Parola.

Si tratta di avere la forza e il coraggio di affidarci con docilità nelle sue mani. Le sue mani, infatti, sono capaci di tirar fuori da noi la nostra immagine nascosta dietro la maschera che indossiamo.

Allora, abbandonarci in Dio è un esercizio di fede. Ascoltare la Sua Parola è l’inizio di una relazione che ci aiuta a capire la Sua volontà su di noi.

Le comodità della vita possono essere anche un grave ostacolo, come un grave ostacolo sono i nostri desideri e i nostri progetti quando questi non rientrano nei piani di Dio

E’ Dio allora che guida la mia vita?

Franca e Vincenzo, osb-cam

Il successo

ORIZZONTI DI SENSO. Crediamo ancora che efficienza, produttività e profitto siano i criteri per misurare il successo. A questa realtà, come cristiani, siamo chiamati ad offrire una alternativa andando controcorrente. Siamo, infatti, invitati ad incarnare uno stile di fraternità, di condivisione concreta e di semplicità. Questo è il vero successo della vita. 🌻

Passa parola

Il nostro Re

34° domenica del Tempo ordinario

Eccolo il nostro Re,

appeso alla croce,

elevato tra cielo e terra.

Nel momento del massimo dolore

riceve le ultime tentazioni,

i capi del popolo e i soldati

lo deridono e gli dicono:

“salva te stesso”.

Gesù non risponde.

Uno dei malfattori 

esplode di rabbia:

“Salva te stesso e noi”.

Gesù non risponde.

Dal suo corpo si diffonde solo 

dolore, sguardi pietosi e silenzio, 

L’altro condannato invece

rimprovera il compagno,

lo ammonisce e riconosce la loro colpa,

nell’ultimo istante tenta una relazione 

lancia un profondo disperato appello.

Ora Gesù risponde:

“oggi con me sarai in paradiso”.

Gesù accoglie tutto il male,

si carica addosso ogni iniquità,

sopporta ogni dolore,

vince le ultime tentazioni,

si fa profondamente vicino a chi soffre,

apre relazioni,

offre conforto fino alla fine.

Questo è il vero Re dell’Universo.

Un Re opposto a quelli di questo mondo.

Un Re che soffre con chi soffre.

Un Re che si carica dei dolori del mondo.

Un Re che condivide il nostro dolore.

Un Re che ci mostra la via.

Questo è il mistero della salvezza.

Questo è piano di Dio per gli uomini 

Questo è il progetto più vero.

Questa è la via per vivere la gioia.

Stiamo attenti a coloro che si vestono da Re di questo mondo e usano il potere per opprimere, escludere, emarginare, ricevere onori e gloria e che magari si atteggiano a compagni di viaggio e, invece, incarnano solo potere.

Tutti, al contrario, siamo chiamati nell’umiltà e a fare il bene per donare vita ed essere relazione anche quando il dolore, la sofferenza e le tentazioni cercano di farci abbandonare la nostra croce.

                           Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».

Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».

E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

   Parola del Signore

Voi valete più di molti passeri

Qualche giorno fa un passerotto infreddolito è entrato nel mio ufficio. Era impaurito e svolazzava frenetico. Piccolo, fragile, incapace di difendersi dai nemici … per me è il simbolo della libertà, di chi è capace di volare anche se c’è burrasca.

Nella Santa Scrittura in varie parti lo troviamo nominato e sappiamo che al tempo di Gesù, il passero, era considerato la “carne dei poveri”, un simbolo del “giusto perseguitato”. Eppure leggiamo:

“Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!” 

Dio, quindi, si prende cura dei poveri, degli indifesi, dei niente e dei nulla, degli anawin … direi di ogni persona, anche di chi non lo ascolta … e sempre nella Scrittura leggiamo:

“Mi hanno dato la caccia come a un passero coloro che mi odiano senza ragione” (Lm 3,52). E’ il male che abita questo mondo e che non finisce di agire per creare disastri ma c’è sempre una speranza: “Siamo stati liberati come un passero dal laccio dei cacciatori; il laccio si è spezzato e noi siamo scampati” (Sal 124,7).

Quando il male tenta il suo assalto, però, non potrà vincere il bene e il Padre che tutto vede e che ci protegge in qualche modo interverrà impedendo al demonio che s’incarna in mille forme di abbatterci totalmente: “Come il passero che svolazza, come la rondine che vola,
così una maledizione senza motivo non avverrà”.
(Pro 26,2).

Bellissima l’immagine del “Passero solitario” di Giacomo Leopardi. La sento davvero vicina.  Il suo svolazzare tra le case del borgo, accanto alla torre antica, fino alla campagna, per tutto il giorno ci offre l’opportunità di descrivere il sentire del cuore che batte cercando armonia e pace. La spontanea libertà del suo volo da un senso di bellezza interiore capace di godere dello spettacolo della natura. Spesso in disparte, il passero è anche simbolo dell’eremita capace di guardare e ascoltare il mondo per contemplarlo nel suo infinito splendore.  

E così, il passero compie il suo viaggio nella vita con la piena libertà di una vera creatura di Dio, come l’uomo – eremita che spinge i suoi passi nella vita con la libertà e il desiderio di incontrare Dio attraverso la continua ricerca del mistero racchiuso nella quotidianità dell’esistenza. La meta è trovare “casa”, abitare nella dimora del Signore per sempre: “Anche il passero trova una casa e la rondine il nido dove porre i suoi piccoli, presso i tuoi altari, Signore degli eserciti, mio re e mio Dio” (Sal 84,4).

Ritorno in Galilea

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PENSIERO DELLA 33° DOMENICA

“Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita”.

Sentiamo nel cuore che oggi, come nella domenica di Pasqua, Gesù invita i discepoli a tornare in Galilea, dove tutto è cominciato. 

Anche per ognuno di noi c’è una “Galilea” all’origine del cammino con Gesù. 

Tornare in Galilea significa anzitutto tornare lì, a quel punto incandescente in cui la Grazia di Dio mi ha toccato all’inizio del cammino. E’ da quella scintilla che posso accendere il fuoco per l’oggi, per ogni giorno, e portare calore e luce ai miei fratelli e alle mie sorelle. Da quella scintilla si accende una gioia umile, una gioia che non offende il dolore e la disperazione, una gioia buona e mite.

Signore, aiutami: dimmi qual è la mia Galilea; sai, io voglio ritornare là per incontrarti e lasciarmi abbracciare dalla tua misericordia.

Eremo di famiglia camaldolese

Lc 21, 5-19

Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».

   Parola del Signore

Abbi cura di me

Tra un’alba e un tramonto,

ci sono mille e più passi,

c’è il tempo della vita,

ci sono i sogni intuiti

e quelli vissuti o infranti,

ci sono le paure e le cadute,

le gioie e le lacrime …

Tu, Giorgio, ce le hai raccontate tutte,

dipinte con le parole,

tratteggiate come note armoniose,

fino ad emozionarci profondamente.

Grazie Giorgio,

per i tuoi tanti doni,

per le parole sussurrate,

per le suggestioni regalate.

Ti abbiamo seguito e amato,

e tu ci hai sostenuti,

accompagnati,

accarezzati.

Ora che il mistero ti ha avvolto,

i tuoi occhi vedono il Vero,

contemplano le grandezze,

le alte vette e respiri tra le nuvole,

mentre il vento spazza via ogni dolore,

ma schiudono le labbra ad un enorme,

grande, immenso sorriso.

Abbi cura di me!!!

Franca e Vincenzo, osb-cam

Da uno scritto di Giorgio:
«Ho imparato che se voglio conservare un’esperienza per sempre, basta alzare gli occhi al cielo e inviare un Grazie col cuore.
I due giorni trascorsi con tanti amici a “innamorarci della realtà” nel convento di Varese, sono stati così colmi di bellezza, di leggerezza, di semplicità, che potrei andare avanti all’infinito a dire ‘Grazie’.
Ma tra il dire e il fare…c’è di mezzo il cominciare, ed io inizio.
Grazie fratello sole per averci costantemente accarezzato con tenerezza, senza alcuna prepotenza.
Grazie per i volti amici, con i quali è così bello camminare abbracciati.
Grazie per i volti nuovi, dietro i quali ancora si nasconde un mondo da svelare.
Grazie a chi ha sognato questi giorni belli, ha portato con se tutta l’energia per renderli tali.
Grazie a chi con le parole ha saputo guidarci, perché si sentiva che non erano solo parole ma vita che vibrava.
Grazie a Massimo, capace col suo entusiasmo di farci entrare nelle storie di uomini e donne risorte perché appassionate della vita.
Grazie a Maria Laura, capace di trasformarsi in una ragazza così innamorata della pace tanto da donarsi fino in fondo.
Grazie a Lidia, donna innamorata della Parola, che ci ha regalato parole nuove per incontrare Dio.
Grazie a Marina, che con delicata attenzione ci ha fatto rivolgere lo sguardo a ciò che ci circonda e ci ha regalato pennellate di poesia.
Grazie ad ogni sguardo, libero di sorridere e di piangere.
E grazie infine ad ogni abbraccio carico di commozione, di vita nuova, di energia d’amore da portare nel mondo per renderlo migliore».   

                                                                            Fra Giorgio

Preghiera e servizio

Pregare, pregare sempre senza mai fermarci e aver fede che il Signore non ci abbandona mai. Secondo la sua volontà, nel rispetto dei suoi tempi ma sempre per il nostro bene Egli non potrà mai farci mancare il suo aiuto e il suo sostegno.

Pregare è anche il modo migliore per servire i fratelli. La forza della preghiera, infatti, nella sua apparente debolezza è capace di vincere ogni male e superare ogni barriera. Leggera come una piuma si insinua tra le pieghe della vita, accarezza i cuori e soprattutto i cuori feriti, quelli spezzati dal dolore e dalla fatica dell’esistenza. La preghiera è medicina di guarigione, occasione di rinascita, speciale segno di fiducia e affidamento. Concludiamo con un pensiero di Chiara Lubich:

“Non posso aver la pretesa che il fratello contraccambi il mio servizio, che si converta al mio modo di pensare e neanche che riconosca la mia buona intenzione.L’eroicità dell’amore sta nel fatto che sia totalmente gratuito.Il servo che fa solo ciò che gli compete non è un servo perfetto perché fa solo il suo dovere. Dobbiamo andare oltre il dovere e servire tutti, tutte le persone che incontriamo.
Chi ama con amore gratuito è colui che serve tutti”. (Chiara Lubich)

Eremo di famiglia💫

Lc 18,1-8

In quel tempo Gesù 1 diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai: 2«In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo per alcuno. 3In quella città c’era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: «Fammi giustizia contro il mio avversario». 4Per un po’ di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: «Anche se non temo Dio e non ho riguardo per alcuno, 5dato che questa vedova mi dà tanto fastidio, le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi»». 6E il Signore soggiunse: «Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. 7E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? 8Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Servi inutili

Riteniamo che il passo del Vangelo di oggi abbia e debba sempre più avere un rilievo importante nella nostra vita. Il Signore che ci ha offerto il dono della chiamata a servirlo è, infatti, il nostro “premio”. Che altro desideriamo? Essere al suo servizio è già motivo di grande gioia. Essere suoi servi è grazia che Egli dona a piene mani e che ciascuno di noi è chiamato ad accogliere. È già appagante riconoscersi semplicemente servi. Tutto ciò ci chiede di non avere alcuna pretesa e alcun merito. Siamo invitati a non crederci decisivi e a non credere di essere indispensabili. Nulla è merito nostro e niente dobbiamo rivendicare mai ed in nessun caso. I servi, cioè noi, non abbiamo bisogno di riconoscimenti da parte di nessuno ma siamo già beati nel Signore. La sua vicinanza, la sua presenza e il suo Amore è la ricompensa più grande e anche più immeritata.

Ogni giorno, perciò, costi quel che costi siamo chiamati a gioire nel mettere in pratica il comandamento dell’Amore e siamo chiamati a perseverare anche quando non siamo compresi e perfino quando c’è chi ci osteggia o peggio ci esclude, ci attacca o ci emargina. L’Amore è più grande di ogni male e vince sempre. Questa è la chiamata del cristiano.

Il Signore ci dia la forza e il coraggio di essere sempre suoi testimoni credibili.

Che Dio ci aiuti!!!

Franca e Vincenzo, osb-cam

Lc 17,7-10

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:«7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: «Vieni subito e mettiti a tavola»? 8Non gli dirà piuttosto: «Prepara da mangiare, stringiti le vesti ai fianchi e servimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu»? 9Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti? 10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: «Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare»».

L’eternità è già qui

Quanto spazio c’è da qui all’eternità ? Siamo tanto lontani quanto intimi. Siamo lontani perché ancora impelagati con la realtà di questo mondo. Presi da un quotidiano incapace di sollevare lo sguardo e banalmente immerso negli ingranaggi di una locomotiva che, sbuffando, continua a correre nella prateria. Basterebbe un po’ di buon senso a rimettere tutti sulle strade giuste ed invece bloccati da mille “veti” mentali restiamo incatenati e non riusciamo ad ascoltare lo Spirito. Chiusi nei nostri gusci, credendo di proteggerci, rifiutiamo l’eternità che è la realtà vera. Tutto ciò ci impedisce di costruire il nostro domani tanto da essere come quei sadducei che, nel vangelo di domani, domenica 10 novembre 2019, cercano di mettere in difficoltà Gesù con domande provocatorie. Cercando di oltrepassare la lettera di questo tempo, invece, dobbiamo tentare di penetrare oltre il presente e immaginare la nostra condizione futura. Gesù ci offre un panorama nuovo: nulla sarà più come ora perché il cuore della vita sta tutto nell’Amore che supera tempo e spazio.

Chi non sa amare oggi non ci riuscirà neppure dopo e, nel presente, si smarrisce in inutili perdite di tempo restando indifferenti di fronte ai pericoli del giorno per giorno. Gli ostacoli maggiori hanno i seguenti nomi: paura, gelosia, egoismo, indifferenza, brama di potere, desiderio di successo, voglia di accumulare tesori.

È una battaglia dura; resistere alle tentazioni non è cosa da poco e per fare qualcosa occorre coraggio.

Aiutiamo gli altri e noi stessi a vincere i nostri limiti e affrontiamo questo presente cercando di trovare modalità umane centrate sull’Amore capace di superare ogni ostacolo .

Franca e Vincenzo,osb-cam

Lc 20,27-38
  Dio non è dei morti, ma dei viventi.

                           Dal Vangelo secondo Luca

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni sadducèi – i quali dicono che non c’è risurrezione – e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: “Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello”. C’erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli. Da ultimo morì anche la donna. La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».
Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».

Parola del Signore

Appello alla “resistenza”

Papa Francesco ce lo ha ricordato più volte: siamo di fronte a cambiamenti epocali. Viviamo, infatti, una transizione che ha di fatto scardinato molti valori nei quali gran parte delle persone che hanno superato i 40 anni sono cresciute. A volte non ce ne rendiamo conto o preferiamo far finta di non aver capito. Noi siamo sicuri che chi rinuncia a capire questo tempo è destinato a naufragare, cioè al fallimento. Tutto ciò che abbiamo conosciuto, sperato e tentato di costruire non c’è più e, purtroppo, non può tornare come lo abbiamo immaginato.

Siamo scossi da forze che non hanno identità materiale; da una tecnologia così invasiva che ha penetrato profondamente la vita delle persone; da un sistema culturale che va sempre più abbassandosi di livello.

Tutto ciò è parte della crisi che non è, appunto, solo economica ma che tocca l’intero sistema dei valori sui quali gli ultra40enni sono stati formati.

Le conseguenze sono una diseguaglianza sempre più evidente, una rabbia che esplode in maniera sempre più aggressiva e colpisce persone e cose, ma che attacca anche le istituzioni, molte delle quali hanno perso di credibilità.

La classe media è quasi del tutto scomparsa e le persone sono sempre più considerate solo numeri e manovali di questo ingranaggio infernale nel quale l’Occidente (o l’idea di Occidente che noi abbiamo) è stato triturato. Tutto ciò che abbiamo conosciuto dopo la fine della seconda guerra mondiale si va esaurendo e la spinta ideale di quegli anni è solo un ricordo nella mente di persone che non riescono a staccarsi da quel mondo ideale che ci ha spinto a costruire il futuro. Qualcuno potrebbe dire che la nostra generazione ha fallito. No. Ci sono fatti nuovi e imprevisti che si sono affacciati sulla scena mondiale. Nuovi popoli e nuove forze economiche sono comparse sulla scena del mondo e ciò che appariva lontano è oggi il nostro presente. Le oligarchie al comando, in ogni luogo del pianeta, sono funzionali solo a se stesse e ignorano tutto ciò che non è alla loro altezza. Ovunque vediamo una estrema minoranza di persone che, con arroganza, prepotenza e indifferenza (pur pronunciando belle parole e distribuendo bei propositi) vivono opprimendo le masse o i popoli. Sfruttano ogni cosa, calpestano tutti i diritti e dimenticano i doveri. Questi corrotti che neanche la giustizia riesce ad arginare ha creato un clima di paura e di isolamento generalizzato. C’è una sfiducia generalizzata che opprime ogni persona facendola sentire incapace di realizzarsi pienamente.

Potrebbe sembrare strano che su un sito come il nostro abbiamo deciso di scrivere un post di questo tipo ma la realtà è superiore e, mai come in questo momento, è il caso di alzare il livello della riflessione alla prassi del quotidiano. E’, infatti, in questo giorno per giorno, che il cristiano è chiamato a spingere i suoi passi creando “isole di dialogo”, “fermenti di riflessione” e “piccole comunità di mutuo aiuto”. Da soli nessuno ce la può fare. C’è chi soccomberà prima e chi dopo, ma, di questo passo, l’umanità è destinata ad una involuzione tribale, ad una sorta di “cannibalismo” che, se osserviamo bene, già è presente, seppure mascherato.

Quando il lavoro non ha più dignità, quando le leggi hanno come unico valore il denaro o meglio il guadagno, quando il lavoro manuale ha perso quasi del tutto il suo senso e il suo significato; quando l’agricoltura, l’allevamento e ogni altro tipo di attività artigianale o piccola attività commerciale non riesce a dare nemmeno il minimo sostentamento vitale alle famiglie, significa che qualcosa di grande è accaduto: un cambiamento epocale.

Ci permettiamo, perciò, noi piccoli, insignificanti, marginali, invisibili di lanciare un appello non tanto a lottare perché, la sfida è persa in partenza, quanto a “resistere”. Non è un appello di retroguardia: è un appello a riflettere davvero sul senso del presente consapevoli che per costruire il futuro occorrono energie e forze che non possediamo e che, purtroppo, non possiedono nemmeno più i singoli stati e, forse, nemmeno l’Europa. L’appello che ci permettiamo di lanciare riguarda la necessità, l’urgenza di costituire delle “comunità cristiane di resistenza”, delle comunità cristiane che, consapevoli della reale situazione, decidano di fare unità per “resistere”. Non sappiamo per quanto tempo possiamo e dobbiamo resistere. Forse noi non vedremo cambiamenti positivi ma almeno riusciremo a sopravvivere conservando l’ideale cristiano, vivendo la fraternità, dando senso e ragione alla nostra fede in Cristo.

Forse qualcuno potrà accusarci di non accettare le sfide, forse qualche altro penserà che abbiamo paura e altri che siamo dei perdenti. Noi crediamo l’esatto contrario.

Crediamo che costruire delle Comunità cristiane di resistenza sia, oggi, la grande sfida che ci viene lanciata. Di qui, si può tentare, di rievangelizzare il mondo. Ma se non creiamo argini finiremo tutti in preda a questa deriva, immateriale e malefica. Occorre unirsi per salvare quello che resta.

Crediamo che costruire delle Comunità cristiane di resistenza sia, oggi, un atto di coraggio. La vera sfida di questo tempo che sta portando il cervello all’ammasso e alla perdita della fede.

Crediamo che costruire delle Comunità cristiane di resistenza sia, oggi, l’unica reale possibilità di traghettare la fede cristiana in questo terzo millennio.

Da soli non ci salveremo. NESSUNO.

Franca e Vincenzo, osb-cam

P.S. Vi consigliamo di leggere un libro “L’Opzione Benedetto” di Rod Dreher Siamo sicuri che può essere molto illuminate.

Aquila e Priscilla