San Benedetto da tre criteri: quello normale e` l’anzianita` monastica, cioe` la data d’ingresso in monastero; un’eccezione puo` essere data da particolari meriti di un monaco; oppure la volonta` dell’abate, il quale e` autorizzato a promuovere e a degradare, ma solo per ragioni superiori e per motivi validi; San Benefetto gli ricorda di fuggire il dispotismo e di Comunque, l’eta` fisica e l’estrazione sociale dell’individuo non conteranno nulla ( Pertanto anche i fanciulli oblati staranno al posto che corrisponde alla data della loro consacrazione a Dio, anche se sotto la tutela di monaci adulti
Archivio mensile:Maggio 2017
I sacerdoti del monastero
Gli anacoreti copti si mostravano restii all’ordinazione; i pacomiani la rifiutavano in assoluto; in Sitia i migliori monaci si opponevano a che i vescovi imponessero loro le mani. Sacerdozio e monachesimo sono realta` distinte: uno e` per il servizio ministeriale del popolo di Dio attraverso la Parola e i Sacramenti, l’altro e` per lo sforzo di realizzare nella solitudine la perfezione dell’unione con Cristo. Desiderare il sacerdozio per i monaci antichi era segno di superbia; i monaci avevano paura del sacerdozio; sacerdozio e orgoglio vanagloria sono termini spesso associati nei loro scritti (per esempio Cassiano, Inst.11,14-18; Coll.4,20; 5,12). Avevano paura che a motivo del sacerdozio dovessero lasciare la loro vita isolata per il ministero: “il monaco deve fuggire allo stesso modo i vescovi e le donne”, secondo il celebre detto di Cassiano (Inst.11,18).
L’ordinazione di alcuni monaci per il servizio della comunita` poteva dare origine a dispute, invidie, divisioni, problemi di autorita` e di precedenza. Era un rischio. In questo contesto si comprende il c.62 di SB. Oggi, evidentemente, la situazione e la mentalita` sono mutate, la teologia ha aperto una nuova visione. Oggi sarebbe a dir poco ridicolo accettare con la odierna mentalita` l’espressione di Cassiano cosi` come suona…; ma non e` che Cassiano avesse torto: se anche noi oggi avessimo, del “vescovo e della donna”, l’immagine pratica ed esterna che queste categorie immediatamente evocavano, non c’e` dubbio che dovremmo avere la stessa reazione. La realta` spirituale (la teologia) e` la stessa, l’immagine e la situazione esterna e contingente sono mutate. Ma anche oggi, del resto, non mancano aspetti di conflitto esteriore tra “vescovi e gerarchia” e religiosi; non per nulla e` stato necessario il documento pontificio “Mutuae Relationes”.
Provate gli Spiriti per vedere se vengono da Dio
E’ uno dei piu` importanti capitoli della Regola, perche` non parla solo della procedura per l’accettazione, ma del contenuto stesso della vita monastica.
Continua la lettura di Provate gli Spiriti per vedere se vengono da Dio
Monaci, mestieri e superbia
Tra i fratelli potrebbero trovarsi alcuni che o gia` nel mondo o in monastero si sono resi abili in un’arte. San Benedetto non specifica nulla; pare gli interessi poco; cio` che a lui interessa e` il bene spirituale, quindi evitare il rischio della mancanza di umilta`: cose che sono al di sopra di ogni considerazione di guadagno per il monastero. Percio` potranno questi monaci esercitare la loro arte, ma solo con il consenso dell’abate e senza ritenersi indispensabili, vantandosi di portare un utile al monastero.
Forse San Benedetto si ispira a S.Agostino, il quale parla di monaci che hanno portato delle sostanze al monastero e che potrebbero insuperbirsi di cio`. Potrebbe ispirarsi anche a Cassiano che parla del lavoro dei monaci egiziani. Per San Benedetto, se gli artigiani non sono capaci di disinteresse e di distacco, deve proibirsi loro di esercitare la loro arte.
E’ l’abito che fa il monaco?
Che cosa deve avere dunque ciascun monaco per uso suo personale? Vestiti, calzature e pochi utensili: lo stretto necessario. San Benedetto ha troppa esperienza, prudenza e sensatezza per imporre un vestito uniforme, un “abito religioso” nel senso moderno della parola, valido e obbligatorio per tutti i luoghi e per tutte le persone. San Benedetto vuole che si tenga conto del clima, e cio` fa capire che egli ha una prospettiva ampia (non pensa solo al monastero di Montecassino o di Terracina); esprime la sua opinione su cio` che basta in un clima temperato; non gli interessano il colore e la qualita`, e vuole che i monaci non se ne curino. Cio` che gli interessa e` la poverta`, o meglio la semplicita`: che ci si accontenti del necessario; difatti San Benedetto insiste sulla sobrieta` e sul ruolo dell’abate nel fornire il vestiario.
L’elenco del vestiario fornito dalla Regola e` abbastanza ridotto: una cocolla di lana per l’inverno e un’altra piu` leggera o consumata per l’estate, la tunica, lo scapolare “per il lavoro” <propter opera>, scarpe e calze. Tutto sembrerebbe chiaro, e invece non lo e` affatto, perche` nessuno dei capi di vestiario menzionati corrisponde a quelli in uso oggi nei monasteri; anche se i nomi sono rimasti, il significato e` mutato. Vediamo in breve:
Regali ai monaci
Per il monaco destinatario si aggiunge la raccomandazione di non lamentarsi nel caso che l’abate dia il permesso di accettare il regalo e poi lo dia a un altro fratello che forse ne ha piu` bisogno, secondo lo spirito del c.34: e` un caso concreto di distribuzione delle cose in comune. Pertanto quel monaco a cui era inviato il regalo non deve rattristarsi, “per non dare occasione al diavolo”, cioe` per non cedere alla tentazione del malcontento, dell’agitazione, della mormorazione.
L’accoglienza degli ospiti
La Sacra Scrittura parla dell’accoglienza degli ospiti come di un esercizio fondamentale della carita` fraterna e Gesu` dice che nelle persone di ospiti e pellegrini si riceve lui stesso (Mt.25,35-43). Fin dalle origini del monachesimo, ricevere poveri, pellegrini e ospiti fu ritenuta una pratica sacrosanta della vita quotidiana: cosi` presso i Padri del Deserto (abbiamo tanti esempi e aneddoti nei “Detti”), presso anacoreti, presso i cenobiti pacomiani. San Benedetto si mostra degno erede di questa tradizione. Per il Capitolo 53 della RB abbiamo nella RM vari capitoli (RM.65; 71-72; 78-79), in cui da una parte notiamo grande comprensione e carita` (addirittura il Maestro fa anticipare il pasto dei fratelli a sesta, se l’ospite si trattiene); d’altra parte notiamo differenza nei confronti di ospiti che si fermano piu` giorni: in essi potrebbero nascondersi parassiti e ladri. SB ha soppresso tanta casistica e parla dell’ospitalita` in un solo capitolo unitario e ben compatto, tutto pieno di un profondo spirito di fede, di calore umano e di carita` fraterna.
- Tutti gli ospiti che giungono in monastero siano ricevuti come Cristo, poiché un giorno egli dirà: “Sono stato ospite e mi avete accolto”
- e a tutti si renda il debito onore, ma in modo particolare ai nostri confratelli e ai pellegrini.
- Quindi, appena viene annunciato l’arrivo di un ospite, il superiore e i monaci gli vadano incontro, manifestandogli in tutti i modi il loro amore;
- per prima cosa preghino insieme e poi entrino in comunione con lui, scambiandosi la pace.
- Questo bacio di pace non dev’essere offerto prima della preghiera per evitare le illusioni diaboliche.
- Nel saluto medesimo si dimostri già una profonda umiltà verso gli ospiti in arrivo o in partenza,
- adorando in loro, con il capo chino o il corpo prostrato a terra, lo stesso Cristo, che così viene accolto nella comunità.
- Dopo questo primo ricevimento, gli ospiti siano condotti a pregare e poi il superiore o un monaco da lui designato si siedano insieme con loro.
- Si legga all’ospite un passo della sacra Scrittura, per sua edificazione, e poi gli si usino tutte le attenzioni che può ispirare un fraterno e rispettoso senso di umanità.
- Se non è uno dei giorni in cui il digiuno non può essere violato, il superiore rompa pure il suo digiuno per far compagnia all’ospite,
- mentre i fratelli continuino a digiunare come al solito.
- L’abate versi personalmente l’acqua sulle mani degli ospiti per la consueta lavanda;
- lui stesso, poi, e tutta la comunità lavino i piedi a ciascuno degli ospiti
- e al termine di questo fraterno servizio dicano il versetto: “Abbiamo ricevuto la tua misericordia, o Dio, nel mezzo del tuo Tempio”.
- Specialmente i poveri e i pellegrini siano accolti con tutto il riguardo e la premura possibile, perché è proprio in loro che si riceve Cristo in modo tutto particolare e, d’altra parte, l’imponenza dei ricchi incute rispetto già di per sé.
- La cucina dell’abate e degli ospiti sia a parte, per evitare che i monaci siano disturbati dall’arrivo improvviso degli ospiti, che non mancano mai in monastero.
- Il servizio di questa cucina sia affidato annualmente a due fratelli, che sappiano svolgerlo come si deve.
- A costoro si diano anche degli aiuti, se ce n’è bisogno, perché servano senza mormorare, ma, a loro volta, quando hanno meno da fare, vadano a lavorare dove li manda l’obbedienza.
- E non solo in questo caso, ma nei confronti di tutti i fratelli impegnati in qualche particolare servizio del monastero, si segua un tale principio
- e cioè che, se occorre, si concedano loro degli aiuti, mentre, una volta terminato il proprio lavoro, essi devono tenersi disponibili per qualsiasi ordine.
- Così pure la foresteria, ossia il locale destinato agli ospiti, sia affidata a un monaco pieno di timor di Dio:
- in essa ci siano dei letti forniti di tutto il necessario e la casa di Dio sia governata con saggezza da persone sagge.
- Nessuno, poi, a meno che ne abbia ricevuto l’incarico, prenda contatto o si intrattenga con gli ospiti,
- ma se qualcuno li incontra o li vede, dopo averli salutati umilmente come abbiamo detto e aver chiesta la benedizione, passi oltre, dichiarando di non avere il permesso di parlare con gli ospiti.
Il lavoro per il monaco
Opus Dei e` l’occupazione principale del monaco, pero` non e` l’unica. Il rimanente tempo va distribuito tra lavoro manuale e lectio divina. Quindi il titolo non abbraccia tutto il contenuto del capitolo. In realta` in queste pagine abbiamo tutto l’orario della giornata, con la saggia distribuzione del tempo tra OPUS DEI, LECTIO DIVINA, LAVORO MANUALE, i tre grandi cardini della vita monastica. La regola di San Benedetto all’art. 48 corrisponde alla regola del Maestro. In quest’ultima l’orario e` visto soprattutto alla luce dell’Ufficio divino: si tratta di occupare il tempo tra un ufficio e l’altro; nella Regola di San Bendetto ha uno scopo eminentemente pratico: interessandogli l’ordinamento delle occupazioni dei monaci tra lavoro e lectio, San Bendetto non teme neanche di spostare alcune ore dell’Ufficio divino (terza, sesta e nona), cosa che altrove era soltanto eccezionale. La Regola di San Benedetto considera piuttosto il ritmo della vita umana con le sue alternanze di sforzo e di riposo, di lavoro spirituale e di lavoro materiale.
Oltre ogni colpa … Il perdono
San Benedetto esige una riparazione pubblica per quegli “sbagli commessi per negligenza”, ma non dice in che cosa essa consista; probabilmente in una prostrazione a terra. Ancor oggi nei monasteri si conserva l’uso di questo atto di umilta` per gli errori durante l’Ufficio: si porta la mano al petto o si genuflette al proprio posto… Sono, oltre che espressioni di umilta`, atti di riverenza verso la santita` di Dio. Chi non voleva sottoporsi a questa umiliazione e riparazione veniva punito piu` severamente, a giudizio dell’abate (forse con la soddisfazione degli scomunicati).
L’importanza di essere puntuali
Come e` proprio dell’uomo sbagliare, cosi` e` proprio del monaco riconoscere umilmente i suoi errori e le sue deficienze davanti a Dio e davanti ai fratelli. Percio` il significato della soddisfazione e` quello di riparare pubblicamente le colpe, gravi o leggere, commesse pubblicamente a detrimento della pace, della concordia, dell’ordine della comunita`; chiedere perdono a Dio delle irriverenze commesse contro di lui o contro le cose a lui consacrate. Il capitolo 43 parla della soddisfazione di chi arriva tardi alla preghiera comune o alla mensa.
La puntualita` costituisce un elemento fondamentale per l’ordine. Essa va usata soprattutto per la preghiera. Qualunque sia l’occupazione del monaco, al segnale dell’Ufficio divino, bisogna lasciarla subito perche` la dignita` della preghiera comune e` superiore a tutte le altre cose. Per inculcare la piu` scrupolosa puntualita`, San Benedetto dice di “correre con somma sollecitudine”, ma sempre con la gravita` caratteristica del monaco, ricordata molte volte nella Regola