Umiltà

Un giorno l’Abate Macario, passando di ritorno dalla palude nella sua cella, recava con sé dei rami di palma, ed ecco per la strada gli venne incontro il diavolo con una falce per la mietitura. Lo avrebbe voluto colpire con quella falce, ma non ci riuscì e gli disse: O Macario, da te subisco grande violenza, perché non posso avere la meglio su di te. Infatti qualsiasi cosa tu faccia, la faccio anch’io: digiuni e anch’io non mangio affatto, vegli e anch’io non dormo affatto. C’è una sola cosa in cui mi sei superiore; l’Abate Macario chiese: Quale? Il diavolo rispose: La tua umiltà, a causa della quale non riesco ad avere la meglio su di te.

La saggezza del deserto: “Detti dei Padri” scelti per gli amici dell’eremo di famiglia camaldolese Aquila e Priscilla.

Franca e Vincenzo, osb-cam

L’obbedienza

L’Abate Iperichio disse: Dovere del monaco è l’obbedienza: chi la possiede, sarà esaudito nelle sue richieste e starà fiducioso davanti al Crocifisso; infatti proprio così il Signore è arrivato alla croce, essendosi reso obbediente fino alla morte.

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Franca e Vincenzo, osb-cam

Accogliere

Un fratello andò da un eremita e uscendo dalla sua cella disse: Perdonami, o padre, perché ti ho impedito di adempiere alla tua regola. Quello rispose dicendogli: La mia regola è di accoglierti in modo ospitale e di farti andare in pace.

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Diventa un fuoco

L’Abate Lot andò dall’Abate Giuseppe e gli disse: Padre, secondo le mie capacità mi attengo a una piccola regola, e a un piccolo digiuno, pratico la preghiera, la meditazione e la pace interiore, e secondo le mie capacita mi sforzo di rendere puri i miei pensieri; dunque che altro debbo fare? Allora il vecchio alzandosi tese le mani al cielo e le sue dita diventarono come dieci lampade di fuoco, ed egli gli disse: Se vuoi, diventa tutto un fuoco.

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Ultima generazione

I santi Padri si radunavano e parlavano di ciò che sarebbe accaduto all’ultima generazione e uno di loro specialmente, chiamato Squirione, disse: Noi adesso seguiamo i comandamenti di Dio. Poi i Padri gli chiesero: Che cosa sarà di quelli che verranno dopo di noi? Egli replicò: Forse una metà di loro si atterrà ai comandamenti di Dio e cercherà il Dio eterno. E i Padri chiesero: E quelli che verranno dopo di questi, che cosa faranno? Egli rispose con queste parole: Gli uomini di quella generazione non metteranno in pratica i comandamenti di Dio e dimenticheranno i suoi precetti. Allora il male traboccherà e la carità di molti si raffredderà e saranno sottoposti ad una terribile prova; quelli che risulteranno meritevoli in questa prova, saranno migliori di noi e migliori dei nostri Padri. Saranno più felici e di virtù più provata e perfetta.

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L’abisso

Uno degli anziani era solito dire: All’inizio, quando ci trovavamo, eravamo soliti parlare di qualcosa di buono per le nostre anime. Continuando così siamo saliti fino al cielo. Ma adesso quando ci troviamo passiamo il tempo a criticare tutto e ci trasciniamo l’un l’altro nell’abisso.

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Turbato dalla tristezza

Un fratello chiese all’Abate Poemen: Che dovrei fare, o padre, giacché sono turbato dalla tristezza? Il vecchio gli disse: Non stimare nessuno una nullità, non condannare nessuno, non sottrarre nulla a nessuno, e Dio ti darà la pace.

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Liberare i pensieri

L’Abate Pastor disse: Se una cassa piena di abiti viene abbandonata per lungo tempo, gli abiti contenuti in essa marciscono; così sono anche i pensieri nel nostro cuore. Se non li metteremo in atto concretamente, nel tempo si deformeranno e marciranno.

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Il lavoro è vita

Si raccontava che l’Abate Giovanni il Nano una volta disse a un suo confratello più anziano: Vorrei essere tranquillo come gli angeli, che non fanno nulla e servono Dio senza sosta; e, spogliandosi delle vesti, se ne andò in solitudine. Trascorsa una settimana, tornò dal confratello, e, mentre batteva alla porta, quello prima di aprire gli rispose dicendo: Chi è? E quello disse: Sono Giovanni. A sua volta il confratello gli ribatté dicendo: Giovanni è diventato un angelo e non è più fra gli uomini. Ma quello continuava a battere alla porta dicendo: Sono io. L’altro non gli aprì ma lo lasciò battere. Poi aprendo gli disse: Se sei uomo, hai bisogno di darti da fare ancora per vivere; se invece sei un angelo perché chiedi di entrare in una cella? Quello pentendosi disse: Perdonami, o fratello, perché ho peccato.

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Franca e Vincenzo

La preghiera di Gesù

Uno dei Padri raccontò che un vecchio stava nella sua cella lavorando con impegno, e indossava una stuoia di giunco. Poiché si era recato dall’Abate Ammone, l’Abate Ammone gli vide indossare la stuoia di giunco e gli disse:

Questo non ti serve a nulla. Il vecchio gli disse: Tre pensieri mi tormentano: uno che mi spinge ad allontanarmi da qualche parte in solitudine; l’altro, che mi induce a cercare una terra straniera dove nessuno mi conosca; il terzo, che mi spinge a rinchiudermi nella mia cella, per non vedere nessuno, e a mangiare dopo due giorni. L’Abate Ammone gli disse: Non ti serve fare nessuna di queste tre cose; piuttosto stai nella tua cella, mangia poco ogni giorno, e tieni sempre in mente le parole di quel pubblicano che si leggono nel Vangelo [Lc 18, 13]: così potrai salvarti. “Signore, abbi pietà di me peccatore! “è la base della “preghiera di Gesù”, ripetuta più volte e recitata da tutti nell’ambito del monachesimo orientale.

La saggezza del deserto: “Detti dei Padri” scelti per gli amici dell’eremo di famiglia camaldolese Aquila e Priscilla.

Franca e Vincenzo, osb-cam

Aquila e Priscilla